Non soltanto: nella stessa sessione, e con lo stesso libro, si è aggiudicato anche il Super Premio Andersen, classificandosi così come il vincitore più visibile e più acclamato della manifestazione.
Un successo che è sicuramente un tappeto rosso, un biglietto da visita d’oro per questo suo secondo lavoro, “Oh no, George!”, pubblicato ancora dalla casa editrice romana Lapis e imparentato al primo dalla stessa grafica sgargiante e originale.
Il taglio del libro è sempre giocoso, puntato sul divertimento e caratterizzato da un finale aperto che spinge il lettore a porsi attivamente e a immaginare il seguito della storia.
Il protagonista è ancora, nelle sembianze, un animale che però nei fatti che gli accadono e nelle reazioni e i comportamenti che manifesta rassomiglia tanto ai nostri bambini i quali, durante la lettura, possono agevolmente immedesimarsi.
Qui però c’è, a mio parere, una nota psicologica in più, un’attenzione emotiva all’universo infantile un tantino più profonda e significativa.
Lungi dall’esserci una morale – e il finale non chiuso fuga ogni dubbio – c’è però un insegnamento, o perlomeno un messaggio: crescere significa anche imparare il controllo di sé, passare dall’”egoismo” bambino al contenimento della propria istintività basato sulla percezione dell’emozione, e del dispiacere, altrui.
Come sappiamo il piccolo apprende più dalla risposta emotiva di chi gli sta intorno che dal precetto.
Questo non è un “ricatto”, è semplicemente che, diventando grandi, si impara che la propria libertà finisce dove inizia quella altrui, si sperimenta che non si può volere tutto, si esercita l’autocontrollo e la capacità di posticipare la gratificazione.
Lo si capisce modulando il proprio comportamento sulla risposta delle persone affettivamente importanti: non posso mangiare tutta il dolce perché altrimenti mio fratello non ne avrà più, non posso rompere un utensile perché altrimenti la mamma sarà triste, non posso usare tutti i pennarelli perché altrimenti l’amico piangerà…
Piano piano si introietta una condotta più altruista e si circoscrivono, positivamente, le proprie possibilità.
Però, allo stesso tempo, l’adulto dovrebbe riconoscere al bambino la difficoltà di un percorso simile, deve sapere – magari ricordare – che l’esercizio del contenimento è affare duro, che chi inizialmente non riesce a controllarsi non è cattivo, o inadeguato, ma è semplicemente un piccolo che deve ancora far suo lo strumento.
Perché altruisti, o pazienti non si nasce, lo si diventa. Ed è una gran fatica!
E’ esattamente quanto accade al cagnolino George che, quando il padrone Harry esce raccomandandogli di fare il bravo, vorrebbe tanto essere sincero nel rispondergli un sonoro “sì”.
Ma le tentazioni, si sa, in una casa grande e pulita sono tante e l’impegno di George comincia a vacillare quando una grossa torta fa capolino dal piano del tavolo…
E scavare nella terra del vaso di fiori? Ci sono poche attività così piacevoli…
Insomma, al rientro del padrone George ha fatto tutt’altro che il bravo.
E’ dispiaciuto però, affranto quasi. Tanto che quando Harry invece di arrabbiarsi molto – come un genitore affettivo e comprensivo – lo invita ad uscire (forse per lasciarlo sfogare in libertà) pare davvero aver imparato la lezione…
Davvero…davvero? Toccherà al piccolo lettore esprimere la sua opinione. E sarà la più importante!
Come già nell’albo “Oh-Oh!” Haughton non aggiunge molto alle tematiche già presenti e sviluppate nella letteratura per l’infanzia.
Ciò che cambia – ed è apprezzabile – è lo sguardo che offre, che sa essere allo stesso tempo ilare e bonario, semplice e immediato, clemente senza rinunciare ad un messaggio.
E sa chiamare in causa il bambino con il finale aperto.
Questo aspetto, secondo me, proprio in questo lavoro è particolarmente importante.
Perché mentre in “Oh-Oh!” la chiusa suggeriva una struttura tonda e ricorsiva della storia, quasi stimolando il piccolo ad una rilettura, qui implica invece un invito alla riflessione sui comportamenti di George e quindi, in un certo senso, un’autoanalisi psicologicamente interessante.
Non è affatto scontato che previsione farà il singolo bambino sulla reazione del cane e, in base a questo, mi spingo addirittura a suggerire per il libro un uso terapeutico (sempre che gli psicologi e le psicologhe che leggano non insorgano!).
Ancora, il finale fuga ogni dubbio sulla natura non moraleggiante dell’albo: l’autore più che ergersi a precettore qui si pone come osservatore.
Offre al bimbo un racconto in grado di divertirlo e rappresentarlo sul suo stesso piano, non uno più elevato e “adulto”.
Arancioni intensi accostati a rossi, viola carichi e azzurri, il contrasto, anche là dove le immagini sono poste su sfondi bianchi, è forte e deciso. Ma l’effetto, invece di essere fastidioso e carico, è invece impressivo e ne risultano tavole dal carattere audace e originale, a suo modo elegante, sicuramente vivace.
Le figure essenziali e nette insieme al testo immediato e semplice e alla storia basilare ed efficace rendono l’albo adatto anche ai bambini più piccini, già dai due anni e mezzo di età.
(età consigliata: dai due anni e mezzo)
Se il libro ti piace, compralo qui: Oh no, George!