Tre settimane e un pezzettino passano in un lampo se hai una lista di cose da fare lunga come un rotolone regina e alle cose che già ti eri appuntata ne aggiungi sempre di più. Che brutto vizio. Domenica sei tornata e hai preso per il culo – bonariamente, si fa per dire – una zia perché era infagottata in un golfone. Il giorno dopo hai ribaltato i cassetti per trovarne uno pure tu, e anche i calzini. E che freddo porco che fa. E il pisolo del pomeriggio lo hai fatto non sotto il plaid, ma sotto le coperte vere, quelle che usi la notte, che il fuoco del ciocco non ti bastava, tremavi, ahimè. Ci sono voluti tre giorni e mezzo per far asciugare il bucato – i bucati, perché le cose le hai fatte bene una volta tanto, sperando poi dopo, stese all’aria, prendessero il profumo dell’ultimo sole d’estate, il bianco, il colorato scuro e i misti per tutto il resto – e un mezzo pomeriggio per stirarlo, oggi che c’era il sole e un’idea di claudicante passeggiata ti era anche balenata per il cervello. E hai raccattato le tue cose, per domani, per l’ufficio, e ti sei raccontata che a casa ti annoieresti, che un lavoro ancora per un po’ ti serve e che a te piace avere daffare. Un sacco, proprio, specialmente se sono rogne. E ti hanno anche mandato un sms, dall’ufficio, per chiederti se ti ricordi dove hai messo la chiave della cassettiera nella quale hai chiuso il PC portatile. E porco di nuovo, che non te lo ricordo. Ti porti un grimaldello? E poi ieri hai finito di scrivere una cosa, lo scheletro fragile di una cosa, e pace se dovrai metterci le mani altre mille volte nelle prossime settimane e se non ne ricaverai nulla: non ti era mai capitato di scrivere così tante parole tutte insieme legate da un filo conduttore. Una pacca sulla spalla per il tentativo, non per il risultato, io te la darei anche.E hai cucinato, cose commestibili, con la zucca, le lenticchie, i pomodori, lo yogurth e con tanto tanto tanto basilico, perché il basilico è estate, e bisognava catturarne l’essenza per i mesi a venire. Col cavolo che non stai bene a casa tua, che non avresti da fare anche qui, altro che storie. benone ci rimarresti, per tutto settembre,e poi ancora un po’. E visto che ti tocca uscire e affrontare la rentrée – vergognati, un astuccio nuovo ti sei comprata quest’estate, ancora na volta, tu che la scuola l’hai finita da un pezzo, ma ci torneresti subito, solo per il piacere di un quaderno nuovo sotto il palmo della mano – ti sei messa a pensare, come tutti gli anni in questo periodo…”che faccio quest’inverno nel tempo della sera, dopo il lavoro? Cosa mi invento per interrompere la routine casa-auto-lavoro?” E le lingue no, per un po’, perché non sei ispirata, e un taglioecucito magari si, se lo trovi, così forse ti insegnano anche l’arte della santa pazienza, ma non l’hai cercato in modo convinto, segno che non sei ancora pronta. Te lo tieni per dopo, che dici? E la piscina, che forse riapre vicino a dove adesso lavori dopo un anno di chiusura per le solite malavite italiane e sarebbe perfetto perché in pausa pranzo un salto ci sta, che è proprio a duecento metri e i capelli li hai corti e che come ti sei ridotta in questi quattro anni se tieni 60 vasche in 45 minuti senza collassare puoi fare la ola. E allora…allora…si dai, dai che ci provi, che è tanto che ci pensi e ti sei sempre sentita inadeguata e a te non piace sentirti inadeguata, lo sai, no? Forse adesso sei pronta, quasi, anche se ormai tardona. Manda la mail…aspetta…hai visto che ti hanno risposto? Se non cambi idea perché te la fai sotto al solo pensiero, coniglia, a fine settembre potresti ritrovarti iscritta ad un corso di teatro e affrontare una volta per tutte quel miscuglio strano di presunzione e vergogna in cui sei finita da piccola, come Obelix, e da cui non sei più riuscita ad uscire.
Chissà come si starà, grossa, zoppicante, impacciata e con la cadenza bresciana…un’ orsa in palcoscenico…