Olivia la cicogna dalle calze rosse

Da Fiaba


Mercoledì 27 Febbraio 2013 15:19 Scritto da Monica F.

C’era una volta una splendida cicogna dalle lunghe ali bianche e gli occhi di una cangiante tonalità viola scuro, di nome Olivia. Creatura leggiadra e meravigliosa era lei, col suo volo a portare nel creato il dolce annuncio della vita e col suo canto a riempire di gioia il cielo, vestita delle sue splendide piume di rugiada e di terra e un paio di allegre calze rosse, spirito sensibile e garbato, capace col suo tocco di irradiare nuova luce.

Ma un giorno, il bell’uccello, intento a ridipingere col suo manto di colori il creato, portando tutt’intorno i suoi delicati nastri dalle tinte pastello, accorgendosi di botto di non riuscire più ad aprire le sue ali e spiccare il volo come sempre, sgranando gli occhi stranito, col cuore in tumulto, si recò subito a grandi falcate verso la Torre Alta, per chiedere delucidazioni a Lui, a cui nulla era ignoto.

“Non riesci più ad aprire le tue ali …” bofonchiò Colui il Quale, vecchio Spirito della Torre, vestito di niente, a cui tutti chiedevano consiglio in caso di difficoltà; carezzando con fare distratto il grosso volume in pelle rilegato, ricoperto di polvere, posto sul Leggìo al centro della Stanza, al cui interno erano scritte la pagine più importanti della mistica di tutti i tempi.

“Non riesci più ad aprirle …” ripetè massaggiandosi la lunga barba canuta, sospirando “Dimmi dolce Olivia, per caso il tuo cuore ha subìto un grave dolore ultimamente?”

A quella domanda la cicogna chinando il capo storse il becco contrita “Si, saggio Spirito. Giorni fa il mio cuore ha patito una grande sofferenza, che porto ancora tuttora nel mio petto! Ma questo cosa c’entra con le mie ali?”

Tossicchiando il vecchio assentì schiarendosi la voce “E’ stato questo a farti perdere le tue ali, e con esse il tuo festoso volo, cara cicogna! Ecco cosa è stato!”

E spalancando il becco a quella risposta, la creatura sbarrò lo sguardo spaurito “E adesso come devo fare per ritrovare le mie ali?”

“Devi cercarle dentro di te!” le rispose pacato Colui il Quale, spirito maestro, facendo spallucce, prima di sparire sotto i suoi occhi insieme alla propria Torre.

E Olivia rimasta sola, afflitta a quelle parole, sedendo su di un sasso, aggiustandosi le sue belle calze rosse, avvinta, prese a meditare.

Quando d’improvviso un urlo disperato la fece balzare di soprassalto: dinanzi ai suoi occhi una splendida carpa dal manto d’argento si dibatteva disperata, intrappolata in una rete tagliente, incapace di riprendere il largo, ferendosi ad ogni movimento, ormai preda del pescatore che a bordo della sua barca aveva gettato lì nel suo lago, la sua trappola, e la stava lentamente tirando a sé.

A quella scena l’uccello, percependo il proprio cuore battere all’impazzata, levandosi di colpo dalla pietra, saltò a pelo d’acqua, librandosi fulminea sui flutti, lieve e delicata, e senza porre tempo in mezzo, utilizzando il suo becco affilato, ed esortando la creatura alla calma la liberò dall’esca, battendo l’Uomo sul colpo, lacerando l’intricato dedalo di spire che lo teneva prigioniero, liberandolo in un sol lampo, tenendolo delicatamente nel suo becco fino a portarlo in salvo.

E adagiato il pesce nel letto del fiume ormai al sicuro, lo stupore di lei fu enorme, nello scoprire le sue ali aperte, forti e leggere. E ridendo sbalordita a quella scoperta – comprendendo ciò che era successo – scosse il capo felice: e da allora le sue ali non si richiusero mai più.