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Oltre il canto di Annibale, lo sguardo poetico di Cristina Donadio

Da Uiallalla
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cristina donadio in scena25 anni dopo la tragedia, Cristina Donadio, autrice ed interprete di “Da questo tempo e da questo luogo” (un insolito e coinvolgente omaggio al sodalizio artistico ed umano tra Annibale Ruccello e Stefano Tosi in scena fino al 30 ottobre in Sala Assoli al Nuovo Teatro Nuovo), alza coraggiosamente lo sguardo sul danno irrimediabile che, segnando come un’improvvisa ed ingiusta mutilazione la sua vita, l’ha precipitata, suo malgrado, in un lutto vissuto con rancore, intrappolata – com’era – tra un passato vissuto insieme e un futuro che ancora doveva accadere.

Cristina in scena parla di sé, del suo uomo che è volato via senza voce, dell’amico drammaturgo con cui il suo uomo ha “deciso” di fare l’ultimo viaggio, di uno strappo imposto dal destino ma subito con la rabbia di un tradimento: lei, vertice di un triangolo sbilenco che ha perso ogni equilibrio, lei che doveva concentrarsi per indossare un abito da vedova, lei che in questi anni li ha ripetutamente sognati insieme, Annibale e Stefano, ragazzi colmi di speranze alla metà degli anni ’80, creature splendide di cui è rimasto il canto del primo mentre, del secondo, solo un indecifrabile, scandaloso, indecente silenzio.

Cristina calibra con misura inaudita i gesti all’interno di uno spazio spoglio e buio, spazio di sospensione e dolore fino alla cascata di petali di rosa che inonda la scena e bagna il gesto e la voce della protagonista con la forza simbolica ed evocativa di una liturgia misterica, di un passaggio iniziatico ad una verità superiore, un passaggio che conferisce allo spettatore il ruolo insolito e imprevisto di testimone di un culto intimo e segreto, sacerdote profano – quasi – di una rinascita emotiva.

Bella e coinvolgente anche la soluzione immaginata dalla Donadio per rendere in scena i personaggi di Stefano e Annibale, il primo affidato alla aerea leggerezza di Fortunato Angelini, il secondo alla vivacità gestuale e interpretativa di Luca Trezza, il primo chiuso nell’enigma poetico di un silenzio privo di restituzioni, il secondo aperto nel canto che sopravvive nella memoria di chi resta, entrambi fusi e sovrapposti in un unico prototipo di eterno mascolino che si staglia all’orizzonte di una geometria sentimentale ed identitaria che vive nel rifiuto di categorie e fissità dogmatiche, pendant esistenziale, probabilmente, di uno “spiazzamento” a cui, pur partendo dallo studio delle tradizioni, tendeva la lingua e lo spirito dell’autore stabiese.

Infine un particolare che non può essere taciuto: Cristina Donadio, per la prima volta dopo 25 anni, porta con sé nello spazio della rappresentazione alcuni personaggi di Ruccello e consente a Jennifer, ad Adriana e alle altre “deportate” ruccelliane di ritornare in qualche modo ad essere pure voci della contraddizione cronica dell’amore, visioni malinconiche e poetiche di un sogno fassbinderiano in cui possiamo ritrovarci e da cui possiamo – semmai – ricominciare.

Orario spettacoli: ore 20.30 (dal martedì al sabato); ore 18.00 (domenica).
Il Nuovo Teatro Nuovo si trova a Napoli in via Montecalvario 16.
Per info e abbonamenti 081 497 62 67 | [email protected] | nuovoteatronuovo.it



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