Pasqua.
Una chiesa aperta, vuota, buia nel suo silenzio ovattato, il verde rumore della campagna intorno.
Come se non avessi mai smesso di ascoltare il mio cuore parlare con Dio, nella nostalgia di casa.Un passaggio in stazione, gli amici di sempre al ritorno dai quattro capi del mondo, negli occhi cupole d oro e lezioni in college tra la nebbia, raccontando di paesaggi latinoamericani, addolciti da dulce de leche e Pan de queso.Per tre giorni: mai abbastanza per ritrovarsi, sufficienti per salir in capo al monte e guardare giù, allontanando i fantasmi. Tra cioccolato, pastiere e pranzi di famiglia, trovando la forza per scalare la cima, per guardare l orizzonte aldilà delle nuvole. Trovando il tempo per tornare indietro, ai mesi che passano, alle conversazioni, ad ogni gesto accettato e regalato, nonòstante le distanze e gli attimi fuggenti.Trovando il coraggio per scavare in me stessa, guardando in alto come mi riesce solo nella campagna intorno a casa, o in qualche montagna sperduta dell India o nel mezzo di una risaia cambogiana.Lontano dalle aspettative e dai desideri di DC.Giorni fruttuosi, insomma.
Ora si torna, al lavoro, con la solita sensazione di aver cercato risposte e trovato domande, inseguito una strada e scoperto le tante deviazioni possibili.Stanca ma felice, alla ricerca del mio pezzo mancante di puzzle, i piani B,C e D pronti da giocare, tentando di seguire i segni.
Mi han detto di chiedere, insistentemente.E di non aver piu paura di ottenere quello che cerco.