Agli inizi degli anni 50 - avevo undici, dodici anni - ed ero già un inguaribile appassionato di canzoni, specialmente quelle napoletane - conobbi un cantante dalla voce d'oro, si chiamava Mario Abbate.
Pensate, io avevo a capo del mio letto in sala da pranzo, (casa mia era modesta e povera: camera da letto per i miei genitori, papà a lungo disoccupato e mamma donna di casa, una sala quadrata con tavolo anch'esso quadrato, buffet e controbuffet, e il mio letto, e una cucina piccolissima e fredda; il bagno era uno sgabuzzino di due metri per due metri, con un finestrino alto lassù dove la luce penetrava a malapena, e un gancio di ferro a portata di mano per infilarci i fogli di carta di giornale al posto della carta igienica), dicevo, avevo a capo del mio letto una grossa radio "marca Geloso", di quelle a valvole, dove le stazioni si cercavano girando una manopola che metteva in movimento una barra verticale; e girando girando gracchiava fino a che non si trovava una stazione, sulle onde medie (io non capivo che erano 'ste onde medie, ma mi adeguavo), e allora la fermavo.
Si può dire che ero io il signore della radio, ché mio padre era sempre in giro a cercare lavoro e mamma sempre indaffarata a mandare avanti una barca che faceva acqua da tutte le parti, con me e mio fratello che quando non eravamo a scuola le gironzolavamo sempre intorno.
Era una vita da tirare avanti alla bell'e meglio, per i miei genitori, ma per me ragazzino scorreva piacevole tra i giochi coi compagni di sotto al prato sangiovanni, una vasta distesa di terra circondata da poche abitazioni, tra cui la nostra (in affitto, s'intende) fuori della porta grande del paese (c'è ancora, questo portone medievale alto e grosso e rovinato dal tempo, oggi è sempre aperta; ma allora di sera si chiudeva ancora, qualche volta)
La radio era la cosa che amavo di più.
Uscivo da scuola e tornavo di corsa, perché all'una, ricordo, c'era sempre un programma di canzoni; un giorno Angelini e la sua orchestra con la sigla "c'è una chiesetta, amor"; oppure Angelini e otto strumenti, con la sigla "dove e quando", con Nilla Pizzi, Carla Boni, Gino Latilla, Achille Togliani e il duo Fasano; un'altra volta l'orchestra di Semprini o quella del maestro Francesco Ferrari o quella di Pippo Barzizza o Armando Fragna (questa con Giorgio Consolini, Clara Iaione, Vittoria Mongardi, Luciano Benevene).
Da questa radio ho ascoltato tutti i festival di Sanremo e i primi festival della canzone napoletana. Da questa radio ho ascoltato per la prima volta la voce divina di Mario Abbate
Poi venne la televisione, e anche papà poté acquistare uno di quegli immensi scatoloni ingombranti e bizzosi con uno schermo bombato. E i festival cominciammo a seguirli alla televisione.
Era il 1951 quando uscì il primo numero di "Sorrisi e Canzoni" che trattava solo di canzoni e di cantanti, con fotografie e notizie e biografie di artisti della rai, celebri e non.
E forse fu proprio da quelle pagine che seppi di lui e della sua vita, del papà artigiano in piazza san Ferdinando a Napoli, delle sue prime esibizioni (col suo vero nome, Salvatore) nelle prime sceneggiate (che allora erano altra cosa da quelle di camorra e guappi di Mario Merola) con la compagnia di Salvatore Cafiero e di Eugenio Fumo.
Era il 1951 quando lo sentii per la prima volta dipingere con la voce "malafemmena" di Totò. Che emozione, ragazzi. Credetemi, nessuna voce mi commuoveva come la sua.
Nel 1965 finalmente dopo tanti piazzamenti d'onore (secondi posti) porta al successo e al primo posto la canzone "core napulitano".
Mario Abbate era diventato uno dei miei idoli ormai da molto tempo, insieme a Franco Ricci, a Pina Lamara e a tanti altri.
Fece anche teatro ma a me piace ricordarlo come cantante; e interprete di stupende indimenticabili canzoni come "Anema e core"; ma soprattutto quella "Indifferentemente" che ancora una volta arriverà al secondo posto al festival di Napoli dell'anno 1963; ma che nel tempo, e a buon diritto grazie anche e soprattutto alla sua esecuzione da gran maestro, entrerà nel novero delle "classiche".
Non scorderò mai la sua eleganza, la sua bonomia e la sua voce meravigliosa.
marcello de santis