Luigi Ghirri (1943-1992) è stato un fotografo emiliano, che si confrontò a partire dal 1970 con artisti concettuali, ricercando segni nei paesaggi naturali e segni artificiali nell’opera umana e nel paesaggio stesso, come manifesti, insegne e cartine geografiche. I suoi paesaggi sono sospesi, non realistici e per certi versi metafisici, spesso privi di figure umane ma mai privi dell’intervento dell’uomo sul paesaggio. L’uso di colori delicati e non saturi è fondamentale nella sua poetica.
L’autore stesso affermò: “Il mio desiderio è sempre stato quello di lavorare con la fotografia a 360 gradi, senza limitazioni. Credo che questo modo di operare sia un’amplificazione delle possibilità percettive e di racconto. [...] Uno degli elementi che mi affascinava nelle ricerche concettuali [da cui sono partito] era l’irruzione della possibilità di una sorpresa all’interno del quotidiano anche riferito all’arte. Ma al di là di questo credo di aver appreso dall’arte concettuale la possibilità di partire dalle cose più semplici, dall’ovvio, per rivederle sotto un’altra luce”.
Dal 1980, sollecitato da Vittorio Savi, si confronta con la fotografia di architettura nel territorio e nel 1984 prende forma il progetto “Viaggio in Italia” in una mostra alla Pinacoteca Provinciale di Bari e in un libro pubblicato dal Quadrante di Alessandria, con un testo di Arturo Carlo Quintavalle e uno scritto di Gianni Celati. Vi prendono parte venti fotografi, per la maggior parte italiani e oggi di fama internazionale: Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giannantonio Battistella, Vincenzo Castella, Andrea Cavazzuti, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Vittore Fossati, Carlo Garzia, Guido Guidi, Luigi Ghirri, Shelley Hill, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Claud Nori, Umberto Sartorello, Mario Tinelli, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura, Cuchi White.
La mostra è inoltre arricchita da cento immagini di Giovanna Calvenzi dedicate alla mostra e al convegno che si tennero nel 1984 alla Pinacoteca Provinciale di Bari, e dal film “Viaggio in Italia” realizzato da Maurizio Magri.
Eleonora Gargantini