Omero & Omero

Creato il 09 dicembre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Prima o poi tutti i classicisti devono affrontare questo scoglio: Iliade o Odissea? Troppo comodo dichiararsi lettori di quegli autori inafferrabili e sfuggenti che convenzionalmente chiamiamo Omero: arriva fatalmente il momento di prendere una posizione.
E allora è doveroso interrogarsi e chiedersi se consegnare il proprio animo alle sanguinose lotte di Troia e, insieme, ai forti legami fra i personaggi di ambo i fronti oppure alle fantasiose avventure di viaggio di Odisseo per il mediterraneo e alla celebrazione dell'ingegno, della solitudine e della vendetta.
Dal momento che, per deformazione professionale, finirei per imbarcarmi in un'infinita ricostruzione della storia e delle interpretazioni dei testi, vi propongo solo le mie brevissime opinioni su entrambi i poemi.

Raffaello, Il Parnaso, part. Omero fra Dante e Virgilio (1510)


Iliade
Solitamente, fra i due poemi omerici, quello che riscuote maggior successo e fascinazione è l'Odissea, il racconto dell'uomo che, grazie al proprio ingegno, riesce a ritornare in patria superando sofferenze devastanti. Ad una seconda lettura globale dei due testi, però, ho apprezzato nell'Iliade quegli aspetti che la rendono la più autentica e vivida espressione della letteratura e della civiltà greca: le rassegne degli eroi, l'inseguimento dei guerrieri nella mischia, la descrizione delle loro sanguinose lotte, ma anche la ritualità bellica, le astuzie degli dèi, che intervengono con i loro desideri e capricci nel più grande scontro di civiltà mai narrato, gli intimi quadri ambientati nelle tende achee o dentro le mura di Troia. L'Iliade descrive un sistema etico e cultuale ben codificato, in cui, se è forte l'esaltazione della gloria dei vincitori, non c'è tuttavia umiliazione dei vinti, i combattenti si onorano reciprocamente, nonostante l'inimicizia, e ogni singolo gesto si riconduce ad una ritualità che conferisce al poema la grandezza e la risonanza delle grandi saghe.
Odissea
«Cantami, o Musa, l'uomo dal multiforme ingegno...» è il noto esordio dell'Odissea. Eppure, al di là dell'incipit, il grande valore del poema travalica, a mio avviso, il suo protagonista. Certo, Odisseo è l'eroe indiscusso e indiscutibile del testo, ma si inserisce in un sistema di luoghi e personaggi che concorrono attivamente a rendergli la gloria che unanimemente gli viene riconosciuta. Primo fra tutti il mare, il grande nemico con cui Odisseo deve convivere e in cui è destinato a perdere fino all'ultimo compagno; ma ci sono anche le spiagge rocciose, i boschi delle battute di caccia, la grotta di Polifemo stipata di cibo, la bella casa di Circe: senza questi spazi e senza i personaggi che li animano, caratteristici per ognuno di essi, l'ingegno di Odisseo resterebbe inerte, e la stessa azione rimarrebbe priva di risoluzione. Se, infatti, è vero che ogni libro chiude e conclude le singole sequenze (anche per la speciale storia di costruzione dell'epica), l'immagine e l'idea che abbiamo del protagonista sono un sedimento di impressioni scaturite dai diversi episodi: non sarebbero le stesse senza il ciclope Polifemo, senza le pozioni e le predizioni della maga Circe, senza il canto maliardo delle Sirene e senza la greve presenza dei Proci nelle stanze della casa di Itaca.

P.L. Roland, Omero (1812)


E dunque, se dovessi schierarmi in favore dell'uno o l'altro Omero, opterei sicuramente per l'Iliade, anche se alcune fra le pagine più affascinanti della letteratura greca, fra cui quelle che ho avuto modo di approfondire in sede di tesi, sono proprio nel poema successivo.
Ma ora mi appello a voi lettori, che siate colleghi grecisti o semplici appassionati che hanno incontrato il poeta cieco sulla loro strada di lettura: a quale dei due testi va la vostra predilezione?
C.M.

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