Cinque anni fa moriva Gianluca Cimminiello, divenuto popolare ai tempi, per aver tatuato Ezequiel Lavezzi, l’icona calcistica, di quegli anni, per i tifosi partenopei.
Dopo 5 anni le forze dell’ordine hanno arrestato il mandante del delitto, Arcangelo Abete e uno degli esecutori materiali Raffaele Aprea. L’altro complice materiale, Vincenzo Russo, arrestato il 26 aprile 2010, anno del delitto, è ora a piede libero: condannato, infatti, all‘ergastolo in primo e secondo grado, è stato poi rilasciato per decorrenza di termini. Pertanto, la Cassazione ha stabilito l’attuazione di un nuovo processo.
Se non le dinamiche dell’omicidio, avvenuto sotto gli occhi della fidanzata del tatuatore di Melito, il movente, per anni, è stato controverso poiché le ragioni basilari e ipotizzabili vedevano schierate, da un lato, l’ invidia per la bravura di Gianluca e l’amicizia con Lavezzi, dall’altro la presenza di diverbi con gruppi camorristici.
Inizialmente, si legò subito l’omicidio ad una foto postata su Facebook da Cimminiello, la quale lo ritraeva in compagnia del Pocho e che riportava come didascalia un offesa ad un suo concorrente tatuatore.
In effetti è stata questa foto, dichiara Anna Vezzi, partner di Gianluca, ad indispettire il suo antagonista lavorativo, spingendolo a mandare dei ragazzi, pochi giorni prima dell’omicidio, da Cimminiello per dargli una lezione; tuttavia, il giovane, esperto di arti marziali, non ebbe la peggio, al contrario, tra i presenti, picchiò chi non avrebbe dovuto: il cognato del boss degli scissionisti, C. Pagano.
Questo errore l’avrebbe pagato con la vita, secondo il racconto di Anna, grazie al quale, il gip Maurizio Conte ha emesso la sentenza di custodia cautelare per i due arrestati.