Harvey Milk negli anni ‘70 ha saputo portare avanti, DA SOLO, una rivoluzione sociale. Ha fatto ed è stato la storia. E' stato ucciso per aver rivendicato i diritti non solo degli omosessuali ma i diritti di tutti. Noi, qui in Italia, più di 30 anni dopo, nel 2010, stiamo ancora pensando a conservare, o cercare di garantirci per le prossime Elezioni Politiche del 2011, la nostra comoda poltrona in Parlamento che ci assicurerà un lauto stipendio e magari una pensione di tutto rispetto. Siamo tutti bravi a parlare, a commiserarci o a confrontarci continuamente con le realtà sociali che oltreconfine ci sembrano la normalità o con le nuove "conquiste" che dovrebbero essere parte integrante di un mondo civile, moderno e razionale. I paragoni son tanti: Gran Bretagna, Spagna Olanda, Francia e così via. Un lungo elenco fino ad arrivare all'Argentina, ultima in elenco con l'approvazione del matrimonio gay. Le rivoluzioni vanno giocate in casa. Spesso chi dovrebbe "rappresentare la nostra voce" pensa solo a come poter calibrare l'uso di determinate parole e se poterne usare altre che non offendano la "sensibilità" della nostra coalizione. Non si affronta mai di petto il nostro avversario, il Segretario o il Presidente del nostro partito. Non si prendono decisioni nette, forti, magari anche in controtendenza. Non si ha polso con le gerarchie ecclesiastiche continuando un'assurda reverenza "spirituale" verso il Capo di Stato del Vaticano che regna sovrano in uno Stato non di sua competenza. Non si riesce ad imporsi come rivoluzionari e magari anche come aggregatori di masse. Quello che serve in quest'Italia devastata da mille problemi e alle prese con una pochezza d'animo mai vista prima, è proprio quella di riuscire a dar vita ad una vera rivoluzione sociale. Bisogna "avere le palle" di mettere in gioco se stessi e riuscire a smuovere il torpore ideologico che ormai aleggia in tutto lo stivale. Non serve solo avere determinazione e coraggio, non serve solo convincere gli scettici, non serve solo educare gli animi. Ciò che serve è essere fermamente convinti che si può cambiare, che si deve cambiare e che si può fare la storia anche in questo paese profondamente superficiale, menefreghista, maschilista, scettico ed ideologicamente corrotto. L'omofobia è una cosa seria. La transfobia è una cosa seria. La vita di ognuno di noi è una cosa seria. I nostri diritti sono una cosa seria. Bisogna imparare a scendere in piazza, ad imporci degnamente sui media; a condurre un dibattito politico-culturale che non rimanga circoscritto alle sezioni dei singoli partiti o dei consigli di zona, alle feste democratiche, o alle piccole manifestazioni di piazza, ma che riesca a coinvolgere tutti, destra e sinistra senza nessuna distinzione. Nessuno escluso. L'omofobia non ha colore. L'omofobia non è un problema partitico ma un disagio sociale, un vituperio delle genti.
Se solo mi soffermo a riflettere su quanto agli inizi degli anni '70 è stato fatto in Italia dal vero Movimento di Liberazione Omosessuale (vedi il Fuori! , Massimo Consoli o Mario Mieli), su quanto siano stati questi gruppi rivoluzionari e su quanto abbiano lottato per l'affermazione dei diritti civili, per la libertà e l'emancipazione, per quanto il movimento di "liberazione" omosessuale era degno di definirsi tale, estraneo da tutte quelle logiche commerciali e di marketing che durante questi hanno avuto la priorità, penso proprio che con il passare degli anni si sono fatti parecchi passi indietro e che la strada da (ri)percorrere è ancora tanta. Troppa e tutta da ridisegnare.
Avremmo proprio bisogno di una figura rivoluzionaria e moderna come quella di Harvey Milk. Un italiano o un'italiana che riesca a prendere in mano le redini della situazione e a far diventare questo paese un po' più civile. Sperando solo che quando ci sveglieremo non sarà ormai troppo tardi…
Giorgio SuperPop