On connaît (et on adore) la chanson!
Creato il 01 settembre 2011 da Zaziefromparis
Mi piacciono da morire.
Che cosa? I film francesi, in generale, e quelli in cui si canta in particolare. Negli ultimi giorni ne ho visti due che sono dei gioielli rari e preziosi. Che mi hanno incantata, emozionata, sconvolta, che mi hanno fatto ridere, piangere, mi hanno fatto capire cose, posto delle domande fondamentali, aiutato a soffrire con leggerezza, e trasportato in vite che non sono la mia ma avrebbero potuto essere. Sto parlando dell'ultimo film di Christophe Honoré: Les Bien-Aimés, e dell'ultimo film della giovane regista Valérie Donzelli: La Guerre est déclarée. Un uomo e una donna, dietro la macchina da presa, accomunati da una stessa sensibilità, dal desiderio di raccontare tragedie senza piangersi addosso ma anche senza aver paura di essere romantici, o fuori moda, o di fare film come se ne fanno tanti di questi tempi: senza cuore.
Les Bien-Aimés racconta la storia di una madre e di una figlia, tanto spensierata ed istintiva la prima quanto seria ed ossessiva la seconda, e dei loro amori. A volte ridicoli, a volte tragici, ma sempre totali e vissuti fino in fondo. Le loro vite vanno dagli anni '60 della madre ai 2000 della figlia, e Honoré ci passa attraverso con quello strano miscuglio tutto suo: uno stile a metà tra un film di Jacques Demy e una canzone di Morrissey, sempre al limite del kitsch ma troppo intelligente per cascarci in pieno. Nel film, ogni scusa è buona per mettersi a cantare (cosa che a Honoré riesce facile perché ha scelto come complice l'ottimo musicista Alex Beaupain, il suo personale "Michel Legrand"), per parlare dei suoi argomenti preferiti (l'innocenza della gioventù, la follia del sentimento amoroso specie quando non è corrisposto, l'essere gay e quello che ne consegue, sieropositività - a volte - compresa), e fare omaggi a pioggia alla Nouvelle Vague. Scegliere Catherine Deneuve per il ruolo della madre è già una dichiarazione di intenti: tra tutte le attrici, proprio quella che vendeva gli ombrelli a Cherbourg... ma guarda un po'! E "travestire" Louis Garrell da Jean-Pierre Léaud ogni volta che compare nei suoi film, pure. Ma sia ben chiaro: chi si lamenta? Honoré è uno di quei rari registi che ha saputo creare in poco tempo un universo particolare, tutto suo, una vera cifra stilistica che migliora, si rafforza e si fa più profonda ad ogni opera. Gli attori sono tutti strepitosi, le canzoni magnifiche, la storia coinvolgente ed originale, e la macchina da presa sa il fatto suo. Tocco di classe finale: il film è dedicato alla memoria di Marie-France Pisier, attrice truffautiana scomparsa di recente, che aveva recitato per Honoré nel suo bellissimo Dans Paris. Io personalmente quando esco dalla visione di uno dei suoi film rimango tramortita di tristezza per ore, ma spero sia un problema solo mio (per favore, lettori, ditemi se capita così anche a voi!).
La Guerre est déclarée, invece, è un film che parla di una storia vera. Quella realmente accaduta a Valérie Donzelli e al suo compagno (Jérémie Elkaïm, che nel film ha il ruolo del protagonista): belli, giovani e innamorati, hanno un figlio, Adam, ma dopo qualche mese si rendono conto che qualcosa non va. Il bambino non cammina, vomita senza una ragione apparente e lascia pendere la testa da un lato. Si rivolgono ad una pediatra di cui hanno fiducia, e questa si accorge che Adam ha una semi-paralisi facciale. Da lì, ha inizio il loro calvario: il bambino ha un tumore maligno al cervello, si può intervenire ma è gravissimo. L'operazione funziona, ma Roméo e Juliette (questi i loro nomi di finzione nel film) dovranno affrontare lunghi anni in cui il figlio sarà sottoposto a chemioterapia e cure di ogni genere prima di potersi considerare definitivamente guarito. La loro coppia non sopravvivverà, ma il loro amore verso Adam li terrà uniti fino in fondo.
Valérie Donzelli riesce con questo film in un'operazione quasi inumana: rendere "leggero" il racconto di uno dei dolori più immensi che esistano. Non c'è mai posto, nemmeno in una singola scena, per piangersi addosso, ricattare moralmente lo spettatore, far leva sulla pietà o magnificare il proprio ruolo di genitori modello. La Donzelli dice le cose come stanno: ecco due esseri umani prostrati, confusi, storditi dagli eventi e da mille domande (perché noi? perché il nostro bambino?), sommersi dalla paura, eppure ancora vivi. Pronti a lottare fino allo stremo, con i pochi mezzi e le poche forze a disposizione, in nome del loro amore e di quello per il loro bambino. Irresistibile, ad esempio, la scena della notte prima dell'operazione al cervello al bambino, nella quale fanno l'elenco delle loro paure: ho paura che Adam diventi sordo, cieco, muto, frocio, nero, e che voti Fronte Nazionale! La Donzelli, per sdrammatizzare, ha un vero talento. Bravissima anche nella scelta degli attori: tutti sono perfetti (i medici, le infermiere, i genitori borghesi di lei, la madre lesbica di lui, gli amici), e in quella della musica, che in questo film ha un ruolo fondamentale. La regista ne fa un uso straripante, come se fosse uno dei protagonisti della storia, e in un momento drammaticissimo del film, c'è anche posto per una canzone (composta e cantata da lei e Elkaïm). Verrebbe quasi da pensare di essere in un film di Honoré, invece è semplicemente un altro film francese.
On connaît la chanson! E' vero. E non solo la conosciamo a memoria, ma la vorremmo cantare a squarciagola.
Perché ci piace. Ci piace da morire.
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