On the bookshelf – La famiglia Winshaw – Jonathan Coe

Da Iomemestessa

Jonathan Coe l’ho amato tutto. Letto e riletto più volte. Non se ne dirà mai bene abbastanza.

L’intreccio di questo romanzo, complesso ma godibilissimo, varrebbe, da solo, la lettura.

Non entro nel merito della trama, che ha un sotteso poliziesco che non intendo guastare.

Diciamo soltanto che uno scrittore fallito, Michael Owen, viene incaricato di scrivere la storia della famiglia Winshaw, da un’anziana, ricca e solo apparentemente demente signora, Tabitha Winshaw.

Da qui, e dalla ricerca di una verità a lungo perseguita da Tabitha, nascono una serie di crudi e realistici ritratti dei vari membri della famiglia, che, in un paio di generazioni, si sono infiltrati nei gangli della nazione, recando con sé tutto il marcio che li pervade.

Trafficano in armi, adescano giovani donne, allevano con crudeltà bestiame in batteria, cambiano casacca (politica) a seconda della convenienza, si muovono con circospezione nel mondo dell’informazione.

E da contraltare, le ripercussioni della vita e delle opere dei Winshaw, su quella working class destinata a pagarne il prezzo.

Perché come dice ad un certo punto Mortimer Winshaw a Phoebe: “lasciati dare un avvertimento sulla mia famiglia, nel caso non te ne fossi già accorta. Sono il più perfido, avido, crudele mazzo di voltagabbana, avidi bastardi che abbia mai strisciato sulla faccia della Terra. Ed includo in questo giudizio anche la mia progenie”.

Un ritratto spietato dell’Inghilterra thatcheriana. Lo sfascio di una nazione e dei suoi valori, in nome di un liberismo spietato.

Consigliato a quanti vorrebbero una Thatcher italiana. Augurandogli, ed augurandosi, di non trovarsi, mai, nel ruolo di Fiona.

Questo post partecipa al venerdì del libro di homemademamma.


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