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On the bookshelf – La Solitudine del manager – Manuel Vazquez Montalban

Da Iomemestessa

Io per il genere poliziesco/giallo/thriller, chiamatelo come vi cale ho una predilezione. Spiccata.

Non è letteratura, che già si sa, ma talora per contigue vie vi si avvicina.

Molti autori ho cominciato a leggerli prima che diventassero di gran moda anche in Italia. Penso a Petros Markaris, e il suo commissario Charitos, e ad Henning Mankell e Kurt Wallander.

Manuel Vazquez Montalban, scrittore, poeta, gastronomo, invece era già nell’Olimpo, quando iniziai i suoi libri. E Camilleri gli tributerà gli onori che gli competono, intitolando a lui Salvo Montalbano.

Straordinari tutti. Giacchè straordinario era l’autore, dalla cultura finissima, che tesseva storie straordinarie in cui la trama gialla, per quanto eccellente, passava sempre in secondo piano.

Ciò nonostante, La Solitudine del manager, resta a mio avviso uno dei momenti più alti della sua produzione.

Corre l’anno, 1977, a Barcelona e la Catalunia, martiri del franchismo, cercano lentamente di uscire da un tunnel durato 36 anni.

La storia fa da sfondo ad un Paese in cerca di sé, il finale malinconico e amaramente reale da solo vale tutto il libro.

Pepe Carvalho, che nel libro si presenta così ‘La mia biografia è impresentabile. Ex rosso. Ex agente internazionale. Amante di una puttana più selettiva che seletta’, ti entra dentro e non ti molla più.

E leggendo di Charo, la puttana più selettiva che seletta, capirete in fondo il senso ultimo di De André e delle Bocche di Rosa di Staglieno, quelle che scendono alla stazione di Sant’Ilario.

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Questo post partecipa al Venerdì del libro di Homemademamma


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