On the Eating of Books

Creato il 02 novembre 2012 da Theobsidianmirror
“Some books are to be tasted, others to be swallowed, and some few to be chewed and digested.” (Francis Bacon) -  “Quel libro è stato davvero avvincente: l’ho divorato.” Quante volte abbiamo sentito pronunciare una simile frase? Quante volte l’abbiamo pronunciata noi stessi? L’atto del divorare un libro è qui visto naturalmente in senso figurato: se il contenuto di un libro è particolarmente interessante non è improbabile che lo si riesca a portare a termine in breve tempo, che si possa venire coinvolti a tal punto che diventa quasi impossibile staccarsi dalla lettura, escludendo la realtà e immergendosi profondamente nell’universo immaginario descritto in quelle pagine. Esiste un’altra espressione idiomatica che così recita: “Quel libro è proprio difficile: faccio fatica a digerirlo”. Ecco quindi che per meglio assorbire i contenuti di un testo ci vediamo costretti non solo a mangiarlo, ma pure a portare a compimento il ciclo digestivo. Bizzarro, no? C’è invece chi i libri li divora per professione, costretto a scrivere recensioni di due o tre romanzi alla settimana, oppure chi è incaricato da una casa editrice di selezionare le migliori tra le migliaia di proposte giunte da una moltitudine di aspiranti scrittori o sedicenti tali. In questo caso divorare un libro è più una necessità che un piacere. Si dice che esistano dei metodi di lettura veloce che i più esperti non esitano ad applicare per poter sopravvivere. Uno di questi è la lettura in diagonale: si legge la prima parola di un rigo, la seconda parola della riga sottostante, la terza di quella sotto ancora e così via. Teoricamente, una volta giunti alla fine del testo, dovrebbe rimanere, in qualche angolo remoto del cervello, abbastanza da poterci scrivere sopra una recensione. La ricetta? Condire il tutto con due note biografiche sull’Autore, aggiungere un pizzico di contesto storico, mescolare il tutto ed ecco sfornata la recensione. Una recensione di cui nessuno potrà contestare l’esattezza, perché tanto i lettori sono rimasti in pochi e quei pochi non andranno certo a verificare, dopo aver letto il libro in questione, cosa ne aveva scritto quel tizio su quella rivista.
Divorare i libri per il piacere di farlo o divorare i libri per necessità? Oppure ci sono altri motivi per i quali i libri vengono divorati? Per trovare delle risposte, ancora una volta ricorro alla Bibbia. Credo sia la terza volta questo mese che mi trovo a citare passi biblici, il che potrebbe far pensare a chi non mi conosce che io abbia ferventi attitudini cristiane. Ci tengo quindi a precisare che non è così: il mio interesse è puramente accademico… il fatto è che nella Bibbia sembra che ci sia scritta proprio un sacco di roba che si inserisce perfettamente nei miei post. Per esempio, si legge nel libro dell’Apocalisse (10:8-10) che a Giovanni di Patmos toccò l’arduo compito di mangiarsi letteralmente un libro: Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: «Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta ritto sul mare e sulla terra». Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: «Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele». Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza. Identica sorte toccò al povero profeta Ezechiele (2:8 e 3:1-4), quando Dio gli affidò la missione di sistemare una scomoda faccenda relativa a taluni israeliti ribelli : «E tu, figlio dell'uomo, ascolta ciò che ti dico e non esser ribelle come questa genìa di ribelli; apri la bocca e mangia ciò che io ti do». Io guardai ed ecco, una mano tesa verso di me teneva un rotolo. Lo spiegò davanti a me; era scritto all'interno e all'esterno e vi erano scritti lamenti, pianti e guai. Mi disse: «Figlio dell'uomo, mangia ciò che hai davanti, mangia questo rotolo, poi va' e parla alla casa d'Israele». Io aprii la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo, dicendomi: «Figlio dell'uomo, nutrisci il ventre e riempi le viscere con questo rotolo che ti porgo». Io lo mangiai e fu per la mia bocca dolce come il miele. Il fatto che mangiare un libro sia un idioma ebraico per prendere nota, ricevere nel cuore (Ez. 3:10) è l’interpretazione universalmente considerata la più probabile. Il libretto in questione, si deduce, sarà sulle prime dolce in bocca, perché è senza dubbio cosa gradevole l'essere onorato di rivelazioni divine, ma in seguito, quando si avrà preso più esatta conoscenza del libro e se ne sarà assimilato spiritualmente l'intero contenuto, così come il corpo assimila il cibo la gioia sarà temperata dal dolore (visto che si tratta di testi in cui solitamente si parla di castighi, piaghe, dannazioni e giudizi universali). 
Ma se non fosse così? Perché quello che è scritto nei testi sacri deve sempre essere interpretato e mai preso per quello che è? Perché non può essere semplicemente che Ezechiele o Giovanni si siano letteralmente infilati un pezzo del libro in bocca e se lo siano lentamente masticato fino all’ultima pagina? Mangiando un libro si ottiene il trasferimento della conoscenza del suo contenuto e la capacità di esprimersi in un modo migliore. Si tratta né più né meno dello stesso concetto delle primitive pratiche di cannibalismo rituale, che prevedevano, alla fine di una battaglia o di un conflitto, che i vincitori smembrassero il nemico morto e ne mangiassero le viscere per appropriarsi dei suoi pregi e caratteristiche. Si tratta di un’usanza che è ed è stata presente in moltissime culture, anche molto distanti fra loro, dai primordi della storia umana fino all'epoca contemporanea. Il cannibalismo tra gli aborigeni australiani, per esempio, è stato documentato in relazione ad alcuni riti funebri in cui i parenti mangiano parti del corpo del defunto in segno di rispetto e di onore. I popoli melanesiani sono noti per aver praticato cannibalismo, fino all'inizio del XX secolo, come segno di offesa verso la tribù nemica o per "assorbire" le qualità del defunto. La medicina tradizionale del Sudest Asiatico e della Cina attribuisce particolari proprietà curative a certe parti del corpo umano, in particolare fegato e cervello, nonché ai feti. Un fenomeno correlato è l'uso di organi umani nei rituali di alcuni guaritori documentato in molte regioni dell'Africa sub-sahariana. In Tanzania, per esempio, si attribuiscono poteri magici agli organi degli albini, e la diffusione di queste credenze è tale che le autorità sigillano le tombe degli albini con il cemento per impedirne la profanazione. Il cannibalismo rituale è praticato ancora oggi, in India, dalla setta indù degli Agori, che consumano le carni dei cadaveri abbandonati sulle acque del fiume Gange nella credenza di allontanare la vecchiaia. 
Perché quindi stupirsi? Perché, considerato il punto a cui può giungere la follia umana, non credere che la pratica di mangiare libri per assorbirne i contenuti (rapidamente e senza sforzo) possa essere stata realtà? Diversi cronisti del passato hanno narrato, per esempio, che i Tartari mangiavano i libri per assimilarne la scienza. Secondo una leggenda Menelik II, imperatore d'Etiopia dal 1889 al 1913, ingerì interi passaggi della Bibbia convinto che avessero effetti curativi. Menelik II è ovunque descritto come una persona colta e intelligente, ma dal 1907 in avanti, dopo il primo dei tre ictus che lo ridussero ad un vegetale e lo portarono infine alla morte, fu sottoposto suo malgrado a qualcosa come 1900 pratiche mediche, la maggior parte delle quali decisamente discutibili. Si dice che Menelik II trovasse conforto nella malattia nell’assunzione per via orale di alcune pagine della Bibbia. Il 12 dicembre 1913, lo stesso giorno della sua morte, si fece servire l’intero Antico Testamento e, solo una volta che ne ebbe ingoiata l’ultima pagina, sopraggiunse il terzo ictus, quello fatale. Una canzone dei Bastard Fairies così recita: There once was a man / Who thought that if he ate / All the pages of the Bible / He could kill most anything. / In 1913, he died of a stroke / When he tried to eat / The Book of Kings. Il particolare che si trattasse della Bibbia lascia un po’ perplessi, visto che sotto Menelik II si diffusero per tutto il paese le cosiddette "Chiese Etiopiche", un credo irredentista anticoloniale fondato su un Cristo Nero e basato sul libro sacro della tradizione d'Etiopia, il Kebra Nagast, libro della 'Gloria dei Re'. È più probabile quindi che fosse proprio il Kebra Nagast, piuttosto che altro, la sua ultima cena. 
Non bisogna però dimenticare quei poveretti che i libri dovettero mangiarseli non per scelta, ma per punizione. Bernabò Visconti fu nel XIV secolo Signore di Bergamo, Brescia, Cremona, Soncino, Lonato e Valcamonica e co-Signore di Milano insieme ai fratelli Matteo II e Galeazzo II. Bernabò viene descritto dagli storici dell'epoca come uomo di bell'aspetto, intelligente, colto, fine politico e abile giurista, ma anche capace di atti di incredibile e maniacale crudeltà. Le storie delle nefandezze perpetrate dal Visconti sono numerose: in una di queste si narra che due legati del Papa, che nel 1361 andarono a notificargli le volontà del Vaticano in merito ad una controversia sul possesso di Bologna, furono accolti sul fiume Lambro da Bernabò in persona con un piccolo esercito. Alla lettura del plico papale, Bernabò disse "Scegliete pur voi, o mangiare o bere": i due furono così obbligati ad ingoiare la pesante pergamena con tanto di cordone di seta. Uno dei legati si chiamava Guglielmo da Grimoard, futuro Papa Urbano V. Un altro episodio avvenne nel corso della Guerra dei Trent’anni ed ebbe come protagonista Theodore Reinking, autore nel 1644 di un libricino intitolato Dania ad exteros de perfidia Suecorum (Dai Danesi al resto del mondo - Sulla perfidia degli Svedesi), un testo di esplicita accusa verso i vicini scandinavi. Questi ultimi non la presero evidentemente bene e incarcerarono Reinking in una cella per diversi anni. Alla fine gli fu offerta una scelta difficile: venire decapitato oppure mangiarsi il controverso libro. Reinking preferì la soluzione culinaria. Stando a diverse fonti le pagine furono fatte bollire nell’acqua, come una minestra, probabilmente per rendere più facile la digestione. Non sappiamo se la cena fu di suo gradimento: quello che è certo è che Reinking non si occupò mai più né di politica, né di letteratura, né tantomeno intraprese la carriera di chef. Il XVII secolo, in particolare, sembra essere stato un periodo d’oro per la bibliofagia coercitiva. La stessa sorte toccò infatti a Isaak Volmar, per via delle sue satire sul Duca di Sassonia, e al giurista tedesco Philip Oldenburger, per via di un opuscolo che recò offesa alla nobiltà dell'epoca. Entrambi furono decisamente meno fortunati di Reinking, e dovettero inghiottire le proprie opere senza cottura né condimenti. Questi episodi e molti altri ancora sono giunti a noi grazie all’opera (ormai quasi dimenticata) di tal Carlo Mascaretti, un bibliotecario e giornalista che anagrammandosi si firmava Americo Scarlatti. Costui circa un secolo fa mandò alle stampe una curiosa raccolta di testi dal titolo “Et ab hic et ab hoc”, un pout-pourri di stranezze ed amenità sull’affascinante mondo dei libri. Il volume numero dieci, nella fattispecie, raccoglie un numero incredibile di aneddoti legati alla bibliofagia. Ecco l’elenco completo dell’opera, in quindici volumi: 1. I buoni libri; 2. I libri di moda; 3. Le storie dei libri; 4. I libri adottivi; 5. Sostituzione di paternità; 6. Libri adottivi delle donne; 7. Come Dumas 'adottava' i suoi libri; 8. Libri scritti in prigione; 9. Le iscrizioni sui libri; 10. La bibliofagia; 11. La bibliolitia; 12. I titoli dei libri; 13. I titoli dei giornali; 14. Le dediche dei libri; 15. I congedi degli scrittori dalle loro opere. 
Vi ho incuriosito? Perché allora non provate ad assaggiare uno di quei fazzoletti di carta che avete sul tavolo proprio a portata di mano? No, fermi, sto scherzando. Non fatelo: il vostro stomaco non è in grado di produrre gli enzimi adatti per smaltire la cellulosa e vi ritrovereste con un bel mal di pancia. Se proprio ci tenete, potreste però provare a bagnarla con un po’ di aceto di mele e poi avvolgerla attorno ad un grissino (dicono che funzioni, ma non ne sarei così sicuro). Abbiamo visto finora che storicamente vi sono stati due tipi di molle in grado di spingere gli uomini a mangiare libri: un atto di devozione oppure un atto di autoconservazione (salvarsi la vita scegliendo la punizione più mite tra quelle proposte). Ma oggi mangiare libri può essere anche una fantastica trovata pubblicitaria: se passate da Chicago, vi raccomando una tappa presso il ristorante Moto, dove il grande chef Homaro Cantu ha avuto la brillante idea di dar da mangiare ai suoi clienti le fotografie dei piatti da loro ordinati: si è procurato della carta e degli inchiostri commestibili e si diletta a stampar piatti che, a detta degli entusiastici clienti, ben contenti di sborsare cifre da capogiro per aggiudicarsi tale privilegio, sarebbero squisiti. C’è da stupirsi? Direi proprio di no. 
Vado a terminare questa lunga trattazione sulla “letteratura in tavola” con un appuntamento goliardico per tutti i blibliofagi impenitenti. L’International Edible Book Festival è un evento che da diversi anni viene celebrato in biblioteche, librerie, gallerie e case private di tutto il mondo. Nato da un’idea di Judith A. Hoffberg, una bibliotecaria californiana, durante la cena del Ringraziamento del 1999, l’appuntamento è fissato ogni anno in coincidenza con il primo di aprile, che risulta essere (oltre alla famosa festa del “Pesce”) anche il compleanno del grande gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin, autore de "La fisiologia del gusto" (1825). Le immagini di tutti i manicaretti che sono stati serviti negli scorsi anni sono visibili all'indirizzo books2eat.com, dove troverete anche tutte le indicazioni che vi servono per poter partecipare alla prossima edizione. Buon appetito!

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