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On the road, appunti sulla cultura dell’immagine. Un viaggio nel mondo dell’editoria

Creato il 09 marzo 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Appunti sulla cultura dell’immagine
Un viaggio nel mondo dell’editoria

di Iannozzi Giuseppe


On the road, appunti sulla cultura dell’immagine. Un viaggio nel mondo dell’editoria
Tema principale (o filo conduttore) – La musica che si sposa con la letteratura – quale il rapporto? A prescindere dalla tipologia musicale e da quella letteraria, sia la musica, sia la letteratura propongono un ‘viaggio virtuale’ all’interno di più mondi ‘fantastici’, che altrimenti, nella più parte dei casi, non ci sarebbero accessibili. L’immaginazione si propone in tono solipsista come catalizzatore tra realtà reale, quella di tutti i giorni, e la realtà espressa attraverso gli autori musicali e letterari; esistono, quindi, diversi piani di realtà, e l’accessibilità a questi piani dipende in misura direttamente proporzionale all’evoluzione dei mass-media, ovvero, giorno dopo giorno, assistiamo alla nascita di nuove forme (o mezzi) di comunicazione… risulta lapalissiano che detta evoluzione non può che raggiungere un pubblico sempre più vasto, anche quel pubblico più refrattario che per motivi di tempo o di voglia (volontà) ha da sempre preso le distanze dalla cultura in generale. Un esempio a tal proposito ci viene offerto dal telefonino: oggi, tutti, o quasi, posseggono un cellulare, uno status symbol che non è a solo appannaggio di una classe di operatori professionali indirizzati in settori specifici quali medicina, avvocatura, ecc., bensì esso viene largamente sfruttato anche dal comune operaio o disoccupato alla faccia della tanto pianta quanto paventata povertà…

Stiamo assistendo a una povertà sociale sempre più diffusa, difatti molti si illudono che l’utilizzo indiscriminato dei mezzi di comunicazione possa veicolare i loro desideri verso la realtà, quindi verso una realizzazione che, a dirla tutta, rimane pienamente virtuale nella maggior parte dei casi… non sarà di certo ‘navigando’ in Rete che l’uomo riuscirà a sfogare le sue frustrazioni; eppure una sempre più crescente massa di persone si rivolge al web quasi interrogasse un oracolo, e si illude che per mezzo di un sito porno tutti i suoi problemi sessuali vengano risolti e così di seguito, insomma si inseguono spesse volte ‘viaggi virtuali’ che riconducono al punto di partenza, anche questo virtuale. Paradossalmente una larga fetta di fruitori dell’informazione ha preso coscienza di tutto ciò, anche se a livello subconscio; infatti, in un mondo sociale sempre più impegnato a produrre nuove forme di comunicazione, questo mondo ha dovuto fare i conti con le esigenze dei suoi fruitori, così oggi l’attenzione della persona media che intraprende un ‘viaggio’ è precipuamente rivolta ad allargare i propri orizzonti musicali e culturali in genere; nella maggior parte dei casi chi intraprende un ‘viaggio’ lo intraprende perché gli è stato consigliato, come dire “Ehi, amico, sai che ti vedo male… forse sarebbe il caso che cambiassi per un po’ di tempo aria… fatti un viaggio, amico!”. La civiltà dei consumi permette questi viaggi: un disco nuovo, un libro nuovo, una trasmissione radiofonica (o televisiva), un tuffo in Internet, ecc., sono modi di cambiare aria; oggi, il viaggio è così, statico, basato sull’immaginazione… si finisce così con l’ascoltare un disco nuovo una volta o due e poi a scagliarlo via, stessa sorte tocca a un libro (i più, al massimo leggono le prime dieci o venti pagine, poi addio), mentre più fortuna incontrano i viaggi in Internet e nel mondo dell’immagine televisiva, e il perché di ciò è fin troppo semplice… gli anni Ottanta tutti basati sull’immagine è retaggio che oggi nel Duemila l’uomo medio si trascina dietro, e Televisione ed Internet offrono appunto l’immagine facile, quella per cui il fruitore, l’uomo medio, non deve neanche più sforzarsi di immaginare la realtà soggettiva contenuta in un disco o in un libro, poiché è l’immagine proposta dai produttori a immaginare per conto del fruitore una realtà fredda né soggettiva, né virtuale, più semplicemente (pericolosamente!) fredda, ovvero una immagine che si specchia in un’altra immagine che le fa da specchio.

Ora, così stando i fatti, qualcuno si è reso conto che qualcuno ha preso a immaginare un po’ troppo rubandogli pure la facoltà di immaginare e si è ribellato, e l’ha fatto presente alla società: il tema scottante è il costo di un libro o di un disco; i furbi hanno reclamato a voce alta che si vuole accesso a libri e a musica di qualità ad un prezzo contenuto… un po’ a malincuore, un po’ perché costretti, le etichette discografiche (almeno qualcuna), le case editrici, hanno cominciato a sensibilizzarsi proponendo sul mercato un numero sempre più crescente di CD e libri (paperback) a prezzi contenuti, soprattutto affidandosi a una distribuzione capillare, mirata e nei centri commerciali e nelle edicole e nei negozi specializzati. Se ne evince che l’uomo medio ha cominciato a leggere, ad ascoltare musica, ad intraprendere viaggi, che altrimenti gli sarebbero stati inaccessibili. E ovviamente il mercato si è reso conto di tutto ciò: non a caso, almeno in alcuni casi, molte etichette musicali hanno cominciato con il proporre compilation musicali abbinate a riviste e giornali in genere, subito imitate dalle case editrici: a dirla tutta, oggi, nonostante l’imperante confusione circa il concetto di informazione, chi intende usufruire dell’informazione può tentare di intraprendere questo viaggio. E’ chiaro che molto in questo senso deve essere ancora fatto: sul mercato ‘massivo’ (supermarket, edicole, ecc.) si propongono ancora dischi e libri che dovrebbero essere la base del bagaglio culturale personale, e poco, o nulla, viene proposto in tal senso, in quello di un approfondimento culturale mirato a fornire a tutti le basi principali di studio. Tuttavia, ad onor del vero, qualche tentativo lo si è fatto incontrando anche il favore del pubblico, un pubblico che a capriccio può sembrare ingenuo quanto furbo; non a caso, la stessa pubblicità, che negli anni Settanta ed Ottanta la faceva da padrona e con un nonnulla riusciva a convincere i più della stretta necessità a comperare per poter esistere nella società, ha dovuto recentemente rivedere il suo modo di presentarsi al pubblico, un pubblico che non ascolta più la pubblicità, che non la sopporta più, e che preferisce ignorarla con la tipica nevrosi dello zapping passando da un canale all’altro per poi arrendersi a subire la pubblicità o a spegnere addirittura il televisore… Stando così le cose, la pubblicità si è vestita di una nuova veste: più immagini adamitiche, più colonne sonore di supporto all’immagine pubblicitaria, un motto (o uno slogan) semplice e diretto, quasi in slang, che tutti possano comprendere e ricordare senza sforzare troppo la memoria. Stessa tattica è stata adottata dai programmi televisivi, così pure da tanti e tanti siti presenti in Rete: i talk show sono diventati lunghi spot commerciali del costume sociale incentrando la propria attenzione al sesso o alla politica… lunghi dibattiti, spesse volte inconcludenti, che comunque riescono a ottenere una audience elevata… la ricetta è semplice: non dicono nulla pur dicendo molto, forse troppo. Rari sono i casi che vedono un approfondimento intelligente del costume sociale… il fatto è che il pubblico non raccoglie più la provocazione fine a sé stessa, la rifiuta recisamente. E’ tempo di cambiare, di proporre una nuova idea di provocazione, un viaggio all’interno del modo di comunicare che produca provocazione piuttosto che proporla.

Come si è ampiamente detto, oggi il pubblico è intelligente a capriccio, e la motivazione principale che spiega ciò è data dalla confusione che regna nel modo di fare informazione e provocazione. La cultura musicale così come quella generale è un bene di cui si può usufruire con più facilità che non negli anni Ottanta; molta informazione è ‘immagine’, il disco è immagine, il libro è immagine, se ne deduce che anche la realtà soggettiva presentata nella cultura diventa per forza di cose immagine, e la gente che fruisce di una cultura siffatta critica la realtà oggettiva facendo stretto riferimento all’idea di cultura soggettiva che gli è stata propinata (e magari, la maggior parte di chi si dice fruitore di musica e libri pone sé stesso sull’altare del libero pensatore – libero pensatore un cazzo! – e neanche quello – solo onanismo fantasma cerebrale).

La radio per farsi sentire deve diventare intelligente, intelligente con l’immaginazione, con l’immagine: è ovvio che la radio non può ‘proiettare materialmente’ l’immagine nell’orecchio dell’ascoltatore, ma esiste un ma ed è su questo che ma che occorre porre l’accento; il clou tutto sta nel proporre quello che il pubblico si aspetta, l’immagine nella sua forma più pura, una immagine stupida, contraddittoria, non dissimile da quella proposta da tanti altri mezzi di informazione ma ‘con intelligenza’, altrimenti il pubblico se ne accorge (cazzo! se ne deve accorgere, è ciò che si vuole ottenere senza troppe masturbazioni mentali o di mano perché c’è sempre il tradizionalista che per comodo deve farsi portavoce della tradizione e poi guardare al fondamentalismo per evitare guai, insomma amico di tutti e tutto – e poi, orgia!).

Cosa proporre in concreto – Il pubblico è refrattario a tutto ciò che è nuovo, che è avanguardia o spacciata per tale… per comunicare con il pubblico occorre proporsi come pubblico ed offrirgli ciò che si aspetta (o che crede di aspettarsi), deve diventare ‘intelligente’ senza rendersene conto usando l’immagine, quella stereotipata che tutti si conosce, fornendo (o meglio fare in modo che sia il pubblico a fornire) all’immagine stessa un nuovo significato sostitutivo… La musica evoca immagine: le copertine sono il primo serio impatto che il pubblico riceve e in base alla copertina decide se acquistare o meno il CD (ovviamente prima si fa due conti in tasca!); la musica se non è supportata da un videoclip bello e provocante non ha successo… ascoltiamo, facciamo ascoltare dunque la musica come immagine… Stessa sorte è quella dedicata al mercato editoriale: il libro, la rivista, sono soprattutto copertine e chi ne fruisce fa costante riferimento alle copertine e all’idea mitizzata che ha dell’autore del libro per mezzo della televisione, di Internet, ecc. Si è tanto parlato della droga (e se ne continua a parlare); tuttavia, l’accento non è mai stato posto sull’immagine come ‘droga’: se vuoi comunicare, oggi, non si può fare a meno di drogare il pubblico, ma c’è un metodo intelligente per drogarsi e uno stupido; il secondo è stupido punto e basta, mentre il primo consiste ‘nel drogarsi dell’immagine della droga così tanto che alla fine si è costretti a disintossicarsi o a perire sotto il suo effetto’… i più grandi viaggi, reali, virtuali, immaginati, tutti sono stati approntati sotto effetto dell’immagine come droga e viceversa.

Percorso musicale e letterario - Definire un percorso musicale è una tragedia in qualsiasi contesto… il fatto è che non si riesce mai ad accontentare tutti… i gusti differiscono e per cultura musicale e per estrazione sociale… esistono confini e pregiudizi nei confronti di un genere piuttosto che nei confronti di un altro, così ci si ritrova spesse volte a dover fare i conti con chi ama il rock e disprezza tutto il resto e viceversa… ma così detta la faccenda è riduttiva, il fatto è che i ‘viceversa’ spesse volte sono ‘contrari’, così ci si trova a dover affrontare un pubblico che ama commistioni di generi musicali, ‘mode passeggere’ che alle volte riescono a imporsi in qualità di un vero e proprio nuovo modo e/o stile di fare musica, in alcuni casi a ragione, in altri a torto. In ambito letterario la questione non è poi tanto diversa: lo scrittore moderno non guarda più a costruire (i classicisti direbbero ‘creare’) uno stile preciso, anzi ricusa gli stilemi e si fa modista inglobando nel suo modo di scrivere tutte le alterazioni delle mode letterarie: il risultato, alle volte, è allucinante quanto allucinato… ma piace, perché va dritto al punto, e il pubblico recepisce il messaggio… Scrivere, fare musica, oggi, a prescindere dal genere, significa saper coniugare tutte le contaminazioni del genere e le contraddizioni, e una volta che ciò è stato fatto dire comunque che trattasi di un ‘genere’ che può piacere o meno; insomma, gli ultimi dieci anni hanno prodotto una rivolta nei confronti delle regole del genere in sé, e l’imperativo per essere artisti è diventato non avere regole precise, fare costante riferimento a ‘miscelare’ tutto… tutto ciò non è solo un fenomeno culturale, ma anche sociale: oggi si tenta di vivere con diverse etnie e a frequentare compagnie di diversa estrazione sociale, cosa che il secolo scorso avrebbe destato qualcosa di ben più grave di uno scandalo, sicuramente si sarebbe urlato ‘Eresia!’. Ora, la musica così come la letteratura offrono spunti, ampliano, si propongono come ramificazioni contingenti della musica per la musica e la letteratura per la letteratura… propongono immagini etniche, tecnologiche, culturali, semiologiche e il pubblico recepisce le immagini e ne fa la sua cultura. Ma che tipo di cultura intende? Quella di B.B. King e di Giuseppe Ungaretti, così tanto per fare dei nomi? O quella dei Doors e di Allen Ginsberg? O quella di John Lee Hooker e di Jack Kerouac? O ancora quella dei Beatles e di Pasolini? O quella dei Duran Duran e di Ken Follet? O forse quella dei Garbage, Nirvana, Madonna che si sposa e non si sposa con la scrittura acida di Irvine Welsh? Non lo sappiamo… o se lo sappiamo chiudiamo gli occhi (come pubblico, s’intende)… si tratta di approfondire che tipo di politica esiste (se esiste) nei generi musicali e letterari… si tratta di definire una religiosità se esiste fra musica e letteratura (esiste, è ovvio, ma perché esiste? E a che livello?)… e la musica come contestazione e puro intrattenimento… e la letteratura è ancora letteratura o è qualcosa di diverso? Oggi i film, – e l’immagine è sempre la padrona in campo di qualsiasi campo si intenda parlare – quelli che tentano di esprimere qualcosa sono tratti da romanzi di successo di autori di successo che offrono di sé stessi una immagine ben definita non dissimile da quella delle boy band… si aggiunga poi che un film, perché sia di successo, deve avere una colonna sonora di tutto rispetto, quindi un gruppo con una immagine musicale che calzi quella dei contenuti cinematografici (i videoclip sono un tentativo di piccola cinematografia massiva dedicata all’operaio così come all’intellettuale o all’intellettualoide).

Ignorare i rapporti di cui sopra è impossibile e all’Artista e a chi produce l’Artista per proporlo al business del suo pubblico… chi produce una canzone o un libro sa in partenza se avrà impatto positivo sul pubblico, se la canzone (o libro che sia) diventerà prodotto commerciabile, anzi promuovere qualcosa di “nuovo” è soprattutto “produrre” qualcosa di vecchio spacciandolo per nuovo, la ricetta più antica per vendere anima e corpo al Diavolo come a Dio…

In definitiva… - Per quanto sopra esposto, le conclusioni non possono che essere ovvie: le conclusioni non esistono siano esse di natura sociale o culturale; cultura e società fanno parte della storia dell’uomo, della sua immagine antropologica, del suo percorso evolutivo; e la “storia” non è un libro che all’ultima pagina ci trovi scritto “FINE”, anzi… la storia è il Passato, è il Presente, è il Futuro in tutte le sue sfumature…


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