Dal Belgio non mi aspettavo molto.
Non ero carica di quell’euforia che solitamente mi accompagna prima di un viaggio e mi spinge a far partire il rituale countdown.
Va bene, lo ammetto: ho acquistato i biglietti unicamente per il prezzo irrisorio.
Poi la notte prima della partenza ci siamo avviati con la nostra Lancia Y e quando siamo arrivati a Fiumicino abbiamo pensato “perché invece di usare i treni non facciamo un mini on the road in Belgio?”
In realtà è stato davvero un on the road brevissimo, dal momento che abbiamo avuto solo due notti a disposizione e tra l’altro già prenotate, la prima a Bruges e la seconda a Bruxelles.
Però credo che quando si viaggia con la macchina la percezione dei luoghi sia molto più profonda. E ti ritrovi a sgranchirti le gambe nella piazzola di un autogrill, a prendere a morsi il primo panino che ti capita tra le mani. L’auto ti permette di rispettare i tuoi tempi, le tue abitudini, di abbandonare per un po’ l’orologio e il controllo compulsivo dell’ora per non rischiare di perdere, in questo caso, il treno.
Il nostro on the road in Belgio è iniziato con una pioggia incessante che ci ha accompagnati per tutto il tempo.
Quindi ti risparmio le mie foto degne del peggior maniaco con l’impermeabile, dato che ho indossato sempre il k-way per proteggere la reflex. Il risultato finale? Sembravo grassissima e, palesemente, orribile.
Passeggiando in una stradina piena di ristoranti, uno di quei signori che ti attendono al varco per farti entrare nel loro locale mi ha addirittura detto che probabilmente nella mia condizione avevo fame.
Solo quando mi sono tirata su il k-way ha capito che non stavo nascondendo un lottatore di sumo sul punto di nascere, ma la macchina fotografica.
Meteo a parte, è stata un’esperienza stupenda.
Il bello del viaggio è anche questo: lo stupore continuo. Ci sono persone che si emozionano con un film, con un libro, una canzone, uno spettacolo teatrale. Io mi emoziono un po’ per tutto a dir la verità, ma le sensazioni che riesce a regalarmi una meta quelle no, non possono competere con nulla.
Soprattutto se da quella meta non mi aspetto poi molto.
La prima tappa, nonché la più attesa, è stata Bruges.
Da premettere che abbiamo trascorso circa un paio d’ore guidando a vuoto in cerca dell’albergo perché la virilità del mio fidanzato lo ha spinto verso una sola maledetta affermazione: “GPS? No, andiamo all’avventura”, diceva.
Dimenticavo, ovviamente quelle trascorse in macchina sono state le uniche ore di sole.
Ma anche sotto la pioggia, Bruges è la cosa più simile che io riesca ad associare alla parola “fiaba”, come suggeriva Farah nel suo articolo.
Quel paesaggio fatto di tetti spioventi, canali e colori pastelli ti entra dentro in modo talmente forte che a un certo punto viene spontaneo chiedersi che fine abbiano fatto le principesse Disney.
Il secondo giorno abbiamo mosso i nostri passi lungo i vicoli di Gent, protetti da un ombrello a funghetto che ha saputo contenere le nostre risate, quelle che riscopri quando ti senti lontano dal mondo e allontani i pensieri negativi.
A differenza di Bruxelles e Bruges, questo angolo delle Fiandre non è riuscito a emozionarmi, ma probabilmente il mio parere sarebbe diverso, se il meteo fosse stato un attimino più clemente.
Gent ci ha accolti per pochissime ore, il tempo di una passeggiata con lo sguardo rivolto verso l’alto e di un pranzo giapponese, fino a quando le nostre converse sono diventate totalmente zuppe, perdendo l’ardua battaglia contro il temporale.
Il nostro on the road in Belgio non poteva che concludersi a Bruxelles, la più grande sorpresa.
Non sono qui per paragonarla ad altre capitali come Londra, Roma o Berlino, ma per affermare che secondo me merita una visita proprio per la sua diversità.
Una giornata basta per respirarne lo spirito, per capirne il senso.
Mi è piaciuto calpestare i suoi sampietrini quando il sole -si, per un po’ ci ha graziati- stava per addormentarsi, catapultandomi in un’atmosfera surreale e romantica tipica dei luoghi che sanno di antico.
Delle città vorrei parlare in seguito, perché questo post buttato giù a caldo in realtà voleva essere un resoconto del progetto #UnViaggioAlMese, che ha visto il Belgio come suo terzo round.
Anche questa volta siamo riusciti a rispettare il budget massimo di 120 euro tra volo e alloggio!
Per quanto riguarda il volo, abbiamo speso 35 euro a testa a/r con Ryanair.
L’hotel a Bruges ci è costato 40 euro a testa, una cifra elevata per i nostri standard, ma che ci ha permesso di raggiungere i luoghi principali della città in meno di un minuto a piedi.
Abbiamo scelto l’Hotel Salvators anche perché in ogni caso non ha “intaccato” il nostro budget e perché gli alloggi a Bruges sono generalmente piuttosto cari.
A Bruxelles abbiamo dormito all’Ibis Brussels off Grand Place e mi meraviglio di come la catena Ibis ancora non ci mandi a casa un premio fedeltà. Per la prima volta non abbiamo scelto un hotel della categoria Ibis Budget, spinti sempre dalla voglia di prediligere una posizione centrale viste le poche ore a disposizione. Eravamo letteralmente dietro la Grand Place e la spesa è stata di 35 euro a testa.
Totale: 35 + 40 + 35= 110 euro per due notti in Belgio comprensivi di volo!
Abbiamo risparmiato sul cibo mangiando “al volo”: patatine, waffle, panini e schifezze fritte non classificabili.
Fidatevi, avremmo potuto spendere anche di meno se avessimo rinunciato a qualche comfort che però ogni tanto fa bene assecondare.
Tra questi rientra sicuramente la scelta di noleggiare l’auto tramite Enterprise, per la quale abbiamo speso 35 euro a testa senza spese extra.
Morale della favola?
L’on the road in Belgio mi ha insegnato che non devo farmi ingannare dai pregiudizi e dallo scetticismo, perché un luogo dal quale non ti aspetti nulla in realtà potrebbe darti molto.
E che il GPS serve.
Sempre!