Il peggior lavoro del mondo. Questo è il fulcro dove gravita l’intera esperienza ludica creata dai ragazzi di Black Curtain Studio, che dopo il loro passato successo avuto con il predecessore del titolo analizzato dal nostro articolo, One Late Night, tenta di cavalcare nuovamente l’onda degli horror con visuale in soggettiva e trama semplice ma efficace, che stanno praticamente spopolando da qualche anno questa parte, con titoli ormai diventati in brevissimo tempo, dei veri e propri must del genere, come l’oltre modo sfruttato Slanderman, Amnesia e Outlast. One Late Night: Deadline è un videogioco singolare ma sicuramente non originale, che va a ripercorrere le gesta del suo predecessore e così facendo vuole dare un seguito diretto alla “trama” davvero poco approfondita del primo titolo e tentare di sopperire a quelle inspiegabili mancanze e bug che affliggevano il gioco originale. Ma andiamo a vedere più nel dettaglio, su cosa gli sviluppatori si sono concentrati per rendere migliore Deadline.
Prima di parlare di tutti i punti forti e deboli del titolo esaminato, è necessario fare un passo indietro, per dare uno sguardo al passato e vedere cosa era One Late Night. Parliamo di un gioco davvero semplice, dotato di tutti i cliché del genere horror ma che riusciva a tenere il giocatore incatenato alla sedia per tutto il prosieguo della manciata di minuti che ci volevano per terminare la storia. Tutto era ambientato in un piccolo ufficio, delimitato da numerose porte inaccessibili e altre chiuse ma superabili tramite la risoluzione di semplici enigmi che andavano a spezzare l’altrimenti monotona fuga dal nostro posto di lavoro. La trama, se di trama si poteva parlare, non voleva spiegarci quali presenze erano autoctone del piano di uffici, ma ci spronava a proseguire per la nostra strada per vedere quali disavventure sarebbero capitate al nostro povero e psicologicamente fragile protagonista, che per tutta la breve campagna non ha fatto altro che ansimare e tremare di paura, come un topo intrappolato nella mortale gabbia di un gatto famelico. Dove noi eravamo ovviamente il povero topino, il gatto era rappresentato da una presenza maligna identificabile con la sagoma di uno spettro. Ebbene il tutto non era poi così esaltante e moltissimi disdegnarono il gioco proprio per via di questa storia davvero semplice e dai risvolti più che ovvi, ma chi ha avuto la fortuna di giocare a One Late Night sa che il punto forte dell’esperienza ludica non era focalizzato sulla semplice fuga del personaggio dal posto di lavoro ma da tutto il viaggio che ti portava di volta in volta a rimanere con il fiato sospeso per via della costante presenza di tensione causata dal nulla più assoluto, che talvolta ci faceva sbroccare totalmente e ci causava non pochi attacchi d’ansia. Per tutti i cinquanta minuti necessari a terminare la campagna, il nostro aguzzino ci ha pedinati facendoci saltare dalla sedia, ma il gioco terminava prima che riuscissimo a capirci qualcosa. Qualche documento sparso qua e là ci poteva aiutare a dare un senso al tutto ma in generale, l’immaginazione doveva giocare un ruolo fondamentale.
Ebbene con Deadline qualcosa si è voluto smuovere, gli sviluppatori si sono dati una scossa ed hanno deciso di svelarci qualche succoso particolare, che nonostante sia ancora troppo poco per riuscire a dare un senso al tutto, è stato una parte essenziale di questa nuova avventura che ci fa ripercorrere il cammino del primo gioco ampliando notevolmente lo scenario e dandoci accesso a nuove aree della mappa, tra cui interni davvero ben dettagliati ed esterni densi d’atmosfera. Il team di sviluppo questa volta si è concentrato tantissimo per dare il massimo all’atmosfera ma non troppo sulla trama generale. Deadline infatti vuole far intuire le motivazioni che muovono le presenze maligne all’interno dell’ufficio, ma il tutto sembra prendere una direzione ben più poliziesca che horror nuda e cruda, costringendoci ad investigare maggiormente e facendoci trascorrere la maggior parte del tempo a cercare indizi sulla trama più che oggetti in grado di risolvere gli enigmi ambientali, questa volta resi più complessi ma che in generale alla lunga cominciano a dare nuovamente quel senso di ripetitività come nel primo capitolo. Se siete alla ricerca di un survival horror, bene avete sbagliato gioco, qui non si sta parlando di un titolo che vi consente di arrivare dritti da un punto “A” ad un punto “B”, magari con l’ausilio di un super senso acutissimo che rallenta il tempo o evidenzia gli oggetti importanti a schermo, qui si parla di un’avventura ai limiti del sovrannaturale che si dipanerà in una sessantina di minuti e che sicuramente vi rimarrà dentro per molto tempo.
Certo, con Deadline, i ragazzi di Black Curtain Studio non hanno di certo sfiorato la perfezione, tutt’altro, il gioco è davvero denso di bug, crash non frequenti ma comunque presenti e la cosa peggiore che poteva capitare (nuovamente) al titolo, una costante presenza di “alti e bassi” dell’atmosfera. Infatti proprio per la motivazione che rende questo horror un gioco investigativo, è la continua ricerca di oggetti non evidenziati a schermo che ci farà passare delle mezz’ore intere in giro per gli uffici già esplorati, così facendo l’atmosfera calerà esponenzialmente e la tensione che prima ci premeva, dopo poco, sarà totalmente svanita. Infatti ripassare per delle stanze già visitate non attiverà nessuna sequenza video o rumore sinistro, tutt’altro, il silenzio più assordante mai udito in un videogioco dell’orrore. Graficamente ci si attesta ancora su un buon livello, gli effetti particellari sono impercepibili ma il dettaglio e le atmosfere asettiche rendono il tutto molto realistico pur trovandoci in un ufficio dalla palette di colori molto monotona, generalmente nero o grigio, più varie sfumature di marrone. Il dettaglio audio è elevato, gli effetti ambientali sono costanti ma alcune volte quasi impercepibili se non si usa un supporto audio adeguato come delle buone cuffie. L’interazione con l’ambiente resta limitata a pochi oggetti e questo rallenta la ricerca degli oggetti utili, oltre al fatto che si passerà molto tempo a cliccare a vuoto sui tavoli, alla disperata ricerca di un foglio che non sia saldato al legno. I modelli dei png come delle presenze oscure, sono davvero un pugno allo stomaco, squadrati e poco definiti rispetto all’ambientazione circostante. Ma in generale il gioco riesce ad amalgamare benino i suoi difetti grafici. Speriamo comunque in qualche patch che rifinisca alcuni dettagli o che alleggerisca i mostruosi bug che non ci hanno permesso di continuare la storia alla prima run di gioco. Bug che per inciso, sono legati prevalentemente a degli enigmi che una volta risolti correttamente non ci consentivano di proseguire, o a porte normalmente accessibili che una volta aperte causavano dei crash tremendi.