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One Piece: Pirate Warriors 3 – Fino a Dressrosa senza saghe mancanti

Da Videogiochi @ZGiochi
di Danilo "feandie" Iaccio

A mesi di distanza dall’uscita giapponese, giunge in Italia il terzo capitolo della serie One Piece: Pirate Warriors targata Omega Force e Koei Tecmo, che ancora una volta apre le danze della nuova stagione videoludica ma non più esclusivamente sulle piattaforme PlayStation: PS4, PS3 e PS Vita, perché per la prima volta approda anche su PC tramite Steam. La terza iterazione di questa serie dedicata alle celebri gesta della sgangherata ciurma di pirati, creata dal mangaka Eiichiro Oda, promette di far vivere l’avventura così come è stata creata dal suo autore, in maniera più fedele e completa, partendo dal villaggio di Fooshia fino ad arrivare a Dressrosa, luogo dei più attuali accadimenti che i fan stanno leggendo o vedendo. Pronti ad alzare le vele e vedere cosa si cela all’orizzonte? Partiamo!

Pronti? Si parte!

La modalità più corposa, quella che richiama l’avventura originale di Rufy e compagni, si trova alla voce Diario Principale. Diviso in quattro capitoli più il prologo, il viaggio della ciurma di Cappello di Paglia proposto è sicuramente il più completo e fedele della serie: dal villaggio di Fooshia si percorrono tutte le principali destinazioni per la Rotta Maggiore che hanno portato agli ingressi dei vari Zoro, Nami, Usop, Chopper, Nico Robin, Franky e Brook, passando poi per l’arcipelago Sabaody, luogo in cui cambiò tutto, con la ciurma divisa e costretta a rivedersi lì due anni dopo, per riprendere il viaggio più forti prima e giungere sull’isola degli uomini pesce, Punk Hazard e infine Dressrosa. Solo quest’ultima, per motivi legati allo svolgimento della saga ancora in corso, devia dai binari della storia originale, cambiando un po’ le azioni dei protagonisti in merito alla fabbrica di Smile e il frutto Foco Foco messo in palio da Doflamingo al Colosseo, e di concerto il finale delle vicende. Niente di trascendentale, considerando gli ovvi motivi, con la parte legata a Green Bit rimasta intatta. Scene di intermezzo, dialoghi tra i protagonisti e delle nuove sequenze animate all’interno di vignette chiuse che scorrono a mo’ di lettura di un manga, ripercorrono i discorsi e le scene salienti relative a ogni saga. Anche da questo punto di vista il lavoro svolto è senza dubbio il più completo. Insomma, siamo passati dalle mancanze del primo capitolo come le saghe di Skypiea e Thriller Bark, alla Dream Story del secondo capitolo con un canovaccio qualitativamente diverso da quello sviluppato nella serie Unlimited World Red. Finalmente è ora possibile vivere tutte le emozioni delle principali saghe. C’è comunque un però. Nel momento in cui si decide di essere fedeli all’opera originale, stonano un po’ alcuni dettagli mancanti, essenziali soprattutto quelli nelle scene di intermezzo, come possono essere non vedere la ciurma di Shanks il Rosso quando giunge per porre fine al conflitto di Marineford, oppure vedere un altro al posto di Squardo colpire Barbabianca, o ancora non vedere Eustass Kidd sull’arcipelago Sabaody, e così via. Non hanno lo stesso peso delle saghe mancanti viste in passato, ci mancherebbe, però è un peccato che un prodotto così rivolto ai fan non sia curato sotto questo aspetto. Non possiamo non pensare che ci sia qualcosa legata ai diritti, però la serie in tal senso è recidiva, e il fan non può che storcere il naso davanti a queste mancanze in quello che è poi il terzo capitolo della serie.

Diario Libero permette di giocare qualsiasi episodio di ogni capitolo liberamente, scegliendo il personaggio che si vuole, anche non facente parte della specifica saga; Diario Secondario invece mette il giocatore davanti a un numero di isole, ovvero livelli, da affrontare con un grado crescente di difficoltà battendo il cattivo di turno. In alcune di queste c’è un boss da sconfiggere che poi potrà essere sbloccato come personaggio giocabile. A tal proposito, parliamo di personaggi giocabili, aspetto che da sempre è croce e delizia per questo tipo di giochi, prettamente fan service, e che in passato non ha mancato di creare malcontento tra i giocatori. In One Piece: Pirate Warriors 3 ci sono 37 personaggi giocabili, non c’è più una netta divisione come nel precedente con i compagni di supporto, anche se dieci rimangono solo tali. Tra quelli giocabili si annoverano finalmente personaggi come Lucci, Magellan, Gekko Moriah, Emporio Ivankov, Fujitora, Doflamingo e Sabo. Un roster tutto sommato buono con cui divertirsi, con i più importanti protagonisti che figurano nell’elenco giocabili. A chiudere il cerchio delle modalità di gioco c’è poi la componente multigiocatore sia online che offline per due giocatori, che è migliorata in termini di latenza rispetto al passato, anche se qualche episodio di ritardo è ancora presente.

L’impianto ludico di One Piece: Pirate Warriors 3 è stato oggetto di alcune piccole modifiche, ma ben ricercate, che non stravolgono per nulla la formula di gioco, che per natura, quella dei musou, è una delle più statiche, ma riescono a donare maggiore divertimento all’azione, riprendendo idee e meccanismi del buon Haki System introdotto con il secondo capitolo. Prima, colpendo i nemici si caricava una barra di energia che permetteva di chiamare per un periodo di tempo limitato un compagno di supporto aumentando esponenzialmente la potenza di attacco; adesso la stessa meccanica carica invece una barra di energia che giunta al terzo livello può attivare il Kizuna Rush, uno stato in cui è possibile richiamare un compagno di supporto presente sul campo di battaglia, cambiabile tramite i tasti del D-pad e sempre per un tempo limitato scandito da una apposita barra. Il suo intervento però avviene in automatico non appena si giunge al livello 2 della barra e si porta a compimento una combo. Questo l’unico cambiamento apportato al solido gameplay su cui poggiava il secondo capitolo, unico ma ben congeniato: pulire ora le varie stanze che affollano le mappe di gioco sarà più divertente grazie alla potenza dei colpi, alle nuove mosse disponibili in questo status e al travolgente, nel senso letterale del termine, colpo speciale finale combinato con il compagno o i compagni. Sì perché il supporto al termine di ogni combo così come nella mossa speciale vedrà l’ingresso di tutti i personaggi con cui abbiamo effettuato la modalità Kizuna Rush. È facilmente intuibile quindi come il potere offensivo che si ha a disposizione è davvero alto, oltretutto perfettamente funzionale alla moltitudine di nemici, i cosiddetti pesci piccoli, che compariranno a schermo, nel pieno spirito dell’opera di Oda. Vogliamo comunque sottolineare come sia un peccato non aver valorizzato in qualche modo il potere dell’haki, che si attiva autonomamente con alcune delle tante mosse a disposizione. Poter avere maggiore controllo su alcune abilità dei protagonisti è qualcosa che può far solo bene alla serie ed è un peccato che questa strada non sia stata ancora battuta con decisione. Per il resto la formula tipicamente musou non cambia: stanze piene zeppe di nemici da sbaragliare, obiettivi di missione da perseguire per non arrivare al game over e infine il boss di turno da sconfiggere. Tuttavia difficile non rimanere perplessi da un level design che in più punti lascia scontenti, portando a fare inutili corse da un punto all’altro della mappa per aiutare il compagno nei guai che sta affrontando un nemico tosto. Più volte la sensazione è quella che alcuni obiettivi siano messi un po’ a caso, in modo confusionario, finendo pure per perderne traccia a causa del parapiglia che è a schermo.

Passi avanti sono stati fatti anche sotto il profilo della progressione di gioco, grazie a un sistema delle monete che capitolo dopo capitolo è passato dall’essere acerbo a intrigante, dettando i tempi di crescita del personaggio nei suoi parametri di base (Vita, Difesa, Attacco, Attacco Speciale, Slot Abilità), nelle abilità piuttosto che nei costumi (nota dolente invero), fino alla pletora di sbloccabili presenti nella Galleria, tra file audio, musiche, descrizioni e quant’altro, nel pieno spirito del fan service. Graficamente il gioco, già parte in svantaggio per uno sviluppo cross-platform con hardware ormai datato, e storicamente non ha mai regalato e forse ambito a punte di alto rilievo, però su PS4 qualcosa di più era lecito attendersi. I difetti che c’erano prima permangono, e riguardano soprattutto una povertà poligonale e di qualità nelle texture degli ambienti di gioco, a volte addirittura con risultati grotteschi. Inoltre questo indirizzo stilistico con i colori pastello porta a risultati che in certe scene creano un effetto quasi caricaturale sui personaggi, e dopo aver giocato o visto Unlimited World Red, è difficile apprezzare ancora in pieno questo stile. In One Piece: Pirate Warriors 3 c’è comunque stata una buona cura sui personaggi, anche sui nemici secondari, con il solito focus sulle loro animazioni, con una pulizia di immagine buona ma non impeccabile e una fluidità sui 60 fotogrammi che però tende a calare in diversi momenti visto che il carico di lavoro forte è stato speso nel mettere a schermo una quantità di personaggi, ancora maggiore che in passato. Un impatto davvero importante specie quando si effettua una mossa speciale combinata che viene guastata solo da una telecamera che soffre quando ci avviciniamo troppo agli angoli di una stanza. Lavoro ancora apprezzabile per quanto riguarda la colonna sonora con tante musiche a tema sempre orecchiabili, ben integrate con il contesto che accompagnano l’azione a schermo. Il doppiaggio è sempre giapponese con le voci originali e sottotitoli in italiano, con qualche piccolo refuso.

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