Only lovers left alive

Da Mariparacchini
OCCHIO PERCHÈ VI DICO COME FINISCE
È Hiddleston mania, signori.
Prevedibilmente.
Dopo Crimson Peak la crush era inevitabile, perdonatemi. E poi lo so che i calori ce li avete tutte quante, per cui non guardatemi con quell'aria lì di giudizio che vi vedo.
Dopo avere visto anche Only lovers left alive, l'ultimo film di Jarmush, del 2013, ho capito con certezza l'arma con cui il buon Tom ci ha fregate tutte quante: gli occhi. No, non solo perché sono tanto belli, grazie tante. Perché li sa usare, il maledetto, e li sa usare in un modo che non lascia scampo ad anima viva. Il modo in cui guarda le donne di cui è innamorato rappresenta in pieno quello sguardo che tutte noi desideriamo ci sia rivolto. Che poi sti occhi siano anche incorniciati da uno dei più bei visi dell'industria cinematografica moderna è solo un punto in più, ma non è quello centrale. O quest uomo è davvero molto innamorato anche nella vita reale (e allora, chiunque tu sia, o donna fortunata, a te vanno i miei più sinceri complimenti), oppure è un attore grandioso. La seconda la dò per certa.

Questa volta il suo sguardo è rivolto a Eve, una sempre divina Tilda Swinton. Sono due vampiri, sposati, che vivono a distanza. Si riuniscono a causa della fragilità di lui, che lo porta ad avere desideri suicidi. Si unirà a loro Ava, sorella di Eve, che porterà notevole scompiglio.
Mi tocca ripetermi, mi ci costringete: date ad un film horror (definizione un pochino vaga per questa volta, ma passatemela, dai) una storia d'amore e vi scompiglierà le viscere come nessuna commedia romantica sa fare. Anche quando è estenuantemente lenta come questa.
Raghi, guardare Only lovers left alive è difficile, perché si prende tutta la tua concentrazione per due ore e se solo lo guardi un po' più alla buona ti rompi le palle e buonanotte al secchio. Ma se ti annoi rischi di perderti una bellezza incredibile. Una fotografia così cupa, luoghi così belli (ho una passione per i paesi arabi e tutti i miei amici leggeranno questa frase e ricorderanno quanto gli rompo i cosiddetti perché voglio andare a Istanbul), sguardi così coinvolti, corpi che non possono stare separati.
Non so il motivo per cui i due vivessero separati ad inizio pellicola, ma quando si rivedono è una botta di intensità non indifferente. Dal momento in cui lei si precipita a Detroit per correre in soccorso di Adam i loro corpi non sono quasi mai completamente separati. Gambe accavallate, corpi intrecciati, mani cercate. È incantevole starli a guardare, è poetico vedere lei sempre alla ricerca della voce di lui, anche solo per farsi raccontare storie che già si conoscono a memoria. Così come è gratificante vedere lui cambiare espressione dal momento in cui lei varca la soglia, vederlo rinascere solo perché lei gli gira intorno.


Sono due personaggi pieni di carisma (lo so che è una parola che uso sempre, scusatemi, non ho un vocabolario particolarmente vasto), eppure opposti: Adam affranto, ha perso ogni speranza, ogni fonte di gioia, niente lo appaga abbastanza da fargli desiderare di vivere ancora, almeno fino a che non torna lei. Eve, invece, affettuosa e dolcissima, riesce ancora, dopo secoli, a godere delle piccole cose, di una partita a scacchi, di un ballo insieme a lui, di un libro. È forte il contrasto con lui, che invece non riesce più a trarre soddisfazione nemmeno dalla musica.Mentre lei poi si tiene al passo con i tempi, quasi fosse affascinata da quello che gli uomini possono creare (ha uno smartphone, i suoi vestiti sono alla moda - espressione che odio - rispetta le tradizioni di Paesi diversi dal suo . . .), lui è ostile. Ha la possibilità economica di comprarsi a sua volta un telefono con cui la comunicazione con l'amata sarebbe più semplice, invece ricorre a bizzarri sistemi immagino di sua creazione pur di non riconoscere che anche gli zombie (noi umani) possono fare qualcosa di buono. L'unico zombie accettato è Ian, il che mi fa un po' arrabbiare, perché è troppo comodo che l'unico che ti piaccia sia quello che fa tutto quello che vuoi senza troppe domande rognose, caro il mio Tom. Vive costantemente nel passato, nemmeno si compra uno stetoscopio nuovo, eppure parlare di persone o eventi che non ci sono più sembra gli costi fatica. Come se niente del nostro tempo possa prendere il posto di quello che abbiamo perso, come se per l'umanità non ci fosse più speranza. Eppure, quando alla fine sono costretti ad uccidere dei giovani per nutrirsi, ritorna a fare i grandi discorsi colti di cui è capace. Come se volesse innalzarsi, o purificare l'atto che sta per compiere. Chissà se questo ha un senso o sono le follie di una che non ha capito il film.
Io, nell'umanità, ancora ci credo. Fino a che ci saranno le canzoni di Leonard Cohen, fino a che gireranno film così intensi, fino a quando giovani ricercatori lavoreranno sottopagati solo per portare avanti un ideale, io ho fiducia. Il talento e i valori mi fanno credere nell'uomo, talmente tanto da farmi passare quasi sotto gamba i 100000 che dovevano essere a Bologna nei sogni di Salvini. Ci credo davvero, eppure il film di Jarmush mi è piaciuto un sacco.