Sembra che una delle ossessioni più diffuse tra gli “umani” riguardi i propri limiti. Tutti paiono intenti, in un modo o nell’altro, sia a negare o giustificare, che a nascondere o a camuffare le proprie limitazioni e le proprie fragilità. Nessun ambito dell’esperienza sembra immune da questa preoccupazione: da quelli sociali e professionali a quelli politici e culturali, e, addirittura, quelli personali o affettivi. Anche lì dove la “prossimità” o l’intimità dei rapporti richiederebbero il massimo di trasparenza e di autenticità, sembriamo, tutti, impegnati a bluffare per “apparire” diversi da come siamo. Ma l’imperfezione è veramente una “macchia”? Veramente qualcuno crede che saremmo più interessanti, più belli, più accettabili e umani, se fossimo o apparissimo senza limiti, senza difetti e senza imperfezioni? Sarebbe veramente possibile una condizione del genere? E un mondo fatto in questo modo sarebbe davvero più desiderabile? Qui, per fortuna, le lezioni della storia e dell’intuizione umana non mancano, anche se di solito non vengono approfondite!E’ noto, per esempio, il brano di Pico della Mirandola (brano richiamato non a caso nei primissimi post di questo blog - vedi post dell’ 8 luglio 2009 - , quasi come orizzonte ermeneutico di quell’ << OLTRE>> che è nell’ intestazione di “Incrocivie”.). Per Pico il limite e l’imperfezione sono addirittura qualcosa di “invidiabile non solo dai bruti, ma dagli astri, ma dalle intelligenze stesse ultramondane. Cosa incredibile e stupenda!”. Ma la stessa tradizione religiosa cristiana in cui si parla di un Dio che sceglie i limiti della condizione umana non come stato provvisorio, dovrebbe pur significare qualcosa! Ovviamente qui non si intende fare l’apologia dei difetti per fissarli nella loro immutabilità, piuttosto si invita a modificare lo “sguardo”, per cambiare il modo di guardarli e di rapportarsi ad essi. Nessun essere umano, anzi, niente di ciò che è vivente, o parte della vita, è senza limiti. Ogni essere umano ha il suo, i suoi limiti……E tuttavia il “limite” non va considerato prevalentemente come l’impedimento, l’ostacolo, la mancanza……. Perché la verità è che, in tutto ciò che è umano, il limite può rappresentare e rinviare soprattutto all’al di la di se stessi….al di la di quello che "adesso" si è….e questo è vero sia per gli individui che per i gruppi e le istituzioni. E allora è anche possibile onorare il limite! Non con il piangersi addosso, né con l’attardarsi a considerare se stessi inadeguati o limitati, e neppure a inventare quotidianamente trucchi per nascondere, a se stessi prima che agli altri,quello che si è. Questi comportamenti, a pensarci bene, non hanno un senso fondato e non sono produttivi! Perché abbiamo a che fare con qualcosa che è costitutivo di tutto quello che è umano e quindi con una condizione permanente, che in nessuno potrà essere eliminata, se non per finzione! Accettare invece quello che si è “adesso”, amarlo, osare mostrarlo, è forse l’unica opportunità che abbiamo, per essere e vivere, da umani “con” umani, la nostra vita. Ma allora il limite dovrebbe essere considerato piuttosto una occasione o una spinta per guardare oltre, per immaginarsi anche altro,…..allora il limite potrebbe essere necessario per creare se stessi, per inventarsi, per aprirsi a ciò che non è ancora “me”!
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