Tra un mese, facendo tutti gli scongiuri del caso, cambieremo casa.
Avremo più luce, più spazio, più silenzio.
Potremo ospitare gli amici,
fare una cena come si deve.
Simone e lorenzo potranno studiare dove è giusto che sia
e ettore giocare dove è giusto pure quello.
Di là guarderemo il cielo e non lo studio dell'avvocato cattivo.
E vedremo di sguincio perfino un grattacielo che una volta era altissimo anche se ora è soltanto un palazzo un po' alto, ma che resta bellissimo, il più bello di Milano.
Io sono felice, luca felicissimo, i bambini così così,
ma si sa che loro, come i vecchi, sono i più accaniti conservatori.
Solo che stasera,
mentre eravamo tutti qui,
sono venuti quelli che qui abiteranno dopo di noi.
Sono venuti a fare un sopralluogo, come dicono loro,
con l'architetto e i tecnici dell'aria condizionata
(aria condizionata? ma è super anticologicissima!!).
E camminando su e giù dicevano:
"togliamo il parquet, evviva la piasterella"
(ma come la piastrella?)
"abbattiamo questo muro, via questi colori, stringiamo di qui, allarghiamo di là, montiamo i faretti, mettiamo i gerani, stucchiamo, impiallicciamo, facciamo, disfiamo!"
e via così, sognando giustamente la rivoluzione, ché ormai questa è quasi casa loro.
E noi zitti,
un po' impacciati,
che già ci sentivamo di peso,
fuori luogo,
tutti un po' sbagliati.
Perfino i bambini stavano immobili e muti.
E ostili.
Perché se hai vissuto per dieci anni in una casa,
se ci sei nato o se qui hai avuto due figli su tre,
questa casa alla fine è come se fossi un po' tu.
E non è bello sentirsi dire che andresti rifatta, altro che ritocchino.
E anche se non ce lo diciamo,
adesso ci è venuta a tutti un po' di malinconia.
Perché se oggi siamo vivi e, nonostante tutto, ancora insieme e forse addirittura felici,
lo sappiamo bene che in qualche modo è anche merito di questo appartamento senza infamia e senza lode, che ci ha protetto e ha fatto il suo dovere di nido.
E tutto senza nemmeno l'aria condizionata.