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Onorevoli fannulloni. Dove porta la berlusconite ce lo dice Openpolis

Creato il 28 febbraio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ieri, una lettrice di questo blog ci ha lasciato un commento che vogliamo riportare: “Ci sono molti miei colleghi (faccio l'insegnante in una scuola pubblica), totalmente schierati dalla parte di Berlusconi. Dopo la dichiarazione di ieri aspetto con ansia di incontrarli domani a scuola. Mi attendo una risposta del genere: ‘E' stato frainteso’. Povera scuola pubblica!”. La nostra amica professoressa ci ha inviato il commento molto prima che le agenzie diffondessero la replica di Berlusconi al giudizio sferzante che aveva dato Bersani dello show tenuto al congresso del Cristiani Riformisti. Ormai lo sanno tutti. Silvio, da buon venditore di aspirapolveri porta a porta, adatta le sue storie a quelle del pubblico che si trova davanti. Inutile ricordare tutti i mestieri che ha fatto (e che avrebbe voluto fare) ogni volta che si è trovato di fronte ad appartenenti di quella categoria, è stato operaio, cantante, venditore di compiti in classe (forse era il congresso del plagiari), barelliere dell’Unitalsi, cameriere (alla Federalberghi), chansonnier (al Conservatorio “Giuseppe Verdi”), gommista (alla Baggina) e solo ultimamente abbiamo scoperto la sua vera vocazione che è quella del carabiniere. Un uomo dalle mille risorse e dai mille desideri che, con a disposizione 118 milioni di euro l’anno potrebbe tranquillamente soddisfare, si è incaponito con la politica. Invece di spendere i suoi soldi per amanti, concubine, amici e amiche,  farfalline, collanine, affittini, bollettini, automobiline, champagnini e prosecchini, Berlusconi preferisce dilapidare il suo patrimonio nell’acquisto di onorevoli, giudici, avvocati, maggiordomi e leccaculi di diversa origine e provenienza mentre a qualche stalliere preferisce pagare uno stipendio con tanto di regolare pizzino di ricevuta. Lo scopo ultimo di questa compravendita ormai senza più ritegno, è quella di avere dalla sua “i numeri”, che non sono i rapporti sessuali di una notte, ma bensì quelli che gli permettono di continuare a fare la sua vita da nababbo birichino senza pagarne alcun pegno. La “berlusconite”, da non confondersi con il “berlusconismo” che è un fenomeno vieppiù complesso, è quella malattia causata da parassiti che infesta da quasi tre anni il nostro parlamento, e la causa del fannullonismo dei rappresentanti del popolo italiano. È uscito nei giorni scorsi il risultato della ricerca condotta da Openpolis, che è un sito benemerito che monitora ogni anno l’attività di 150mila politici italiani. I ricercatori hanno scoperto che, ad esempio, l’attività del Parlamento si fa frenetica quando il tema all’ordine del giorno è la giustizia (60 per cento del tempo a disposizione), mentre tende a ridursi e a scemare definitivamente quando i governanti devono affrontare i problemi legati al precariato, alla cultura, alla ricerca, alla valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale, alla lotta all’evasione fiscale. Ad ogni tipologia di impegno, Openpolis assegna degli indici di “produttività” dai quali emerge che la regolamentazione di lotterie e concorsi a premio ha un indice di 640 e la lotta al precariato di 270, che le intercettazioni sono molto più interessanti (496) della lotta alla corruzione (230). Qualora occorresse una scientificizzazione della deriva causata dalla berlusconite in Italia, Openpolis ce l’ha fornita nonostante l’opera di controinformazione di Danielona Santanchè e del suo compagno di letto e merende Alessandro Sallusti, non potendo fare fede né quello che racconta Franco Frattini in un inglese barcollante né Gnazio La Russa in siculo-milanese. Ieri sera, da Fabio Fazio, c’era il fresco vincitore del festival di Sanremo che, se non si chiamasse Roberto Vecchioni, ci avrebbe visto ricorrere a un feroce zapping verso altre mete televisive. Il professor Vecchioni ha espresso due concetti che chi segue questo blog sa da quanto tempo rappresentano la sintesi di due nostre “malattie” da piccoli commentatori politici. Il primo riguarda l’importanza della parola e del significato che si porta appresso. La berlusconite l’ha trasformata in un luogo del non senso e dei mille significati contrapposti che l’hanno portata ad essere non più lo strumento cardine della comunicazione ma il linguaggio del venditore. Il secondo ben più complesso del primo, è che la berlusconite ha trasformato negli anni gli elettori in clienti. Sembra una boutade e invece è la ragione principale del perché Berlusconi vincerebbe ancora oggi. Lui ha di fronte esattamente il pubblico che le sue televisioni (e il prosciutto Rovagnati) hanno “formato” nel tempo, clienti in preda a shopping compulsivo e non più elettori in grado di compiere scelte consapevoli. Vincerebbe ancora perché il panficozio è duro da sradicare e poi perché gli italiani sono talmente pigri che preferiscono da sempre che qualcuno, oltre che a lavorare, pensi per loro.

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