La travagliata gestazione del Fidelio, unica Opera del sinfonista per eccellenza, Ludwig Van Beethoven, composta nei primi anni dell’ottocento, è sintomatica di una temperie che successivamente avrebbe visto operisti e sinfonisti in una posizione pressoché dicotomica, durante tutto il corso del siglo de oro dell’Opera. Non mancarono eccezioni, come Berlioz, grande riformatore dell’orchestra sinfonica e autore di alcune opere rimaste nei repertori (Benvenuto Cellini, I Troiani); o i russi Tchaikovsky e Musorskij che, oltre ad essere stabilmente nel repertorio delle orchestre sinfoniche di tutto il mondo, sono più o meno frequentemente ospitati dai teatri d’Opera, quantomeno e rispettivamente con le loro opere Eugenij Onegin e Boris Godunov. Anche altri compositori dell’est europeo, come Dvorak e Smetana, hanno mostrato dimestichezza in entrambi i versanti. Per gli altri grandi operisti del secolo, da Rossini a Verdi, da Weber a Wagner, da Bizet a Massenet, le frequentazioni dei repertori sinfonici riguardano perlopiù brani strumentali estrapolati (e a volte anche riadattati) dalle loro opere teatrali, sempre che non si voglia tener conto di lavori extra-operistici, ma pur sempre vocali, come lo Stabat Mater del pesarese e il Requiem del bussetano.
Nell’ultima grande stagione dell’Opera, dagli ultimi decenni dell’ottocento alla Seconda Guerra Mondiale, si è registrata una certa controtendenza. A rappresentare gli operisti puri è rimasta la scuola italiana, con Puccini in posizione di assoluta predominanza. Di contro, già un musicista come Richard Strauss, unico a poter stare al pari del lucchese, ha lasciato cospicui lasciti espressamente sinfonici, oltre ai capolavori assoluti dell’Opera come Rosenkavalier, Salomé e Elektra. Così come Shostakovic che, oltre alle monumentali sinfonie e al copioso repertorio orchestrale e cameristico, ha composto, tra le altre, un’Opera fondamentale per il teatro musicale del novecento come la Lady Macbeth del Distretto di Mcensk. Senza dimenticare Janacek, autore oltre che di un nutrito catalogo sinfonico e cameristico, di almeno tre opere che continuano a godere di una relativa attenzione, come La volpe astuta, L’affare Makropulos e Katia Kabanova. Discorso a parte merita Benjamin Britten che sebbene non possa essere considerato un operista puro, quantomeno in senso tradizionale, ha incentrato la sua attività compositiva sulla musica vocale, raggiungendo tra i più alti esiti dell’Opera contemporanea con lavori quali Billy Budd, Il giro di vite, Peter Grimes e The rape of Lucretia.