Che qualcosa sarebbe cambiato si è capito all’arrivo del sovrintendente Carlo Fuortes al Teatro dell’Opera di Roma. “Partecipa all’incontro?”. “Sì”, risponde.
Non lo faceva dal primo round con i sindacati, dopo la decisione del Cda del ‘Costanzi’ di licenziare orchestra e coro, 180 artisti. E in Cda Fuortes tornerà il 23 novembre per proporre il ritiro degli esuberi, secondo i sindacati, se prima ci sarà un accordo per tagliare i costi del contratto integrativo.
“Oggi è stata confermata nuovamente la disponibilità, a fronte di una proposta che risolva interamente i gravissimi problemi economici e organizzativi del Teatro – scrive più cautamente l’azienda -, a sottoscrivere un accordo che possa evitare il licenziamento collettivo di Orchestra e Coro. Le sigle sindacali hanno accennato ad alcune aperture fino ad oggi mai prospettate, ma ancora non è stata presentata una proposta organica unitaria”.
A un mese dalla mossa traumatica della Fondazione sembra comunque una svolta in una vertenza di cui ha parlato il mondo. Con prese di posizione anche internazionali contro Fuortes, appoggiato dal ministro della Cultura Dario Franceschini e dal sindaco di Roma Ignazio Marino, presidente del Cda. I sindacati – sette sigle in passato in conflitto – hanno chiesto compatte come condizione della trattativa il ritiro dei licenziamenti e la rinuncia a ‘esternalizzare’ orchestra e coro. Offrendo in cambio di parlare di costi – per il Cda il risparmio con l’esternalizzazione è 3,4 milioni -, e di maggiore produttività, ossia più spettacoli.
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