I 38 fermati però facevano parte dell’ndrangheta,a quanto sembra anche al di fuori dell’aria di competenza de La Corona, ed agivano sembra in contesti come Natile di Careri, Gerace, Platì e S. Luca, evidentemente in stretto contatto ed in rapporti di affari con gli esponenti di spicco dei cinque locali della Corona. “Ulteriore conferma dell’unitarietà e non della verticalità della ‘ndrangheta – sostiene Nicola Gratteri – in questo diversa da Cosa Nostra e dalla sua cupola”.
Secondo i magistrati il capo o meglio il Re sarebbe Vincenzo Melia 83 enne nato a Platì, trasferitosi in America e rientrato in provincia di Reggio Calabria ad Ardore, solo dopo il 2000. Dalle intercettazioni poi sarebbe emerso un particolare accento americano ma è al vaglio degli inquirenti anche un ipotetico rapporto con entità mafiose attive in Canada ed Australia, e vincoli con la famiglia Gambino.
Melia sarebbe per altro stato uomo di spicco, secondo le intercettazioni già dal 1962 dove parla di “doti”“io non devo dare conto a nessuno! … - afferma con fare categorico Vincenzo Melia parlando con il braccio destro Nicola Romano - le ‘doti’ le libero solo quando sono in punto di morte” confessa adirato. (TeleReggio)
Secondo l’accusa, il Capo Corona avrebbe diretto e organizzato il sodalizio, assumendo le decisioni più rilevanti, impartendo le disposizioni o comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati, decidendo e partecipando ai riti di affiliazione, conferendo agli altri associati cariche e doti, curando i rapporti con le altri articolazioni dell’associazione, ponendo fine a contrasti interni ed esterni al sodalizio, gestendo in prima persona l’attività di esercizio abusivo del credito e l’attività usuraria e, notizia di ieri, mettendo lo zampino (sembra) anche sui lavori della Strada statale 106.