Operazione Turquoise, la vergogna della Francia

Creato il 28 settembre 2013 da Dragor


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L'entusiasmo dei genocidari per i militari francesi

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   SI STA AVVICINANDO il ventesimo anniversario di una delle operazioni militari più infami di tutti i tempi: l’operazione Turquoise, organizzata dalla Francia nel 1994 per vendicarsi della batosta militare inflitta dai 10.000 ribelli di Paul Kagame alle Forze Armate Rwandesi e ai loro alleati francesi, per permettere ai genocidari di scappare nel vicino Congo, per cancellare le traccie del traffico di armi e di droga organizzato da Jean-Cristophe Mitterrand, il figlio del non compianto François, per cancellare le tracce della propria collaborazione con il regime genocidario di Juvénal Habyarimana. Perché infame? Perché l’attuale situazione nella regione del Kivu con il suo contorno di instabilità, saccheggi e violenze, dipende precisamente da questa operazione.

   MENTRE LE TRUPPE vittoriose di Paul Kagame si avvicinavano a Kigali, Edouard Balladur e soprattutto Alain Juppé sembravano tarantolati, ripetevano in tutte le lingue che Turquoise sarebbe stata un’operazione «umanitaria», bombardavano l’ONU di richieste finché l’ONU ha dato il sospirato okay. In realtà militari comandati dal generale Jean-Claude Lafourcade, sapevano bene quello che andavano a fare, come qualcuno di loro avrebbe confessato più tardi: «On va casser du Tutsi», andiamo a massacrare i Tutsi.

   PERCHE’ PROPRIO i Tutsi ? Nel Front Patriotique Rwandais, la milizia ribelle, militava gente di tutte le etnie: Tutsi, Hutu, Twa, perfino europei ed americani, tutti accomunati da un desiderio: abbattere la dittatura clerico-fascista di Juvénal Habyarimana. Ma da anni ogni istanza d’indipendenza in quella parte dell’Africa, ogni anelito alla libertà, ogni rifiuto del razzismo etnico venivano genericamente attribuiti ai Tutsi, precisamente dal 1957 quando il prete svizzero André Perraudin demonizzava questa etnia scrivendo il «Manifesto del Popolo Hutu», un testo razzista destinato a dividere per comandare. Infatti i Tutsi, nella persona del Mwami Mutara III (Rudahigwa) avevano osato ribellarsi alla volontà della chiesa cattolica non soltanto proclamando che in Rwanda non c’erano né Tutsi né Hutu ma soltanto Rwandesi, ma anche chiedendo all’ONU l’indipendenza del Rwanda.

   A PARTE I TUTSI massacrati, per la maggior parte civili indifesi, il dispositivo militare da Gisenyi a Cyangugu, lungo la frontiera con lo Zaire, è servito a salvare il governo interimario rwandese che gestiva il genocidio dopo la morte del dittatore Habyarimana, più i genocidari politici, militari e religiosi oltre agli Interahamwe, la milizia razzista Hutu.

   ANCORA OGGI stiamo scontando le conseguenze dell’Operazione Turquoise. Nell’ex Zaire, oggi Congo, gli Interahamwe si sono riorganizzati nelle FDLR (Forces Démocratiques de Libération du Rwanda) e terrorizzano la regione con stupri e saccheggi, e violenze. L’ONU li considera una milizia terrorista, ma questo non impedisce alla chiesa cattolica e alla Francia di coccolarseli. Come no, sono la loro speranza di rovesciare il governo che ha ereditato il Rwanda a pezzi e ne ha fatto il primo paese dell’Africa. Come gli piacerebbe rientrare nel nostro paese da padroni.

   Dragor


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