Operazione U.N.C.L.E.

Creato il 04 ottobre 2015 da Arpio

Sono finalmente riuscito a recuperare questo film firmato Guy Ritchie e uscito nelle sale italiane a inizio settembre, quando la mia vita lavorativa sembrava stesse per risucchiarmi in un mondo fatto solo di lavoro. Fortunatamente sono riuscito a tornare al mio mondo fatto di cazzeggio (non del tutto grazie al cielo) e a recuperare qualcosa che avevo perso. La pellicola in questione, poi, è passata così sotto traccia che mi sono reso conto a mala pena che fosse del grande Ritchie, visto che anche il manifesto che circolava per Roma aveva su scritto “dal regista di Sherlock Holmes” e uno doveva un attimo ricordarsi le cose…certo che se ci scriveva per la regia di Guy Ritchie a lettere cubitali, io evitavo di guardare anche il nome del film e correvo comunque a vederlo.

Dopo uno stop di quattro anni, infatti, il regista inglese torna dietro la macchina da presa, per regalarci un film un po’ diverso dai suoi standard.  Il progetto parte come lungometraggio ispirato all’omonima serie degli anni ’60 trasmessa in America. Operazione U.N.C.L.E. (1964-’68) ha generato anche un altro film nel 1983 e uno spin off di 29 episodi. Nella serie i due agenti Napoleon Solo e Illya Kuryakin lavorano per la United Network Command for Law and Enforcement e combattono i cattivi. Ritchie riprende questa storia e la trasforma un pochino. Solo, infatti, è un ex ladro e ora agente della CIA, mentre Kuryakin è un agente del KGB. Il primo sicuro di sé, sbruffone e piacente, mentre il secondo irruento e poco accomodante. I due si scontrano durante una missione a Berlino Est, nella quale Solo riesce a far attraversare il muro a Gaby Teller, figlia di un ex scienziato nazista che si sospetta venga obbligato dalla famiglia italiana Vinciguerra a realizzare un dispositivo nucleare. Durante la missione in Italia, America a Russia sono costrette a collaborare per non far finire l’ordigno in mani sbagliate, quindi Solo e Kuryakin si troveranno a lavorare insieme con tutte le difficoltà del caso.

Da subito quello che notiamo è il grande stile di Guy Ritchie che pervade tutte la pellicola. Dalle scene rocambolesche e mozzafiato, al fatto che in tutta la pellicola non esistano tempi morti, ai twist e doppi twist della trama. Uno scorrimento veloce delle quasi due ore di pellicola, fra azione, ironia e momenti di “pura bellezza”. Una colonna sonora eccezionale, che si muove tra musiche inglesi, americane e italiane, tutte tipicamente anni ’60. Uno stile narrativo che solo Ritchie riesce a dare ai suoi film e che è la vera attrazione della pellicola. Ritchie sembra aver preso la sceneggiatura e tagliato tutte quelle parti “inutili” che vediamo di solito in questi film: pochissimi e rapidissimi i preliminari, calo di tensione assente, frivolezze nulle. Il regista va al dunque subito, mentre lo spettatore è tranquillizzato dal perfetto vintage dei personaggi e delle location e da quei personaggi volutamente convenzionali e stereotipati.

Quello che viene fuori dal lavoro di Ritchie è una pellicola veloce, d’impatto, allo stesso tempo innovativa, che vuole portare il cinema a un nuovo livello. Gli attori danno il meglio di loro e ci riescono, forse guidati come non mai da un regista che ha fatto del “bello” il suo marchio di fabbrica (se escludiamo Travolti dal Destino che ha girato solo perché c’era l’allora moglie fra i protagonisti, diciamocela tutta). Una pellicola, questa, che credo sia passata un po’ in sordina, ma che gli appassionati di un certo cinema “nuovo” non possono farsi sfuggire.



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