Operetta: tra finzione e realtà

Creato il 29 luglio 2013 da Albix

Davvero spumeggiante di allegria e di ritmo lo spettacolo “Operetta Eterno Amore”  di Gianni Gori e Alessandro Gilleri, nel nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari, rappresentato nell’area estiva del Parco della Musica, sabato 27 luglio appena scorso.

A parte il coro e l’orchestra (bravi, con una lode in più agli artisti del coro, che si sono prestati alla scena  con giocosa professionalità) i quattro interpreti solisti sono senz’altro da promuovere, anche se Daniela Mazzucato e Andrea Binetti sono stati una spanna sopra gli altri due: il tenero leggero Max Renè Cosotti , forse tradito dalla troppa esperienza e, al contrario, dalla scarsa esperienza,  la soubrette Myriam Cosotti che, comunque , non hanno affatto sfigurato.

Nella cornice del Teatro all’aperto, sotto un cielo stellato, hanno  riecheggiato le note dei brani più celebri di questo genere, spesso considerato minore rispetto all’Opera, ma non di meno, ricco di un’ ottima e varia  musicalità, non scevra, ai tempi d’oro, di scenografie e coreografie di tutto rispetto, pur se all’insegna della leggerezza e del disincanto.

Non mi pareva vero, mentre assistevo trasognato, che sia passato un secolo da quando quelle arie e quelle scene vivevano il loro trionfo quotidiano.

Oltre al fascino delle arie più celebri e popolari del genere (Cin-cin- là, Tace il labbro, Bambolina, Donne donne, ed altri ancora, mi ha colpito il parallelo che i due autori hanno fatto tra il mondo (finto) dell’operetta e quello (vero) dei nostri giorni: entrambi hanno al centro donnine vanesie dai facili costumi, corteggiate dai potenti di turno, immancabilmente condannati ad essere burlati e gabbati.

Non era compito dello spettacolo dirlo (il suo, quello di divertire, è stato puntualmente assolto) ma era certamente meglio quando i potenti sperperavano le proprie fortune, ponendole ai piedi delle soubrettes e delle ballerine di fila (oggi sostituite da escorts e veline), piuttosto che assistere al saccheggio delle finanze pubbliche, perpetrato anche incaricando queste incapaci donnine del  fatuo mondo televisivo  ad assolvere compiti al di là delle loro competenze professionali (spesso del tutto inconsistenti),  e retribuendole con danari pubblici in cambio di favori più o meno sessuali da elargire ai propri anfitrioni.

E poi, allora, cento anni fa, il rapporto amoroso tra vecchi troppo ricchi e troppo goffi da un lato, e ragazzine carine e disponibili dall’altro, avveniva per gioco, in una finzione scenica che forse aveva anche il compito di scongiurare, scaramanticamente, che un simile ludibrio potesse accadere realmente.

Così, a noi, è toccato di piangere, mentre i nostri trisnonni, un secolo fa, se la ridevano alla grande, alla faccia dei soliti uomini tanto  sciocchi e vanesi da non capire che quelle donnine gli danzavano attorno per fargli scucire il grano che avevano in abbondanza, in misura inversamente proporzionale al loro vigore e al loro fascino. Senza contare che  non era raro, come ha osservato in maniera arguta ed elegante più di uno degli interpreti, che spesso questi stolti, restavano persino a bocca asciutta.

Speriamo quindi che l’operetta torni sulla scena, e che sul palcoscenico della vita, dell’economia e della politica, si rivedano personaggi di capacità e spessore che pensino a mandare avanti l’Italia, creando posti di lavoro e predisponendo servizi per i più deboli, invece di farsi prendere per i fondelli sperperando i nostri (e qualche volta anche i loro) soldi, facendosi prendere per i fondelli da super maggiorate (quasi mai naturali) in cerca di fama e guadagni  facili.


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