Opposizione Memories

Creato il 27 giugno 2014 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

A volte mi giro intorno come se mi mancasse qualcosa. E infatti … chissà dove sono finiti popoli viola, girotondi, e quelle moltitudini di giornalisti che riempirono Piazza del Popolo, Piazza Navona con annessione pittoresca della d’Addario, allegoria, in tacco 12 e instant book odoroso di stampa, di repentine, folgoranti seppur tardive resipiscenze, a manifestare contro l’odiato manipolatore di pensieri e opinioni, contro l’indecente ed impunito venditore di sogni e acquirente di consenso, e quindi per la legittima riappropriazione del diritto ad informare.

Oddio, magari era meglio se lo slogan avesse compreso anche il dovere ad informare, ma non si andò troppo per il Sottile, anzi furono benvenuti anche i Salvo Sottile, i Mentana, i tanti che con ogni tipo di acrobazia e giravolta erano sempre riusciti ad assicurarsi poltrone e direzioni, accolti coi vitelli grassi e gli applausi d’ordinanza, insieme ai giovani aspiranti che sproloquiavano della loro vocazione e dei tre euro a pezzo, alle giornaliste in procinto di scendere in guerra contro la mercificazione dei corpi, quelli delle donne, sbattute sulle copertine e sui letti dei potenti, ma alle quali, se si ravvedevano, si doveva comprensione ed indulgenza, proprio come alla ex first lady, che aveva affidato la lapide del suo matrimonio redditizio ma infelice, proprio a Repubblica, come un sigillo sulla sua coraggiosa presa di distanza, dolorosa, ma poi ben alimentata.

Si rimprovera al Renzi di non aver combinato nulla in questi mesi, ma gli va dato atto di aver spazzato via tutta questa paccottiglia, rivendicazioni, critiche, opposizione, contestazione,riprovazioni edificanti. E dire che basterebbe tirar fuori i vecchi cartelli, rispolverare i vecchi slogan, sostituire ai vecchio porci e porcellum i nuovi cialtroni e l’Italicum, ministre carine e incompetenti con altre altrettanto carine e incompetenti, venditori di reality con i guru della fuffa e dovremmo poter riempire di nuovo Piazza Venezia, Piazza Navona, che i precari sono ancora più precari, i corpi ancora più oltraggiati, di uomini, donne, lavoratori, malati, invalidi, i direttori ancora più melliflui e furbi e come se non bastasse al Caimano, riproposto ieri sera in tutta la sua datata ingenuità, si sta confezionando un senato su misura, per lui e per i tanti amici che sbagliano in tutte le formazioni che stanno dando vita al partito unico.

Eh si erano bei tempi per l’informazione, si poteva infarcire un intero giornale di intercettazioni pruriginose, di dialoghi tra rappresentati sleali e infedeli all’interesse generale, di interviste piccanti, ed era fatta, non occorreva entrare nel molesto merito del conflitto d’interesse, della colpevole tolleranza esercitata da quel che restava della sinistra, della vigenza di un sistema elettorale che aveva tolto la facoltà di esprimersi ai cittadini in elezioni viziate dalla presenza di un soggetto egemone, un tycoon che controllava tv, giornali editoria.

E i giornali ancora si leggevano e si vendevano e perfino facevano un po’ di opinione, anche se era sempre più evidente che quotidiani in mano a imprenditori, in mancanza di un’editoria pura, il ricatto dei finanziamenti pubblici a testate presenti solo in qualche mazzetta istituzionale non erano certo una garanzia di libertà. Anche se era chiaro che eravamo in presenza, salvo pochi casi, di una corporazione assoggettata, alla quale il potere estorceva il consenso somministrando quei segmenti di informazione che gli interessava, ammettendola agli arcana imperii, gratificandola con l’ingresso occasionale nelle segrete stanze.

Eppure un po’ di dignità ancora c’era, insieme a qualche eco dell’antica deontologia, insieme magari alla passione di rivelare qualcosa che si voleva tener celato, qualcosa di arcaico e generoso, che assomigliava alla verità.

Non è rimasto nulla in questa pacificata marmellata, nella quale un premier arruffone si smentisce ogni giorno, tradisce un mandato, peraltro solo nominale e mai veramente conquistato, quello di quel 40% comprato con 80 denari, che gli serve per farci credere ai bisticci con la padrona, all’accettazione condizionata di un impenitente ubriacone, alla tenace volontà di rompere patti iniqui, che sono poi quelli che gli assicurano la sopravvivenza. Un fantoccio nelle mani di padroni che nemmeno perdono tempo a tenergli bordone, tanto nel suo Paese una stampa amica tace quello che avviene oltre frontiera, a Bruxelles come in Ucraina, in Irak come in Cina, dove va col cappello in mano accolto con educata accondiscendenza orientale. Per non parlare delle frontiere interne, dove si propinano indifferibili necessità e tassative urgenze, in nome delle quali si devono digerire scandali, intrallazzi, atti criminali impuniti, cancro a diffusione endemica, voragini finanziarie prodotte dalla più impunibile corruzione, talmente diffusa e favorita da suscitare anziché scandalo, immunità, protezione, benevolenza. E per le quali diventa ineludibile limitare la partecipazione dei cittadini, rendere ancora più inviolabile l’arroccata chiusura dell’enclave dove si è asserragliato il ceto dirigente, circoscrivere lo spazio democratico, la cittadinanza e i suoi diritti.

L’istinto al partito unico, all’unico pensiero produce anche un giornale unico al prezzo di molti, spesso finanziati da denaro pubblico. Resta la consolazione che ormai pochi li leggono, ma è magra come la libertà che ci resta.


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