[…] La magistratura italiana «era un tradizionale rifugio per i membri del Partito comunista durante la Guerra Fredda». «Inoltre, la tempistica delle azioni giudiziarie – incluse alcune contro funzionari di centro-sinistra – spesso appare politica» [...]. Tra questi casi la Dibble comprende la sentenza «di una corte civile contro la compagnia Fininvest di Berlusconi riguardo a una causa di lungo corso da 750 milioni di euro promossa da un rivale d’affari», l’editore dei giornali (Espresso, Repubblica) che più di tutti hanno usato le «rivelazioni» di Wikileaks sui rapporti Usa-Italia. «Difendersi dai numerosi processi – continua la Dibble – potrebbe diventare una distrazione significativa» dall’attività di governo per il premier. «Per evitare che il presidente del Consiglio venga condannato in alcuni casi gli avvocati di Berlusconi fanno una vera e propria corsa contro il tempo perché i reati cadano in prescrizione» [...]
Insomma, secondo l’opinione dei diplomatici USA, nel potere giudiziario si annidano giudici e magistrati che pare non perseguano realmente la giustizia, ma utilizzano la giustizia per fini diversi, politici. Non tutti i giudici ovviamente, e nemmeno la stragrande maggioranza di loro. Quanto piuttosto un’esigua minoranza, capace però di rimanere sotto i riflettori dell’attenzione politica, influenzandone gli eventi con inchieste giudiziarie quasi sempre infruttuose e infondate.
Del resto, quanto sostiene la signora Dibble, lo riporta in parte anche Donal Spogli, ambasciatore USA in Italia sotto l’amministrazione Bush. Anch’egli scrisse a suo tempo (nel 2008) che la magistratura italiana è una «casta inefficiente e autoreferenziale, priva di controllo e che impone il suo potere condizionando la vita politica».
Non dico che sia esattamente così. Come dicevo prima: la stragrande maggioranza dei giudici onora la propria funzione (seppure lo status e i privilegi che la legge e la Costituzione accordano loro è eccessivo e sproporzionato). Però è piuttosto evidente che in questi quindici anni di presenza di Berlusconi in politica, l’azione giudiziaria di diversi magistrati ha lasciato – diciamo – più che perplessi, se persino gli Stati Uniti si accorgono di questa anomalia. E non parlo del Bengala o della Somalia. Parlo degli Stati Uniti, paese che è sempre stato molto attento a quanto accade in casa dei paesi amici e nemici.
Ma come sempre succede, di tutto questo i giornali di sinistra non parlano. Non dicono nulla. Non fiatano. Perché è ovvio: mai che si diffondano notizie che in un qualche modo possono favorire il «cattivo» Berlusconi e possono confermare la sua visione delle politica e della giustizia nostrana. A maggior ragione se le fonti di queste notizie non sono italiane (e dunque tacciabili in un qualche modo di berlusconismo di comodo), ma straniere. E non le solite straniere, megafoni di certi giornali italiani, ma straniere autorevoli: diplomatici e funzionari dell’amministrazione americana.
Intendiamoci. Non che Repubblica non si sia occupata oggi di Wikileaks. Lo ha fatto. Però per tutt’altro motivo. E cioè (ma guarda un po’!), per raccontare la guerra tra l’Economist e le altre testate giornalistiche che pubblicano gli scoop dei cablogrammi e lo stesso Assange, che accusa i giornali in questione di non rispettare i patti. Ed è curioso notare nell’articolo che si calca sempre sul solito punto: Assange, con le sue pubblicazioni, mette in pericolo la vita di diverse persone: funzionari, diplomatici e agenti dei servizi segreti.
Ovvio che questa sia una sacrosanta verità. Ma non è rilevante, almeno finché i cablo sputtanano il Berlusca. No?
Altre fonti: Cablogramma originale