Il progetto del gasdotto Turkmenistan-Afghanistan-Pakistan-India (TAPI), sovvenzionato dagli Stati Uniti e dalla Asian Development Bank (ADB), riguarda allo stesso modo sia la sicurezza politica dell’Afghanistan, sia la stabilità energetica per i Paesi partner. Tuttavia, ciò continua a suscitare scetticismo tra gli analisti. Buona parte di questo scetticismo dipende dalla necessità di trovare dei finanziatori per sostenere un progetto che dovrebbe attraversare le tumultuose regioni di Herat e di Kandahar in Afghanistan, come anche il territorio del Baluchistan (nel capoluogo, Quetta) e la città di Multan in Pakistan. Ora è emerso un altro fattore che potrebbe mettere ulteriormente a repentaglio il tormentato progetto. Sono venuti alla luce recenti rapporti riguardo trattative tra Cina, Turkmenistan e Afghanistan su un progetto concorrente di gasdotto. Tale progetto si propone di portare il gas turkmeno in Cina attraverso il nord dell’Afghanistan e il Tagikistan, sollevando preoccupazioni sul fatto che ciò possa interrompere l’avvio del progetto TAPI, in un modo simile a quello con cui il TAPI stesso aveva disturbato il programma del gasdotto Iran-Pakistan-India (IPI).
Mentre non si è discusso delle effettive capacità del gasdotto presentato né tali informazioni sono state svelate, l’accordo prevede che una nota d’intesa (memorandum of understanding, MoU) sarà firmata quando una delegazione della CNPC si presenterà a Kabul per discutere la proposta nei minimi dettagli e per parlare delle possibilità di effettuare esplorazioni per il petrolio e il gas naturale nel bacino dell’Amu Darya in Afghanistan, per il quale è stato firmato un accordo tra il Ministero delle Industrie Minerarie afgano e la CNPC nel dicembre del 2011. Stando a quel che si dice, il Presidente Karzai, tornando a Kabul, ha incaricato il Ministro delle Industrie Minerarie, Wahidullah Shahrani, di preparare lo schema di un accordo di cooperazione con la CNPC e di istituire una commissione afgano-cinese di lavoro congiunto su questi progetti. Anche la CNPC e la compagnia petrolifera nazionale turkmena, la Türkmennebitgaz, hanno stipulato un accordo di base per aumentare le forniture di gas naturale verso la Cina, passando dai correnti 30 miliardi di metri cubi (billion cubic metres, bcm) all’anno ai 65 bcm entro il 2014. Il gas naturale dovrebbe provenire dal giacimento di Bagtyyarlyk e forse da alcune aree del giacimento di Ýolöten. Questa potrebbe essere, presumibilmente, la fonte anche per il nuovo gasdotto in progetto. È interessante notare che l’erogazione di gas naturale turkmeno verso la Cina è attesa per il 2014, anno nel quale è prevista la costruzione del gasdotto TAPI.
Con la possibilità di un gasdotto concorrente che attraversa l’Afghanistan, vanno presi in considerazione diversi aspetti. Primo, il nuovo gasdotto prenderà il posto del TAPI o si aggiungerà al TAPI? Ciò dipende da due valutazioni: in primo luogo, bisognerà capire se veramente il Turkmenistan abbia sufficiente gas naturale per rifornire entrambi i progetti e allo stesso tempo erogare verso la Cina le esportazioni di gas supplementare; inoltre, sarà necessario accertarsi che i finanziatori sovvenzionino il più rischioso progetto TAPI. Secondo aspetto: l’accordo con la Cina rappresenta un riflesso della fiducia del Presidente Karzai – ossia, di fatto, la mancanza di essa – nel progetto TAPI, o questo è un riflesso del peggioramento nei rapporti tra Karzai e gli Stati Uniti? Stranamente, nel momento in cui India e Pakistan si accordarono sul gas sale purchase agreement (GSPA) per il TAPI in Turkmenistan, l’Afghanistan aveva concluso solo una nota d’intesa per la cooperazione con il Turkmenistan nel settore del gas naturale, quasi stracciando un contratto, rinviato apparentemente perché i negoziati con l’Afghanistan stavano continuando sulla base dei prezzi delle consegne. Terzo, con gli Stati Uniti che ora non sono più propensi a sostenere il TAPI se non politicamente e con il Presidente Obama determinato a ritirare le truppe dall’Afghanistan nel 2014, Karzai ora vede il TAPI come non fattibile, a dispetto di recenti rapporti sull’impegno talebano a non sabotare il progetto?
L’unica cosa certa è che il passo indietro del Presidente Karzai sul TAPI avrà effetti sul destino del progetto. A parte garantire che esso sarebbe un’alternativa al gas iraniano, non dimentichiamo che l’Afghanistan è fondamentale per il TAPI. Ironicamente, comunque, la fine del TAPI potrebbe rilanciare l’IPI. Il Pakistan, che sta fronteggiando
Al tempo stesso, il gasdotto Turkmenistan-Cina potrebbe compromettere i piani della Russia di proseguire i propri accordi con la Cina per il gas naturale. Con il Turkmenistan che offre alla Cina gas naturale a basso costo, a Pechino viene consentita la capacità di negoziare termini migliori con la Russia per future erogazioni di gas. I due Stati si sono trovati in trattativa per importare 68 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno per un certo periodo. Sebbene sia stata firmata una nota d’intesa nel giugno 2009, nessun accordo fu raggiunto, apparentemente a causa delle differenze sui prezzi. Di conseguenza, con l’inizio di altri flussi di gas naturale diretti dal Turkmenistan/Asia Centrale alla Cina, Mosca potrebbe anche perdere il proprio controllo sul gas della regione. Per l’India, il gasdotto cinese potrebbe porre fine ai piani per importare il gas dell’Asia Centrale o, perlomeno, metterla in attesa con tempi indefiniti. Data la grande differenza nel prezzo del gas naturale importato – trasportato nei gasdotti o liquefatto – e di quello prodotto per uso domestico, il divario dei prezzi si aggiungerebbe alla tassa del governo sull’importazione del gas. Gli americani stanno ora creando una possibilità per le importazioni di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas, LNG) con il gas di scisto; a condizione che all’India sia concessa un’esenzione dalle leggi statunitensi sulle importazioni di gas naturale per i partner non appartenenti all’Area di libero scambio (Free Trade Agreement, FTA), questa sarebbe un’opzione migliore piuttosto che pensare a complessi progetti di gasdotti transcontinentali.
(Traduzione dall’inglese di Stefano Contini)