Ora la nuova Europa dei giovani
Da Brunougolini
La campagna elettorale appena chiusa ha poco discusso di un enorme problema sociale che attraversa il continente. Quello di un esercito di persone, donne e uomini, che ogni giorno lascia il proprio Paese per raggiungere un'altra nazione europea e poi un altra ancora. Uno spostamento continuo che attraversa frontiere geografiche ma attraversa anche frontiere di tutele e diritti. Masse in movimento che avrebbero bisogno di sicurezze e spesso sono lasciate allo sbando. Non ci sono più barriere per le merci ma ci sono barriere per i diritti. Non é una problematica che interessa solo i diseredati che cercano disperati approdi sulle coste italiane. C'è anche una quantità di giovani italiani che vanno alla ricerca di un futuro nel centro Europa. Sono tematiche affrontate in una corposa pubblicazione curata dall'Inca-Cgil: "Il posto del lavoro atipico in Europa. Protezione sociale e ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori atipici in Europa". Contiene una ricca documentazione sul progetto Access, un progetto finanziato con il sostegno della Commissione Europea, realizzato dall’Inca Cgil (capofila Regno Unito), in collaborazione con le sedi nazionali Inca Cgil, e i loro sindacati partner di Belgio, Francia, Germania, Italia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito, e con la partecipazione della Ces, Confederazione Europea dei Sindacati. I riflettori sono stati così accesi nei confronti di quello che Morena Piccinini, presidente dell'Inca, ha chiamato un vero e proprio esodo. Un esodo che riguarda tanti giovani italiani (non solo i "cervelli" in fuga) mentre masse ingenti considerano l'Italia un Paese di transito, un ponte. Sono i migranti comunitari (ad esempio Romeni) sia extra comunitari (ad esempio Marocchini). La Piccinini cita il caso del giovane che ha studiato magari a Parigi con il progetto Erasmus, lavorando nel frattempo come cameriere, che si è poi trasferito a New York per lavoro e successivamente in Belgio dove é rimasto senza impiego. E qui bussa alle porte dell'Inca per sapere se ha diritto o no all'indennità di disoccupazione. Così la lavoratrice italiana che vive in Spagna per un’azienda tedesca vorrebbe sapere sul suo diritto alla maternità. Mentre il lavoratore marocchino o la lavoratrice ucraina che hanno regolarmente lavorato in Italia e si sono poi trasferiti in Francia o in Austria vorrebbero indagare sul loro diritto alla pensione.Una giungla resa più fitta negli ultimi anni perché, come ha accertato il progetto Accessor, ogni singolo Stato ha rivendicato la propria autonomia rispetto al contesto comunitario e ha colpito lo Stato sociale, "falciando i diritti degli strati sociali più deboli, dei lavoratori dipendenti, dei giovani e dei pensionati". Modifiche peggiorative hanno inciso sul diritto alla pensione e sugli strumenti di protezione sociale per malattia e disoccupazione. E si é diffuso il fenomeno dei contratti atipici che spesso "servono per aggirare e negare ciò che resta del welfare europeo solidale". Sono contratti destinati a coloro che Claudio Treves, segretario del Nidil Cgil, chiama "Figli di un dio assente". Che cosa fare, dunque? Susanna Camusso spiega, nell'introduzione al fascicolo dedicato al progetto Accessor come il problema non sia soltanto italiano, ma europeo. "Non c’è una politica vera di contrasto alle forme di precarietà se ogni Paese pensa di giocarsela da solo in casa propria". Sarebbe necessaria una qualche forma di consultazione tra Paesi. Un modo per fornire una bussola ai lavoratori interessati, magari attraverso una "banca comune di informazioni" atte a conoscere meglio "le regole di esportabilità dei diritti, accrescendo la capacità di rappresentanza dei sindacati tra i lavoratori e tra le lavoratrici migranti". Sarebbe necessario, certo, come spiega Fausto Durante (segretariato Europa Cgil) "ribaltare l’idea di dialogo sociale che ha la Commissione europea". Per ottenere un dialogo sociale che ottenga risultati. Ha fatto perciò bene Morena Piccini a lanciare, alla vigilia del voto, un appello ai candidati nelle elezioni europee ricordando che esiste già una risoluzione del Parlamento europeo intitolata "Una protezione sociale per tutti" e adottata a Strasburgo il 14 gennaio scorso. "Un passo importante"' ha sottolineato la Piccinini, "ma purtroppo ancora disatteso da parte di molti Stati". Vedremo se il nuovo Parlamento sarà in grado di corrispondere alle attese. http://ugolini.blogspot.com