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Orario di lavoro e retribuzione: ci eravamo tanto amati, ma ora…

Creato il 01 dicembre 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

Le pagine dei giornali di questi ultimi giorni spopolano delle recenti affermazioni del Ministro del Lavoro. Se prima del weekend, a destare scalpore era stata la sua affermazione sull’età ed il voto più opportuno che un giovane dovrebbe attendere per conseguire l’agognata laurea, alle soglie del lunedì mattina ben altre osservazioni avevano creato dissapori con la parte sindacale, e, più specificatamente, con la CGIL di Susanna Camusso.

Se da tempo il partito del primo definisce i secondi “vecchi”, “obsoleti” e “da rottamare”, ora anche il sindacato ha iniziato a rispondere per le rime, definendo il Ministro di via Vittorio Veneto un “Ufo Robot”.

Il pomo della discordia riguarda questa volta l’affermazione del Ministro Poletti circa la possibilità di scorporare la retribuzione dal solo parametro dell’orario di lavoro. È bastato attendere poco prima che la controparte tuonasse.

Eppure, diversi sono gli studi che mostrano come la produttività, interesse principale delle aziende, non è così strettamente legata ai salari. Basti vedere le differenze in questo senso tra Italia e Germania negli ultimi 14 anni, compresi gli anni pre-crisi.

Crescita produttività vs. crescita salari in ITA e GER; 2000=100%
Crescita produttività vs. crescita salari in ITA e GER; 2000=100%Se difatti la Germania mostra un andamento abbastanza lineare tra aumento dei salari ed aumento della produttività, in Italia, al contrario, si delinea quasi un effetto forbice.   

Collegato agli aspetti di produttività, anche quello del work-life balance. Esemplificativo è il caso della donna che rientra al lavoro a seguito della maternità: in molti casi chiederà il part-time. Siamo davvero sicuri che questa donna lavoratrice, pur lavorando 6 ore al giorno anziché 8, sarà così meno produttiva del collega della scrivania affianco che lavora full time? Non potrebbe essere una soluzione più win-win quella in cui il lavoratore ha una parte fissa del proprio salario ed una collegata al raggiungimento di obiettivi? Potrebbe essere una valida alternativa per garantire nelle aziende sia una maggiore meritocrazia sia un maggiore entusiasmo e partecipazione da parte dei lavoratori. Certamente è da studiare bene e con le dovute precauzioni. Ed un ruolo importante lo deve giocare la contrattazione prossimità, che può far sì che la distribuzione tra "parte fissa" e "parte a risultato" risulti equa.

La proposta arrivata dal Ministro Poletti potrebbe avere tante sfaccettature positive. Siamo però culturalmente pronti a rivoluzionare davvero il nostro modo di lavorare o rischiamo soltanto un gattopardesco “deve cambiare tutto perché niente cambi”?

Carlotta Piovesan


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