Ore piccole e riflessioni

Da Dimasi

Ieri sera si son fatte le ore piccole, B è venuta a trovarmi ed è rimasta qui fino a pochi minuti fa, quando è andata a raggiungere i suoi amici alla "casa al lago". E' stato carino avere qui qualcuno che non vedevo da anni, divertente e malgrado le sparate e pirlate che abbiamo fatto mi ha portata a riflettere. Bisogna dire che B non ha e non ha mai avuto peli sulla lingua, e questa è una qualità che apprezzo, in chiunque, anche e soprattutto in chi magari non mi sta molto simpatico. Meglio la verità detta fuor di parole piuttosto che un velo di non espresso che aleggia nell'aria. La discussione verteva sul fatto che io (giustamente) ho scelto in piena libertà di fare la vita che ho fatto negli ultimi anni, che nessuno mi ha costretta e che giustamente se l'ho fatto c'era una ragione. E fino a qui ovvio, c'ero già arrivata anch'io. Eppure lo scambio di idee mi ha fatto capire sempre più a fondo quanto sia possibile infossarsi per amore, cancellare il mondo, mettere da parte tutto ciò che si è per la paura di perdere la persona che amiamo, o che forse in alcuni casi crediamo di amare. Perché diciamocelo, se non fosse successo niente, io sarei ancora esattamente lì a raccontarmi tutte le belle storielle che mi raccontavo prima. Esattamente uguali. E probabilmente sarei andata avanti ancora per una vita a farlo, convincendomi sempre più che era quello che volevo. Quando forse l'unica cosa che davvero volevo era non perdere le mie certezze, non dover guardare la verità, non affrontare la paura che per me non ci fosse nessun'altro al mondo al di fuori di lei. Credo fosse questo a tenermi i paraocchi, la ferma convinzione che lei fosse l'unica persona al mondo capace di amarmi. Che nessun'altro l'avrebbe mai fatto. Quanti ricordi che emergono mentre passa il tempo... Non dico queste cose per recriminare qualcosa a Di, non è lei il problema, il problema sono stata io, che da persona libera ed indipendente mi sono trasformata in una persona totalmente dipendente. E soprattutto totalmente convinta di non volere altro, anche quando lo esplicitavo a parole, in pochi giorni mi rimangiavo tutto per la paura di perdere ciò che avevo. Codarda... Forse, magari la mia paura era anche di scoprire che in effetti avrei potuto avere altro, ma scoprirlo mi sarebbe stato anche più insopportabile. Avrebbe voluto dire ammettere i miei limiti... Ricominciare, e ricominciare fa una paura del diavolo! Queste 24 ore in compagnia mi hanno anche fatto capire quanto io mi sia già abituata alla solitudine, alla casa vuota e ai miei ritmi, cosa che all'inizio facevo molta fatica ad accettare. E con sorpresa scopro che stare soli non è male, affatto. Ha molti vantaggi, pur non togliendo nulla al piacere di stare in compagnia.  Un tempo la mia libertà si limitava ai momenti in cui ero effettivamente sola, perché se eravamo in due erano questioni anche su quando fare le pulizie, perché se io avevo voglia di farle e lei no, non potevo farle da sola, neppure dicendo che non me ne fregava nulla, perché accadeva che Di si sentisse in dovere di aiutare e non riuscisse a godersi il rilassamento. Stare davanti al pc, che è uno dei miei hobby, era da prendere con le pinze, perché scattava il senso di abbandono.  Ciò che vorrei capire a fondo è perché ho fatto accadere tutto questo, pur esplodendo con sempre maggior regolarità per cose che magari non centravano nulla con la mia rabbia vera. E' stata la paura dell'abbandono a farmi comportare così? A mettere da parte ciò che sono, le mie passioni, i miei divertimenti, la mia arte? Ma soprattutto la mia libertà di persona? Ricordo molto bene quello che provavo: dispiacere nel fare qualcosa che sapevo a lei non sarebbe stato bene, non riuscivo mai a "ferirla", a farla sentire "sola" creando ad esempio legami con i miei compagni di corso. Mi sentivo io in colpa per il fatto di cercare qualcos'altro al di fuori del nostro rapporto. Per lei doveva bastare, ed io cercavo, volevo davvero adattarmi. Far si che lei mi bastasse, ma è evidente che non ci sono mai riuscita davvero, altrimenti non mi sarei buttata là dove queste cose le ho trovate con naturalezza. Anche quando mi ha lasciata, ho pensato di non poter vivere senza di lei, che non sarei mai stata in grado di rifarmi una vita. Eppure non solo non è successo, ma il distacco mi ha lentamente riportata a tirare fuori le risorse che avevo nel cassetto. E m'incazzo con me stessa, da morire, perché ho trascorso anni a non vedere, a non ascoltare nessuno al mondo. Non sono mai mancate le persone che mi/ci dicevano che secondo loro era un rapporto che ci avrebbe soffocate prima o poi, anzi, a dire la verità non c'è mai stato nessuno, amici, parenti, conoscenti, datori di lavoro che non ce l'abbiano detto se appena appena avevano un minimo di confidenza; ma io prendevo queste parole e le mettevo in un angolo, dicendo che  ero felice così.  Ora la grande domanda: una cosa di questo genere, al di là di tutto, può essere amore? Amore con la A maiuscola? O è altro? Io ho sempre pensato di amarla, fino alla fine, ma la velocità con qui questo amore è sparito nel nulla mi mette dei dubbi. L'ho fatto convinta di amare o l'ho fatto perché dipendente da lei? E' stata la prima persona che ho davvero amato nella mia vita, di questo sono sicura. La prima persona "normale" che incontravo a cui pensavo di andare bene esattamente per quella che ero, che mi stava vicina, mi dava sicurezza, era sempre presente. Eppure è mancata l'aria e abbiamo preso due binari diversi pur camminando per mano per quasi 7 anni.  E come accade spesso è servita una terza persona per farmi capire quanto il nostro rapporto fosse sbagliato, quando io avessi perso di vista la mia vita, la mia esistenza. Vivere il rapporto con Ma mi ha mostrato esattamente cosa cerco davvero: libertà. Che non significa non scendere a compromessi, ma essere presenti pur essendo due esseri distinti, ognuno con le sue proprie esigenze e bisogni. Sapersi mandare a cagare e dopo due minuti sorridere del litigio. Non vivere con la costante sensazione che ci siano dei non detti nell'aria, nello spazio che ci divide, perché non in grado di affrontare gli spazi vuoti. Quegli spazi, a mio avviso, vanno riempiti, perché se si evitano per paura di guardarli con il tempo diventano grandi come stadi, e per parlarsi bisogna cominciare ad usare il megafono, e più si è lontani e meno ci si capisce. E così si inizia ad affondare tra un nulla che nemmeno ci siamo accorti di creare.  Inutile negarlo, B ci ha apertamente provato con me, ma non ho potuto farlo, non sono assolutamente pronta. Non sono pronta a darmi a qualcun'altro, nemmeno per una notte senza pretese, nemmeno per passare il tempo o per alleviare le voglie che, non nego, esistono.  Cerco qualcosa di ben preciso, ne conosco nome, cognome, indirizzo e codice fiscale, ne conosco le sensazioni che provoca quando arriva, ed è quello che aspetto. Non so da dove, quando e come arriverà, ma l'ho incontrato e credo che non avrò problemi a riconoscerlo.