Organizzare “Topolino”: intervista a Valentina De Poli

Creato il 16 maggio 2013 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco
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Valentina De Poli (Milano, 2 settembre 1968) è la direttrice del periodico a fumetti Topolino.
Ha iniziato la collaborazione con la rivista nel 1988, entrandone nella redazione sotto il direttore Gaudenzio Capelli. Negli anni ha collaborato a diversi progetti in Disney, tra cui la realtà di PK.
Dal 2001 al 2007 è stata direttrice di W.I.T.C.H., per poi passare a dirigere il settimanale Disney, del quale è ancora al timone.

È un freddo pomeriggio di inizio anno quando mi reco alla sede della redazione di Topolino per incontrare la direttrice della testata, Valentina De Poli, con cui avevo appuntamento per un’intervista sullo stato attuale della produzione Disney in Italia.
Mi annuncio alla reception e approfitto della breve attesa per guardarmi intorno: la sala d’aspetto si caratterizza per i monitor che trasmettono trailer di film Disney e programmi del Disney Channel, e per l’enorme statua di Topolino.
Quando invece metto piede nella redazione vera e propria, ho la possibilità di ammirare un grande open space con molte persone al lavoro, probabilmente sui contenuti dei numeri in lavorazione. Vengo accompagnato nell’ufficio della direttrice da Jole Darin, responsabile dell’ufficio stampa, e poco dopo arriva Valentina, sempre sorridente e gentile, che mi fa accomodare di fronte alla sua scrivania, teatro di un’allegra invasione di fogli, riviste, fumetti e appunti che attorniano il suo computer.

Valentina De Poli.
Fonte: pagina Facebook di Topolino.it

Ciao Valentina, e grazie per il tempo che concedi allo Spazio Bianco.
Innanzitutto volevo chiederti, in quanto direttrice di Topolino: quali sono esattamente gli ambiti e le testate che ti competono?
Ciao, e grazie a te!
Il lavoro del direttore di un giornale come Topolino non è diverso da quello di altri giornali e periodici.
Io sono direttore responsabile di una testata e sono a capo di un team redazionale costituito da giornalisti. Le dinamiche base sono quelle che uno si immagina: riunioni di redazione e lavoro in sinergia con tutti coloro che collaborano al giornale.
La cosa diversa rispetto alle altre riviste è che oltre alla parte “classica” che riguarda attualità, fotografie e servizi, c’è la parte a fumetto, che è quella più sostanziosa. Quindi anche per stabilire dei piani editoriali – progetti e obiettivi futuri – ci si deve muovere in parallelo con chi si occupa nello specifico di fumetto.
Il privilegio più grande di dirigere Topolino è forse la relazione con gli artisti: ammetto comunque che per quanto mi riguarda, rispetto a quanto succedeva in passato, delego tantissimo agli editor la parte di relazione con gli sceneggiatori e disegnatori, perché penso che sia un rapporto molto delicato.
Il mio lavoro è quindi quello di coordinare la redazione, ma ci sono anche altri ambiti da tenere in considerazione: da qualche anno abbiamo un sito costantemente rinnovato che è parte integrante di Topolino, e c’è la parte organizzativa sulla gestione del fumetto in versione digitale e sulle app.
Poi ci sono i confronti che devo avere costantemente con l’azienda Disney, che vuol dire rimanere in stretto contatto con i vari ambiti, tra cui marketing e iniziative speciali.
Si tratta essenzialmente di un lavoro di organizzazione, anche se ogni tanto lo spazio per qualche “guizzo creativo” c’è comunque. Per esempio, se una storia va a toccare alcuni grandi temi entro anch’io nel merito, ma sempre nella parte iniziale.

Era l’aprile del 2007 quando hai iniziato il tuo lavoro come direttrice di Topolino. 6 anni dopo, che bilancio fai di questo tuo periodo alle redini del settimanale e della maggior parte delle testate Disney italiane?
A me sembra sempre il primo giorno!
Mi stupisco sempre delle cose belle che sono state realizzate in passato perché purtroppo, per chi lavora nel settimanale, il proprio lavoro consiste sempre in una “corsa alla chiusura”, quindi quando fai una cosa lavori sempre concentrato perché la scadenza che ti dà il giornale è serrata. E una volta che hai portato a termine il compito assegnato sei contento, certo, ma lo dimentichi subito perché hai immediatamente altro da fare e a cui pensare.
Chiaramente quando ci sono cose importanti e particolari te le ricordi e ti rendi conto subito del loro peso, in questo senso un esempio recente è sicuramente “Dracula ((Ci si riferisce a “Dracula di Bram Topker,” parodia del romanzo di Bram Stoker scritta da Bruno Enna, per i disegni di Fabio Celoni e i colori da Mirka Andolfo, pubblicata a maggio 2012 su Topolino e ristampata in un volume dedicato, di cui Lo Spazio Bianco ha parlato www.lospaziobianco.it/60165-dracula-bram-topker-enna-celoni-andolfo)). Quindi per me è come se fosse sempre il primo giorno perché in realtà sono più proiettata verso il futuro. Anche perché lavorare con una produzione di 5 storie inedite settimanali è un lavoro immane. Poi in realtà dopo 6 anni alcuni automatismi mentali li ho acquisiti e quindi l’esperienza del tempo influisce comunque.
Il bilancio direi che è positivo. Avevamo degli obiettivi, alcuni organizzativi, che erano i più faticosi, altri erano obiettivi di costruzione, e direi che siamo riusciti a centrarli tutti. Forse l’obiettivo principale è stato proprio quello di dare un senso alla parte organizzativa, pensare ad un piano editoriale che non fosse solamente su base settimanale ma organizzarlo in maniera più generale, su base annuale, nel quale inserire le tappe più importanti e attorno a queste costruire il resto.

Quanta importanza dai, nella gestione del giornale, al fumetto in sé e per sé (e quindi all’attenzione verso certi autori e progetti particolari), quanto alle rubriche e quanto all’attualità?
Sarebbe facile dire che il fumetto è la parte più importante. Però per me Topolino è più che un giornale fatto di argomenti separati per numero di pagine, è un concetto più completo dove tutto ha importanza. Questo significa che la parte redazione non è meno importante perché ha meno pagine. Certo, si tratta di un settimanale a fumetti, quindi è giusto che quella sia la componente maggiore, ma uno dei miei obiettivi è dare un senso a tutto quello che viene pubblicato su Topolino, e non solo in quello che si vede ma anche in quello che sta dietro, torniamo quindi al discorso del livello organizzativo.
L’importante è che nel risultato finale non ci siano buchi di sorta.

Con che criterio vengono scelte le storie da pubblicare? Quali sono invece i motivi che portano a bocciare un soggetto?
Come dico sempre, quando una storia è bella, non si rifiuta mai.
Anche se la storia è difficile per qualche motivo, se è bella va bene per tutti perché non sono certo i nostri lettori più giovani che si spaventano di fronte alla complessità di una storia.
Forse, rispetto al passato una novità che abbiamo inserito più storie su commissione. Per cui individuare degli argomenti precisi, o dei personaggi messi da parte da qualche anno, e proporne un utilizzo.
Poi ci sono degli eventi che occorre coprire e quindi si richiedono espressamente storie che ne parlino; altro esempio, quando sono arrivata mi ero resa conto che la proporzione di storie tra Paperi e Topi era sbilanciata e quindi ho richiesto più storie con Topolino.
Si fa un’analisi, in sostanza, e dal colloquio che abbiamo all’interno della redazione e dagli stimoli che arrivano dagli sceneggiatori nascono le scelte.
Poi l’unico criterio per dire “no” a qualcosa è che non rientri nei canoni Disney o sia una brutta storia.

Come direttrice di Topolino segui anche la maggior parte delle testate Disney che vengono pubblicate in Italia: mi voglio concentrare su due in particolare, Tesori Disney e Paperinik AppGrade.
Il primo a mio avviso vive alcuni difetti strutturali: assenza di un piano editoriale preciso, che dà l’impressione di procedere alla cieca, e altri problemi di organizzazione che toccano anche il circuito di vendita e la distribuzione del periodico. Dove sta il problema, secondo te, e come sarà possibile risolverlo?
Si tratta di un prodotto dichiaratamente da collezionisti. Ma, dato che noi facciamo giornali e non libri, la nostra rete organizzativa è quella dell’edicola, anche se sicuramente il formato in cui realizziamo Tesori è quello di un libro, proprio per il discorso collezionistico.
È quasi un peccato mandare in edicola un prodotto così prezioso, in effetti. È nato così perché non si voleva sminuire il valore di questa testata, che è dichiaratamente da collezione e si deve differenziare in qualche modo da tutte le altre collezioni, visto che anche Topolino si può collezionare.
Per il piano editoriale penso invece sia un po’ soggettivo. Mi avvalgo molto dell’aiuto di Luca Boschi e Lidia Cannatella per il contenuto dei volumi, e c’è molto la presenza anche di Mauro Lepore [Direttore divisione publishing, ndr], che è un collezionista, e io mi fido del loro parere.
Alla fine io sono stata contenta di ritrovare in questi volumi tutte le storie che vi sono comparse.
Certo, di numero in numero Tesori può ospitare un ciclo di storie piuttosto che una saga piuttosto che tutte le storie con un personaggio, ma questo semplicemente perché sono tanti i modi con cui Topolino nel passato si è espresso attraverso il fumetto d’autore. Focalizzarsi su una forma in particolare sarebbe castrante.
Tesori Disney è un contenitore che di volta in volta serve per contenere storie che meritano di essere valorizzate, secondo chi cura la testata.

A proposito di libreria, Disney ultimamente l’ha “vissuta” con il secondo volume di Disney d’Autore, dedicato a Giorgio Cavazzano, e con il volume Topolino: 80 anni insieme. È pensabile trovare una collocazione più regolare in libreria per proposte Disney per appassionati?
Penso di sì. Non sono io il direttore deputato per dare questa risposta, ma anche visti i bei risultati ottenuti dai due volumi che citi penso proprio che sarà un ragionamento che si farà.

Come accennavo prima, parliamo ora del nuovo mensile dedicato a Paperinik. Al contrario delle precedenti incarnazioni di questa testata, stavolta si nota una cura particolare che va oltre quello che comunemente viene fatto per gli altri periodici di ristampe: l’editoriale firmato da te, le rubriche, le interviste agli autori, lo spazio di interazione coi lettori, il sito dedicato. Come mai questa scelta? Cosa ha portato a rendere Paperinik AppGrade una sorta di magazine a metà strada tra Topolino e un normale mensile?
Dico subito che è molto difficile dare a questo formato un’identità da giornale. L’obiettivo è quello di instaurare un rapporto con il lettore, e capire quindi chi fosse colui che legge la testata.
La volontà è sicuramente quella di instaurare una relazione, anche tramite il sito apposito e una posta attiva, e l’abbiamo fatto con Paperinik perché è senz’altro uno dei personaggi più amati. Non avevamo un mensile che parlasse ai lettori, anche tenendo conto che in questo periodo è difficile impostare una dialogo su un mensile, abituati come siamo ad aggiornamenti costanti e quasi quotidiani permessi dalla Rete e dai social. Paperinik rappresentava la possibilità per provare comunque a farlo.
Il formato rimane difficile, perché comunque da molti è ancora visto essenzialmente come un pocket e basta, senza sostanziali differenze dal passato. Quando tu vuoi impostare dichiaratamente un giornale che ti parla in un certo modo, secondo me il formato tendenzialmente migliore è quello dell’albo spillato. Poi questo progetto di Paperinik è giusto così, però volendo approfondire la parte di dialogo occorrerà concentrarsi sui nuovi media.

All’inizio del millennio c’è stato un periodo in cui la Disney sembrava voler rincorrere a tutti i costi il successo di PK e quello di W.I.T.C.H., con una serie di progetti che ebbero vita breve e travagliata. Secondo te fu un errore cercare di replicare la formula di quelle due testate? Oggi, come direttrice, pensi ci sia bisogno di un nuovo fumetto di quel tipo e con quel formato targato Disney oppure no?
Ci sono tanti fattori di cui tener conto. Se fossimo in un momento meno difficile per l’editoria in generale, ti direi che bisognerebbe continuare a sperimentare perché dallo stimolo che ottieni nel ragionare su cose nuove nascono novità interessanti. Ma non è così semplice.
Secondo me il limite di alcuni esperimenti non riusciti, forse, è stato quello di aver ragionato troppo su un progetto a tavolino. Io ho seguito la nascita di PK e di WI.T.C.H., e sono entrambi fenomeni che sono nati quasi da un “pensiero laterale”, da un’intuizione su cui solo successivamente si è lavorato a tavolino, ma né per l’una né per l’altra testata si è ragionato all’inizio con un obiettivo particolare da raggiungere; il risultato era una condizione di maggiore libertà e tranquillità, con un atteggiamento diverso da quello adottato nelle esperienze successive.
Per cui, se questo significa sperimentare, io dico sì, sempre. Però non si può ignorare che oggi si aggiunge il grave problema della crisi economica, che ha investito tutti i mercati ma in modo particolare quello editoriale; quindi investire con l’ansia poi di non sapere se ci sono abbastanza lettori disposti a spendere ti fa andare coi piedi di piombo.
Il nostro atteggiamento, per il tipo di lavoro che facciamo, dovrebbe essere sempre quello volto alla sperimentazione, ma ci sono tanti fattori di cui tenere conto. D’altro canto, il mondo degli standard characters è così ricco e variegato che forse non c’è neanche bisogno di cercare altro. Questi tempi difficili mi hanno aperto gli occhi su un mondo che forse era stato messo in ombra da altre novità.

Il fumetto digitale sta avendo sempre più importanza, e Topolino si è adeguato fortemente a questo trend nell’ultimo anno. Come sono cambiati i contenuti di Topolino in relazione a questa rivoluzione digitale? Quali sono i riscontri (diretti e indiretti), e quali ricadute effettive sta avendo questo passaggio sulla vita del settimanale?
È sempre un mondo un po’ difficile, perché non esistono parametri per fare un paragone con altro. È un mondo in cui tutti stanno ancora esplorando: già noi non abbiamo concorrenti diretti, in più in questo campo tutti gli editori e tutte le testate sono ancora in fase di sperimentazione, e quindi non c’è neanche la possibilità di dire se è un successo oppure no, perché non sai a cosa paragonarti.
Per il modo che abbiamo di lavorarci, e quindi di vedere il risultato, per me è già un successo perché mi piace un sacco vedere Topolino su tablet. Per me quindi è già un successo, ma in termini di numeri non saprei neanche dirti. Ci sono dei riscontri, ma anche lì occorre fare dei distinguo tra chi fa l’abbonamento e chi scarica il singolo numero.
Secondo me per avere un’idea significativa bisogna aspettare ancora. È tutto in fase di avviamento, la potenzialità è grande e io vedo che i lettori più giovani affrontano queste novità con molta naturalezza, quindi immagino che fra qualche anno saranno sempre di più quelli che leggeranno su tablet con una certa sistematicità, e non parlo solo di Topolino. È giusto, quindi, che noi si attivi anche questa possibilità per leggere le storie a fumetti.

Collegandomi a quello che hai detto prima sulla crisi che l’editoria in generale sta attraverso, volevo chiederti se la pubblicazione in digitale può essere una soluzione per iniziare a uscire da questo periodo infelice.
Io spero proprio di sì. Mi auguro che sia così, con i tempi necessari ma la speranza è quella.

Dopo la domanda sul futuro, un tuffo nel passato: sono di pochi mesi fa i festeggiamenti per gli 80 anni di Topolino in Italia, partendo da Lucca Comics per poi proseguire con la mostra “Storie di una storia” allestita da dicembre 2012 fino allo scorso febbraio al WOW Spazio Fumetto di Milano, e in libreria si può trovare il volume “Topolino: 80 anni insieme” dedicato alla ricorrenza. Vuoi parlarci di questo traguardo, di come lo hai vissuto tu in quanto direttrice e in sostanza tirare un po’ le somme dell’evento?
A livello di comunicazione c’è stato un lavoro enorme, grazie al grande impegno del nostro ufficio stampa, ma anche perché evidentemente c’è stato un interesse da parte dei media nel celebrare questo anniversario, trattando l’argomento non solo per gli appassionati del fumetto ma sottolineandone anche il suo carattere sociale.
Ci sono davvero quattro generazioni di lettori di Topolino, e anche solo aver fatto il punto della situazione per arrivare a questa conclusione direi che è importante. Forse gli 80 anni mi hanno fatto rendere conto dell’importanza che Topolino ha avuto e ha nella società italiana.
Il bilancio è più che positivo sotto tutti gli aspetti, insomma: mi sentivo di essere lì a rappresentare qualcosa che ha una grande eredità alle spalle ma anche e sopratutto molto da dire per il presente.

Il prossimo maggio si toccherà un altro traguardo importante, l’uscita del n. 3000 di Topolino libretto. Vuoi anticiparci qualcosa su quali saranno le iniziative legate alla ricorrenza, e cosa avrà di speciale quel numero?
Ci saranno dei festeggiamenti degni di quelli fatti dagli 80 anni. Faremo un numero speciale, da collezione, a cui stiamo lavorando in tanti. Penso che lascerà soddisfatti tutti quelli che si sono fatti una grande aspettativa al riguardo. Sarà un numero molto importante, e che non passerà inosservato.

Valentina, con un grande in bocca al lupo per il tuo futuro professionale e per quello di Topolino, ti ringrazio molto per il tempo che hai dedicato allo Spazio Bianco.
Grazie a te!

Intervista tenuta dal vivo a gennaio 2013

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