Orissa, i carnefici indù si convertono al cristianesimo

Creato il 05 febbraio 2012 da Uccronline

In Kandhamal (Orissa, India) si inizia a respirare un’aria diversa, anche se la strada lunga. Ma i segnali ci sono. E’ interessante sapere che l’ex funzionario del governo, il cattolico Hippolitus Nayak, ha ricevuto un dono particolare la mattina di Capodanno: un fiore da parte di Lakhno Pradhan, uno dei capi fondamentalisti indù che guidò una serie di attacchi di massa contro i cristiani intorno al villaggio di Tiangia.

Tra le altre cose, Nayak ha commentato: “Dio sta sciogliendo i cuori induriti del Kandhamal”. Quattro anni fa, dopo l’assassinio del leader nazionalista Swami Lakshmanananda Saraswati, i fondamentalisti iniziarono ad accusare i cristiani, gridando a un vero e proprio complotto. Cominciò così l’ondata di violenze protrattasi per settimane: il numero di cristiani uccisi superò il centinaio, 300 chiese saccheggiate, 6000 case incendiate, e circa 54.000 gli sfollati. Lakhno Pradhan ha chiesto scusa per quanto commesso e Nayak non può che sottolineare entusiasta, come molti tra gli ex persecutori frequentino regolarmente la Messa domenicale, in quella stessa chiesa di Tiangia dove sono stati brutalmente assassinati alcuni fedeli che si erano rifiutati di rinnegare la propria fede.

Non si può che pensare a Tertulliano, apologeta latino e storico della Chiesa, che affermava: “il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani”. E così si sta verificando: la forte testimonianza di fede e di fedeltà dimostrata dai cristiani perseguitati del Kandhamal ha infatti toccato, riferisce don Pradhan (vicario della parrocchia di Raikia), il cuore di numerosi indù che ora chiedono perdono. Di certo però, il paese non è assolutamente in pace nonostante queste notizie positive. Basti pensare che la vigilia di Natale, dopo la messa della mezzanotte alla quale aveva partecipato, Dilip Mallick, un indù convertitosi da poco al cattolicesimo, ha trovato la propria casa trasformata completamente in cenere.

Padre K. J. Markose, già padrino di un convertito dall’induismo, sostiene che nel Kandhamal è pericoloso convertirsi, malgrado gli incoraggianti segnali di miglioramento. Ma egli non si fa intimorire e continua: “Resterò cristiano qualsiasi cosa succeda”. E’ da registrare infine, l’intervento del vescovo John Barwa che, mostrandosi più ottimista, ha affermato: “I piani dell’Altissimo stanno oltre la nostra comprensione. Ciò che è avvenuto nel Kandhamal è stato molto doloroso. Ma non è stata una maledizione. Anzi, adesso si sta rivelando una benedizione”.

Antonio Ballarò


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