Orizzonti del reale (Pt.6)

Creato il 21 marzo 2016 da Theobsidianmirror
LA PRIMA PARTE SI TROVA QUI
Il primo impatto di Timothy Leary con l’LSD, avvenuto all’inizio di dicembre 1961, viene narrato nel capitolo 12 de “Il Gran Sacerdote”. Sembra incredibile, ma fino ad allora Leary aveva assunto solo i funghi e la psilocibina ed era restio a provare una sostanza molto più potente; funghi e peyote venivano utilizzati da milenni ma l’LSD era ancora in gran parte, per così dire, un’incognita. Forse era destino che compisse quel passo prima o poi, ma fu la convivenza con un certo Michael Hollingshead a creare le circostanze adatte perché il suo primo trip di LSD potesse avvenire. Alla fine di ottobre Leary era stato contattato da Hollingshead, un inglese, che diceva di aver lavorato con un professore di Oxford, di aver provato l’LSD a New York e di averne ottenuta una certa quantità tramite un amico dottore per degli esperimenti. Un conoscente glielo descrisse come un individuo inaffidabile, sempre impegnato a spillar soldi al prossimo, ma nonostante questo Leary decise di ospitarlo per qualche tempo nella sua casa di Boston mentre cercava lavoro, o almeno così diceva, poiché in quel momento era disoccupato. In seguito, in effetti, Hollingshead ebbe qualche problema con la Fondazione di Parapsicologia con la quale aveva collaborato per qualche tempo, e nel 1967 fu incarcerato in Inghilterra, ma finché si frequentarono Leary ammise di aver provato di fronte a lui una certa soggezione. Dopotutto era stato Hollingshead ad “accenderlo” e, benché le sue motivazioni potessero non essere delle più altruistiche, egli prese segretamente a considerarlo come il messaggero di qualche divinità. 
Non sarai mai più lo stesso dopo aver avuto quella visione abbagliante lungo il tunnel cellulare del tempo. Non sarai mai più lo stesso dopo aver strappato il velo. Il quarantenne Leary, dunque, prese l’LSD e ne fu devastato. Se la psilocibina gli aveva fatto esplorare i gradi dell’evoluzione percorrendo a ritroso la scala del DNA, l’LSD lo catapultò in un mondo di vibrazioni che non aveva mai nemmeno immaginato. Oltre la vita stessa. All’improvviso si rese conto che tutto ciò che fino a quel momento aveva considerato reale era invece un costrutto della propria mente: il velo di maya gli cadde dagli occhi e lui non fu più quello di prima. Sentì che la vita era illusoria, una farsa che siamo chiamati a recitare – coniò il termine “game”, gioco, per definirla - e si chiese chi ne fosse il regista. Come Adamo, una volta tornato in sé provò l’angoscia e il rimpianto di chi vede le porte del Paradiso richiudersi dietro di sé. La sua mente anelava al Paradiso Perduto e ben presto capì che non gli era possibile continuare con la vita di tutti i giorni come se niente fosse accaduto, anche perché l’LSD gli aveva infuso la paura della manipolazione mentale, che fino a quel momento non aveva mai provato (perché l’LSD tende a portare all’estremo lo stato d’animo del viaggiatore, che sia gioioso oppure tetro, e una guida inesperta o “tendenziosa” può farne incagliare la coscienza in pensieri negativi e ossessivi; e perché in precedenza era stato lui il Sacerdote durante le sedute psichedeliche e invece in quest’occasione era stato Hollingshead a guidarlo e questo, forse, lo aveva reso non proprio obiettivo nei suoi confronti). Lasciò Harvard e il progetto di riabilitazione dei detenuti delle carceri. Lasciò, di fatto, la società americana – in quello che potremmo quasi definire un esilio monastico, alla scoperta di se stesso e della realtà, che però quella stessa società gli avrebbe fatto pagare molto caro. Di lì a un anno Leary provò anche il DMT, o dimetiltriptamina, il più potente psichedelico all'epoca conosciuto, in grado di provocare un viaggio di durata molto più breve (circa trenta minuti) ma di intensità molto maggiore di qualsiasi altra sostanza: la “droga nera” che terrorizzava perché sembrava far precipitare in una “zona d'inferno” del sistema nervoso (in base a teorie di geografia neurologica allora in fase di studio in risposta all'annoso problema degli universali. Dio e il Diavolo sono fuori o dentro? L'LSD causa una psicosi o un orgasmo multiplo? Il DMT sprofonda in orrori neurologici o innalza a livelli nuovi di satori?). Anche se molti soggetti riportarono esperienze spiacevoli con il DMT, o peggio, quella di Leary non fu negativa e concorse a fargli codificare i punti salienti del suo pensiero.

Timothy Leary and William Burroughs, Lawrence, Kansas, Friday, March 13, 1987, 8:30am, Photo © Philip Heying.


Un altro capitolo molto interessante de “Il Gran Sacerdote” narra della frequentazione di Leary con William “Billcattivo” Burroughs e di come poi i due si allontanarono l'uno dall'altro, ma gli spunti sono moltissimi e volendo continuare su questa falsariga potrei parlarvi di questo libro a lungo, ma mi fermerò qui. Delle opere di Leary che ho letto questa è l’unica che abbia un vero impianto/intento narrativo, e credetemi, il suo Autore non era solo intelligente, aperto di mente e colto, ma sapeva anche scrivere dannatamente bene, perciò non voglio rischiare di rovinare il piacere della lettura a chi decidesse di cimentarsi con questo testo. Ci sono comunque sufficienti spunti per proseguire il discorso in seguito, quando analizzeremo altre sue opere. Ora vedremo invece che, quando Leary parlava di fungo come “sacramento”, intendeva proprio riallacciarsi all’origine delle religioni, oltre che alle religioni delle origini. Non occorre cercare troppo a lungo: quello che ci interessa è molto, molto più vicino di quanto la maggior parte della gente possa immaginare. 
È notorio che il fungo fosse il simbolo di una religione praticata dalle popolazioni dell’America Centrale e in molti altri luoghi e, ove questo non fosse disponibile, venivano usati altri psicoattivi. Si pensi alla famosa triade di piante-dee del Messico della quale, oltre al teonanacatl, un fungo del genere Psilocybe il cui principio attivo è la psilocibina, facevano parte peyotl e ololiuhqui. Il peyotl è un cactus noto anche come “mescal buttons”, il cui fusto contiene mescalina e altri alcaloidi come pellotina, lofoforina, eccetera (c'è poi un “Mescal” dei nativi americani: propriamente detta Sophora secundiflora, questa pianta dà dei frutti psicoattivi grazie alla presenza di citisina). L'ololiuhqui o “fiore della vergine”, il cui nome scientifico è Rivea corymbosa, è una pianta rampicante i cui semi contengono ergina, un alcaloide molto simile all'LSD nella struttura chimica e negli effetti. Per restare nel continente americano, va ricordato che dalla pianta sacra degli Incas, la “Madre Coca”, deriva un principio attivo che viene considerato una delle “pesti” dei tempi moderni: la cocaina. Come abbiamo visto in questo articolo, fu il nostro Paolo Mantegazza a introdurre questa sostanza in Europa. 
L'Amanita Muscaria veniva utilizzata nello sciamanismo nord europeo tanto dai vichinghi quanto dagli sciamani siberiani. I lettori storici del blog ricorderanno certamente che accennai all'Amanita Muscaria già in questo vecchio post: i tempi per un discorso più articolato sugli psicoattivi non erano ancora maturi e in quell'occasione sarei andato troppo fuori tema, ma in quel post si accennava ai guerrieri-lupo e guerrieri-orso scandinavi (úlfheðar e berserkir) e a come probabilmente la loro furia nella battaglia fosse in parte indotta dall’ingestione di sostanze psicotrope come la muscarina e altre molecole perfino più intossicanti contenute appunto nell'Amanita Muscaria, oltre che alla credenza diffusasi in epoca cristiana che coloro che erano in preda alla “furia dei berserkir” fossero in realtà posseduti dal demonio (del resto, il nome popolare di “ovolo malefico” attribuito all'Amanita Muscaria la dice lunga sulla sua reputazione). L'articolo proseguiva accennando a guerrieri molto bellicosi della mitologia indoiranica in qualche caso definiti “lupi a due zampe” e keresa (“briganti, vagabondi”). La bevanda sacra (Haoma) del culto guerriero della dinastia persiana degli Archemenidi, ma diffusa già nel periodo zoroastriano, conteneva infatti Amanita Muscaria, e questo fungo era anche il principale ingrediente del Soma dei brahmani indiani. Qualche paragrafo più avanti, alla ricerca di spiegazioni plausibili al fenomeno della licantropia, si parlava del fatto che accanto a chi assumeva sostanze psicotrope di proposito, nel corso di rituali sacri, c'era anche chi lo faceva inconsapevolmente: molte sono contenute in certe varietà di funghi, ad esempio nel fungo allucinogeno Claviceps purpurea presente nelle graminacee e in particolare nella segale, la cosiddetta segale cornuta, alimento “povero” col quale anticamente, soprattutto nel nord Europa e soprattutto nei ceti medio-bassi, veniva fatto il pane. Analogamente a un parassita, questo fungo infesta la pianta della segale fino a provocare la crescita di escrescenze sulle spighe, dei piccoli corni che contengono alcaloidi velenosi del gruppo delle ergotine (tra cui l'acido lisergico, la base dell’LSD) che interferiscono con il sistema nervoso centrale. La segale cornuta è la causa di un'intossicazione potenzialmente mortale detta ergotismo o "febbre del pellegrino". Va sottolineato che fu proprio grazie all'analisi della segale cornuta e di un'altra pianta medicinale, la scilla marina, che il chimico svizzero Albert Hofmann isolò e sintetizzò l'LSD, e negli anni Cinquanta ipotizzò che anche il kykeón, o ciceone, la bevanda a base di segale cornuta utilizzata durante i riti Eleusini, avesse effetti psicoattivi. Prima o poi ne riparleremo...Senza scendere troppo nel dettaglio, psicoattivi a scopo estatico erano diffusi fra i Celti e i Traci, gli Egizi e i Babilonesi, i Sumeri, nel Mitraismo e nel culto dionisiaco; in Arabia come in Medio Oriente e in Africa, Australia, Cina, Polinesia e Nuova Guinea e naturalmente… in Europa. In molti luoghi li si utilizza ancora, e non solo perché al mondo resistono alcune società tribali: non dimentichiamo che, anche se oggi hanno perduto ogni facoltà psicoattiva, oppio, alcol e tabacco in tempi remoti erano sostanze sacre che permettevano il contatto con il divino. 
Meno noto è il legame del fungo con la cristianità, sebbene in molti siano ormai convinti che il primo Cristianesimo derivi i suoi riti e persino le sue festività da quelli del Mitraismo o comunque da culti pagani preesistenti. Se ci fossero dubbi in proposito, a provarlo sarebbero le numerosissime evidenze di rappresentazione di funghi nell’arte cristiana (ne parleremo meglio, spero, più avanti). Mentre Timothy Leary in America esperiva i vari tipi di viaggi psichedelici che fecero da prodromi al suo pensiero, il ricercatore inglese John Marco Allegro elaborava la sua teoria “fungocentrica” partendo da basi del tutto diverse: quelle filologiche. Allegro (1923-1988) fu etimologo, linguista e, appunto, filologo e fu piuttosto noto per il suo lavoro sui Rotoli del Mar Morto ma soprattutto per le sue controverse teorie, a causa delle quali si dimise dai suoi incarichi accademici prima di dare alle stampe “Il fungo sacro e la croce” (The sacred mushroom and the cross), il saggio del 1970 che esamineremo a breve.I più attenti avranno notato che questo titolo, una lettura che ci accomuna, compariva nella lista dei cento libri di formazione stilata da me e Simona tempo fa. Di fatto mi ero già imbattuto nel nome di Allegro anni prima nel leggere delle clamorose evidenze, contenute proprio nei Rotoli del Mar Morto, dell'appartenenza di Gesù alla setta degli Esseni e di altri fatti collegati, ma questa lettura mi ha folgorato, perché qualsiasi cosa possa essere stata detta o scritta a proposito delle origini del Cristianesimo impallidisce – letteralmente - di fronte al contenuto di questo saggio. “Il fungo sacro e la croce” contiene ipotesi così rivoluzionarie che avrebbero dovuto far tremare il Vaticano, ma così non fu. O forse sì, ma il tutto finì in una bolla di sapone. Non c'è di che stupirsi: in questo mondo ciò che non si comprende, magari perché così avulso dalla propria mentalità e cultura da non poter essere neanche lontanamente non dico accettato, ma anche solo preso in considerazione, viene rifiutato e osteggiato, e spesso messo in ridicolo. È proprio ciò che successe in questo caso, e la cosa bizzarra (ma anche no) è che i primi detrattori di Allegro furono proprio i suoi colleghi accademici, incluso quel R. Gordon Wasson che, da micologo autodidatta, svolse tali e tante ricerche in materia da essere infine riconosciuto ufficialmente come il padre fondatore dell'etnomicologia, la scienza che studia il rapporto dell'uomo con i funghi. Le autorità ecclesiastiche, se mai scesero in campo contro Allegro, lo fecero in modo occulto, indirettamente. Allegro guadagnò di certo fama e denaro dal suo libro, ma lo scandalo col tempo venne fatto tacere. Comunque, se siamo qui a parlarne è perché chi vuole informarsi ha ancora i mezzi per farlo. La versione cartacea di quest’opera è fuori catalogo da molto tempo, ma è possibile reperirla in inglese a prezzi accessibili, anche se in realtà gran parte del contenuto è molto tecnico e per comprenderne i punti salienti è sufficiente (e forse anche più semplice) fare una rapida ricerca in rete fra i siti che ne parlano, oppure attendere il resoconto che sto per proporvi qui sul blog. 
Ma che cosa dice questo saggio di così sconvolgente? In breve, proprio che il Cristianesimo derivi dai culti preistorici della fecondità del Vicino Oriente antico, culti che si basavano su riti sessuali e sull'utilizzo di sostanze psicotrope, e che Gesù non sia mai esistito realmente, ma sia solo un simbolo utilizzato per celare la verità esoterica legata alla religione che stava nascendo (il Cristianesimo, appunto). I Cristiani sarebbero però divenuti vittime del proprio stesso inganno avendo perso, a un certo punto della propria storia, la capacità di decifrare i messaggi occultati nei testi sacri. Per comprendere bene i concetti che Allegro aveva deciso di svelare al pubblico, la reale portata di queste conclusioni e come egli vi sia arrivato, occorre fare un salto temporale a ritroso di qualche millennio fino ai tempi in cui prosperava una civiltà per molti versi ancora misteriosa come quella sumera, ma esaminare anche l'origine e lo scopo delle religioni primigenie. Sarà bene anche spendere qualche altra parola su John Marco Allegro, l'autore del saggio.CONTINUA