Le alternative in difesa di Venezia dunque si riducono a: un canale alternativo, un porto fuori laguna, o un canale esterno rispetto alla Giudecca per il transito delle navi da crociera, le cui vibrazioni minacciano costantemente le antiche fondazioni degli splendidi palazzi sui canali. Tutte e tre le ipotesi richiedono istruttorie, studi di sostenibilità economica – davvero ardua – e ambientale, nessuna sarà pronta nel migliore dei casi prima di tre o quattro anni. Il nuovo porto petroli fuori Laguna dovrebbe costare da solo un miliardo e mezzo di euro. Ecco perché intanto, per contenere i danni, Orlando propone il numero chiuso, pur ammettendo che l’operazione potrebbe risultare alquanto difficile.
Intanto la Commissione Europea, a cui si appella il comitato “No Grandi Navi a Venezia”, ha chiesto alle autorità italiane tutta la documentazione sugli incidenti che ultimamente hanno coinvolto le navi colossali in città: quando Carnival Sunshine ha sfiorato Riva dei Sette Martiri, e ha incrociato in Laguna MSC Divina, 140mila tonnellate di stazza. Helen Kearns, portavoce del commissario ai trasporti Siim Kallas, ha ripetuto che il controllo di porto e canali spetta in prima istanza alle autorità italiane, «che sono obbligate a stabilire la realtà dei fatti. Perché la sicurezza è la prima priorità».
Fonte: L’agenzia di viaggi