Ornaghi, comunione e sponsorizzazione

Creato il 12 marzo 2012 da Albertocapece

Anna Lombroso per il Simplicissimus

La poltiglia miserabile di vizi che diventano virtù, difetti che diventano valori, non è stata spazzata via dal cambio di governo. Così l’incompetenza proclamata viene esibita come una civettuola distanza dalle miserie del mondo e della politica, inviolabile e incorruttibile da pressioni provenienti da un “basso” separato e indesiderato.
“non so cosa siano i Beni culturali” confessò al momento dell’incarico Lorenzo Ornaghi indispettito – e questo la dice lunga – di essere stato retrocesso dalla Pubblica Istruzione a governare il più cospicuo patrimonio artistico mondiale presente su un territorio nazionale, ma che si sa non si può mettere tra due fette di pane, non si mangia e di conseguenza è inutile a meno che non si possa mettere sul mercato, svenderlo e liberarsene, perché come dicono le squinzie televisive nelle interviste, la bellezza è un peso, un ingombro, una fatica, se non si trasforma in quattrini. E in fondo che Beni sono se non danno profitto?

Li sento già i fan dei tecnici: ma mica rimpiangerai Bondi, o Galan. E ci siamo con i paragoni, come se in questo Paese non fosse possibile raggiungere una desiderabile normalità, e fossimo condannati alla sgangherata cialtronaggine di Bondi, all’affaccendarsi spaccone e celibe di Galan oppure alla figura che si confonde col muro vetusto del Collegio Romano di Ornaghi.
In realtà da un professore di Scienze Politiche non ci aspettavamo un expertise di crocifissi contesi o dei puntelli per tenere su Pompei, ma – sarà un tecnico per qualcosa no? – ma una normativa sul cinema, una legge quadro sull’architettura, l’ammodernamento delle leggi in difesa del paesaggio, misure a sostegno dei conservatori e della lirica. O almeno qualche azione spot per combattere qual particolare tipo di evasione, frode, corruzione, criminalità che agisce quotidianamente indisturbato tramite edificatori, insospettabili proprietari di mansarde e appartamenti, tombaroli, falsari, monnezzari e tutta una folta popolazione di malavitosi privati che non si arrende all’idea che l’arte, la natura, sono un bene pubblico e comune. Non essendo un fautore dell’omicidio del chiaro di luna e di Marinetti cui Venezia era invisa, si poteva auspicare la spesa di una dichiarazione di intenti, anche di quelli cari alla compagine governativa cui non è detto seguano gli atti, per interdire il passaggio delle maxi- navi in Bacino San Marco.

C’è chi sospetta che la sospettosa diffidenza nei confronti della cultura, sempre stata in mano ai comunisti, direbbe Bondi, e della bellezza fisiologicamente legata al peccato, derivi da una non dissimulata adesione a CL e da una altrettanto esplicita e combattiva attivismo contro “la dittatura relativista della cultura laicista”. A dimostrazione che quel po’ di cultura superiore a quella dell’aedo di Silvio può diventare un rischio se non un colpa.
E c’è chi lo accusa di delegare in bianco a potentissimi “cardinali”, Nastasi figura onnipresente e commissario simultaneista in teatri e fondazioni, Cecchi discusso promoter della concessione del Colosseo all’elegante ciabattino e incauto acquirente del Crocifisso attribuito a Michelangelo, o Carandini che magistralmente persegue una stretta relazione tra pubblico e privato tanto che si è stanziato risorse pubbliche per restaurare il castello di famiglia, peraltro interdetto al pubblico.

Ma in realtà andrebbe accusato di essere organico spregiudicatamente e cinicamente a una ideologia, quella che ispira il governo del quale fa parte sia pure silenziosamente, che ha l’istinto a offendere diritti e valori, umani e umanistici. Quelli del lavoro, quelli della solidarietà, quelli dell’istruzione. Governi sempre più consegnati al profitto trascurano e hanno in odio quei saperi che sono indispensabili per la libera espressione delle persone e per il mantenimento della democrazia. Non è casuale, pare proprio che in tutti i modi perseguano una visione del mondo popolata di docili macchine anziché cittadini a pieno titolo, così da rendere le generazioni a venire acritiche del potere, sorde alle sofferenze, cieche alla bellezza, probabilmente incuranti della felicità.
Qualche giorno fa il Sole 24 ore si è fatto promotore di una costituente della cultura prontamente sottoscritta dai ministri Passera, Profumo e, ovviamente, Ornaghi. Non è difficile né malizioso immaginare quali possano essere principi ispiratori e intenti: una privatizzazione progressiva e una monetizzazione dei beni culturali con il fine di socializzare le perdite e privatizzare gli utili, senza creare posti di lavoro, ma mettendo a frutto un vasto precariato intellettuale. Grazie anche al proliferare di concessioni e appalti dei servizi e una politica di grandi eventi “pesanti”, che annientano la centralità delle istituzioni culturali e ne minano l’autorevolezza.

Un bellissimo libro di Martha C. Nussbaum intitolato Non per profitto, che reca come sottotitolo “perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica”, denuncia al silenzio intorno a una crisi strisciante, globale, inosservata e pericolosa per il futuro di tutti, quella dell’istruzione. Sedotti dall’imperativo della crescita illimitata e delle logiche contabili della finanza al servizi odi profitto e accumulazione, i governi operano tagli sulla cultura. Così mentre il mondo si fa più complesso gli strumenti per comprenderlo si fanno più poveri, inadeguati e disumani.
Ha ragione, dobbiamo difendere la conoscenza, quella che nutre la libertà delle parole e del pensiero, quella che garantisce l’autonomia del giudizio, quella che alimenta l’immaginazione, anche quella della speranza del futuro.


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