Oronzio De Donno jr: deputato salentino della “destra storica”

Creato il 16 marzo 2011 da Cultura Salentina

di Emilio Panarese

Oronzio De Donno jr. (Maglie, 1819 -1886) - foto Arch. Priv. di E. Panarese

La bibliografia sulla figura e l’opera del patriota e deputato magliese  O. De Donno jr. è, si può dire, piuttosto ricca, ma quasi tutti gli storici che hanno scritto di lui sono stati, secondo noi, piuttosto vaghi sullo svolgimento della sua maturazione politica. C’è chi afferma che egli, appena ventenne, trovandosi a Napoli per ragioni di studio, nel 1839, sia stato uno degli affiliati della ‘Giovine Italia’. Esempi in famiglia di insofferenza verso l’assolutismo borbonico non erano mancati: il nonno Oronzio, insigne ginecologo, aveva scontato con la prigione  e l’esilio l’accusa di ‘reo di Stato’ per aver aderito alle idee libertarie rivoluzionarie francesi nei moti napoletani del 1799; il padre Raffaele era stato carbonaro.

Le carte dell’archivio privato del patriota non sono sufficienti a provare se egli ebbe o no diretti contatti con ambienti mazziniani, né ci permette di crederlo la sola lettera superstite di pugno del Mazzini (oggi religiosamente conservata dai pronipoti del De Donno), a lui indirizzata e al suo compagno di sventura, Gennaro Simini, dall’esilio di Londra, nel 1858, lettera nella quale l’instancabile apostolo dell’Unità d’Italia lo esortava alla propaganda a favore della causa repubblicana (“Dovunque sono tre italiani, si uniscano alla bandiera, si accingano a vedersi regolarmente su ciò che potrebbe fare la causa”). A questa lettera – così sembra- non aderirono né il De Donno né il Simini. La fede nelle idee mazziniane forse era stata in O. De Donno solo un fuoco di gioventù. Qualche tempo prima aveva risposto, ma con un rifiuto, all’invito del messinese Giuseppe La Farina, che con Giorgio Pallavicino lavoravano per la Società Nazionale, che aveva per motto “Italia e Vittorio Emanuele”, cioè per l’unità e l’indipendenza italiana sotto Casa Savoia.

Io sarò con colui – sono parole del De Donno – che prima inalbererà assennatamente in Italia la bandiera dell’indipendenza, dell’unità, della libertà.

La fede in un radicalismo di sinistra di stampo mazziniano – se mai era stata salda in lui – era morta da un pezzo. Nella mente di O. De Donno si faceva pian piano strada l’idea liberale.

Ma i tempi difficili e politicamente incerti non gli pemettevano ancora di legarsi con nessuno. Oronzio De Donno era sì uomo di grande coraggio, di grandi slanci, portato all’azione, ma era anche uomo di una non comune onestà intellettuale e morale, uomo di un sano realismo: sulla linea dell’orizzonte politico voleva vederci chiaro.

La delusione per i continui insuccessi mazziniani e la crescente attrazione esercitata dal Piemonte monarchico e liberale avevano già messo in crisi il movimento mazziniano, per cui, persino molti democratici avevano abbandonato il Mazzini e guardavano con simpatia al Cavour. Il problema italiano non si poteva risolvere con gli eccessivi entusiasmi e i sacrifici eroici, eroici ma inutili. Sulla cieca fede negli ideali cominciavano già a prevalere, negli anni dopo il 1850, il senso della realtà e l’attenta valutazione dei fatti. La politica diplomatica, prudente, ma concreta ed efficace, del Cavour, affascinò molti italiani e affascinò sempre più O. De Donno, che dall’esilio tornò in Italia cavouriano convinto.

Ma procediamo con ordine. Torniamo indietro al ’48, all’anno del risveglio europeo, l’anno della fioritura della primavera dei popoli, l’anno che segnò una svolta decisiva anche nella vita di O. De Donno.

La notizia che Ferdinando II aveva promulgato nel febbraio del ’48 la Costituzione, con la quale avrebbe avuto inizio un ‘novello risorgimento’ destò a Maglie e in provincia solo stupore e qualche timido entusiasmo. Da noi solo pochi si dettero da fare: tra questi il magliese O. De Donno, che era il più attivo promotore  del movimento costituzionale a Maglie e uno degli animatori, a Lecce, del Circolo patriottico salentino, che faceva capo al gal-lipolino Bonaventura Mazzarella.

W. il Risorgimento italiano, W. la Costituzione, W. il Re, W. Pio IX°!: con questi audaci evviva iniziava il compromettente verbale, del quale  siamo riusciti a trovare in più pezzi la copia, nell’Archivio del Comune, tra carte ingiallite del tempo, con cui il 18 aprile del 1848, nella sala del soprresso ordine gesuitico (oggi sede del Liceo-ginnasio ‘F. Capece’) la giunta elettorale del Circondario di Maglie si riuniva per eleggere il presidente, che poi sarà il civilista F. Saverio Giannotta.

Ma le speranze di rinsaldare quella Costituzione che Ferdinando II°, dietro l’urgenza di grandiose dimostrazioni liberali, avceva concesso, e per la paura di perdere il trono, andarono presto deluse.

A Maglie, nel Salento, in tutto il Regno di Napoli, scoppiata la reazione, si dovette votare per la soppressione della Costituzione, che di fatto venne tacitamente abrogata nel marzo del ’49.

Grande sgomento negli animi di coloro che si erano schierati a favore, che si erano esposti in prima linea.

Il sindaco di Maglie, Francesco De Donno, prudentemente conservatore, in un suo discorso del novembre del ’50, giudicando la Costituzione addirittura “inutile e pericolosa” per aver prodotto –sono sue parole- “anarchia, spargimento di sangue e generale scompiglio”, esorta i consiglieri presenti a  “voler umiliare a S. Maestà il re Ferdinado II° una supplica per la revoca dello Statuto”.

Oronzio De Donno, che insieme con altri generosi si era dato un gran da fare tanto a Maglie quanto a Lecce, come segretario del Circolo patriottico, venne subito incriminato quale esponente del liberalismo leccese e con-dannato a trent’anni di ferri.

Riuscì ad evitarli, nascondendosi prima in varie case di amici (i Garzia di Maglie, i Leuzzi di Ruffano, i Maggiulli di Muro, i Modoni di Palmariggi) e poi fuggendo, nel ’51, dopo tre inutili tentativi, col Sisinni, a Corfù (1) e poi a Scutari, dove rimase sino al 20 luglio del 1860.

Tornato, come abbiamo detto, cavouriano dall’esilio, viene nello stesso anno nominato prima presidente del Consiglio patriottico provinciale e subito dopo presidente del Governo provvisorio di Terra d’Otranto. Per tale carica ha l’onore di partecipare sia alla Commissione inviata a Garibaldi per esprimergli la riconoscenza di tutto il Salento per la riacquistata libertà si a quella mandata, nell’ottobre del ’60, a Grottammare, sulla costa adriatica, in provincia di Ascoli Piceno, per esortare il Re a passare il Tronto e ad accettare l’offerta del Regno delle Due Sicilie. Sono anni di grande tensione politica.

Dopo la trionfale entrata a Napoli di Garibaldi, sorgeva il pericolo che Mazzini e i suoi convincesserro l’eroe dei due mondi a non cedere ai Savoia le terre liberate se prima non fosse stata convocata un’Assemblea costituente, che avrebbe deciso la forma di governo da dare all’Italia. C’era cioè il rischio che invece di un’Italia sola, se ne formasserro due: una a Nord, monarchica e moderata sotto Vittorio Emanuele II, e una a Sud, democratica e tendenzialmente repubblicana, sotto Garibaldi. Prima che fosse troppo tardi, Cavour tentò il gesto più audace della sua carriera politica: mandare trup-pe regolari a varcare la frontiera napoletana al comando di Vittorio Ema-nuele in persona.

Gli anni del ’60 e del ’61 furono i più belli del De Donno, anni di intensa attività, anni di riconoscimenti, di onori, di grandi soddisfazioni.

Rifiutata la nomina di prefetto di Lecce e di procuratore generale a Potenza e a Trani, accettò quella di presidente della Gran corte criminale di Lecce e quella di deputato del Collegio di Maglie. Quest’ultima elezione  gli pro-curò la forte emozione e la grande gioia di partecipare in Torino alla retorica seduta della proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo1861.

Da Torino così partecipava alla moglie Chiarina Starace la sua esultanza:

Questa mano che scrive, or ora gettava la sua palla bianca nell’urna, affer-mando l’Italia una e consacrando Vittorio Emanuele II° a Re! Le lacrime mi soffocano [...] ringrazio i miei elettori di avermi fatto partecipare a tanto atto!

Cinque giorni dopo veniva invitato ad un pranzo di corte dal Cavour, col quale ebbe cordiali, ma purtroppo assai brevi rapporti di amicizia (il grande tessitore si spegneva improvvisamnte tre mesi dopo).

Per cinque volte, dal 1867 al 1875,(2) con alcune interruzioni, Oronzio De Donno venne eletto deputato della Destra storica e come tale in Parlamento si batté (e fu la sua una battaglia difficile) e per l’approvazione della costruzione dei tronchi ferroviari Taranto-Brindisi, Zollino-Gallipoli e Lecce-Zollino-Maglie-Otranto. Ma si batté pure, perché i beni della duchessa Capece, prima devoluti ai Gesuiti, fossero gestiti dal Comune di Maglie e non dallo Stato.

Ebbe cariche ed incarichi di grande prestigio: nel ’61 Presidente della Corte d’assise di Lecce; nel ’62 Giudice di Gran corte civile, Consigliere di 1a categoria nella Corte d’appello di Trani, Presidente della Corte di assise di Lucera; nel ’63 viene trasfertito alla Corte di Appello di Napoli ed infine nel ’76 viene nominato Consigliere di Cassazione in Roma.

Tra i tanti riconoscimenti ricordiamo la nomina di Cavaliere mauriziano, di Cavaliere della Corona d’Italia, di Ufficiale mauriziano, di Commendatore della Corona d’Italia.

Nel ’69 il Municipio di Maglie gli decretava una medaglia d’oro per la sua battaglia in parlamento per aver ottenuto la conversione delle decime feudali e che la linea ferroviaria passasse per Maglie anzi che per Martano e Galatina.

La ferrovia Lecce-Maglie- Otranto, che nel 1868 era già un fatto compiuto, arrecò notevoli vantaggi alla sua città, allora capoluogo di un collegio elettorale, e che si vantava di avere, oltre ad una felicissima posizione geo-grafica, uno stimato ginnasio-convitto, un educandato femminile, un flori-dissimo commercio soprattutto di  oli e di pelli conce e crude.

La ferrovia, per merito di Oronzio De Donno jr., trasformò completamente Maglie, che si vide improvvisamente “ ingrandita, prospera d’indu-strie, ricca di commercio, animata da nuove fonti di vita e di progresso”.

Negli ultimi anni, non più deputato, s’interessò di ricerche storiche ed archivistiche. Vincenzo Ingravalle, eminente figura nel campo della cultura

popolare magliese, che del patriota fu amico, parente e collaboratore, lo aiutò a pubblicare su “Lo studente magliese”, una delle prime riviste scolastiche stampate in Italia dopo l’Unità, le “ Carte vecchie di Maglie” e raccolse e stampò anche la lunga conferenza che il de Donno lesse nel 1882 nell’aula magna del Ginnasio-convitto ‘Capece’: Delle origini di Maglie in Terra d’Otranto.

Si spense quattro anni dopo, a 67 anni, fra il compianto generale. L’ammi-nistrazione  comunale di Maglie gli decretò solenni onoranze funebri e nel 1890 gli dedicò una via (l’antichissimna ‘via Varre’), cioè la via in cui si affaccia la sua casa natale. Nel centenario dell’Unità italiana sul muro della casa venne posta la lapide:

Fu nel 1848 / l’erede spirituale / del glorioso avo / nella passione / per la risorgente Italia. // Perseguitato ed esule / sino al 1860 //. Magistrato preclaro / deputato al parlamento / serbò sempre incontaminati / gli ideali civili /  dell’audace giovinezza  //. Maglie / che  a lui deve / opere provvide e feconde / ne onora la memoria / 1948 /.

Ma Maglie gli ha dedicato pure una scuola. La prima  a lui intitolata fu la Scuola tecnica.

Del bisogno di aprire a Maglie le scuole tecniche o “ scuole per i figli delle classi operaie per avviarli ai commerci, alle industrie, alla meccanica, alle arti, all’agricoltura”, si cominciò a parlarne, a Maglie, sin dal 1876, quando vi funzionavano soltanto le  elementari e il ginnasio. Ma solo nel 1910 poté funzionare, nelle aule sovrapposte al ginnasio-liceo, la Scuola Tecnica pareggiata “ Oronzio de  Donno”. (3)

Nella Piazzetta Francesca Capece un busto bronzeo, opera del celebre Antonio Bortone di Ruffano,  richiama alla nostra memoria i suoi ideali: l’o-nestà, l’integrità, il dovere, l’amor di patria.

Ai suoi figli Raffaele, Gennaro, Vincenzo, prima di fuggire per l’esilio, con l’animo turbato da mille pensieri, così scriveva:

Volgete i vostri studi a formarvi nella grande e sublime scuola del dovere [...] fate il vostro dovere, adempite a questa legge suprema. Amate la patria sopra quanto esiste di creato. Consacrate ad essa il vostro ingegno, le vostre forze, tutto sacrificate al suo meglio, tranne il vostro onore.

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  1. A Corfù conobbe e si legò di fraterna amicizia con Niccolò Tommaseo esule da Venezia.
  2. Secondo l’Annuario statistico nel 1874 gli elettori del Collegio di Maglie, che comprendeva pure Galatina, erano in tutto 1351 e appartenevano in gran parte alla borghesia terriera e professionistica (avvocati, notai, giudici, medici, farmacisti ecc.).Votarono solo 890 (quasi il 60%);  un terzo degli aventi diritto si astenne. Dei giornali leccesi il brunettiano Progresso e il Propugnatore condannavano l’esasperato fiscalismo della Destra e il malgoverno “che per 14 anni aveva reso gl’Italiani asini da carico sotto la sferza”. Sostenevano il De Donno e il governo il Cittadino leccese e la Gazzetta di Terra d’Otranto di Fedele Albanese. Nel ’76 la Destra in Terra d’Otranto non conquistò neppure un seggio e in tutti i nove collegi trionfarono candidati liberali progressisti.
  3. La Scuola tecnica “O. De Donno” divenne statale  nel 1922.  Con la Riforma Gentile del ’23 fu trasformata in Scuola complementare e poi nel ’29 in Scuola di Avviamento al lavoro sino al 1965. Nel 1961-’62 nei locali del vecchio Av-viamento funzionò una sezione di Scuola media unificata, divenuta nel ’63-’64 Scuola media statale e nel ’68 Scuola media statale “ O. De Donno”.

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