Questa piantina cresciuta spontaneamente in un ambiente così ostico, ci ha spinto ad una riflessione: ci siamo domandati quante fragole, quanti pomodori e quant’altra vegetazione si possa nascondere fra le case, i condomini e il cemento delle nostre città.
L’indagine è partita da una rapida ricerca su Google. Abbiamo così avuto modo di fare un interessante scoperta: l’iniziativa nazionale “Orti Urbani”, condotta da Italia Nostra in collaborazione con Ance e Coldiretti. Essa si configura come una campagna di sensibilizzazione della popolazione e si concretizza in un vero e proprio protocollo d’intesa con le amministrazioni Comunali che decidono di aderire al progetto. Esse, impegnandosi nell’iniziativa, studiano e portano avanti progetti di promozione degli orti in città nei modi, luoghi e tempi che più vengono ritenuti idonei secondo linee guida precise.
All’interno di questo contesto gli orti diventano una realtà sociale da diffondere: sono luoghi verdi di qualità, finalizzati a combattere il degrado, il consumo del territorio e la cementificazione, assumendo inoltre una configurazione sociale, urbanistica e storica, il tutto al fine di promuovere la tutela dell’ambiente.
Evaristo Petrocchi , responsabile nazionale per il progetto, ha redatto nel 2010 una relazione che possiamo ricondurre quasi a un manifesto emblematico del progetto. L’orto non viene inteso come una mera espressione botanica, ma vuole rappresentare la sovrapposizione e lo stratificarsi nel tempo di comportamenti umani in aspetti essenziali della vita sociale. Petrocchi, spaziando fra moltissimi aspetti, sociali, storici, economici, sanitari, didattici, ci offre una panoramica completa e illuminante.
Ma è la parte urbanistica, paesaggistica e architettonica quella che ci interessa di più. La pratica di “fare l’orto” è stata sdoganata negli ultimi tempi da personaggi conosciuti. Basti pensare a Michelle Obama, che al grido di “sano è bello”, sta cercando di costruire progetti per migliorare lo stile di vita dei bambini Americani. Davanti a quest’aria Glamour l’orto non è più solo passatempo per “over 65” ma attività molto attuale.
L’orto, nella cultura urbanistica Italiana ha sempre rivestito un ruolo importante. Basti pensare agli orti medievali dell’abbazia Benedettina di Assisi e agli Orti Jacobilli di Foligno, entrambi perfettamente integrati nel centro storico della città. Il ruolo di questi luoghi è molto più moderno di quanto si possa pensare. Gli orti hanno da sempre svolto una funzione sociale importante per le città, specie nei periodi di guerra o di crisi, in quanto contribuivano al sostentamento degli abitanti più poveri. Domandiamoci quindi perché quest’attività sta tornando tanto di moda in un periodo nero per l’economia Italiana.
A scala più ampia gli orti possono essere una riproduzione in miniatura del paesaggio italiano. L’orto è infatti una sorta di microcosmo rispetto al paesaggio agrario. Petrocchi evoca quindi le immagini di un famoso fotografo, Mario Giacomelli, che ha saputo meglio di altri far capire con le sue viste di campi arati e colline in bianco e nero, quanta cultura vi sia nel nostro paesaggio. Il paesaggio agricolo però tende a sparire a fronte della sempre più estesa cementificazione. Oggi la costruzioni di orti, più o meno ampi, può rappresentare un freno a tale distruzione “di massa”, quantomeno in funzione di riequilibrio ambientale di zone urbane o suburbane degradate.
www.mariogiacomelli.it
www.mariogiacomelli.it
La relazione completa e altra interessante documentazione sull’iniziativa nazionale “Orti Urbani”, può essere rintracciata qui.Altra simpatica iniziativa è il censimento “Orto per mille” condotto da Caterpiller, programma radiofonico di Rai Radiodue, qui.
UN CASO STUDIO: CONCORSO DI IDEE PER IL QUARTIERE CASANOVA A BOLZANO
Il concorso bandito dall’amministrazione di Bolzano nel novembre 2011 per il neonato quartiere popolare Casanova, ha richiesto ai progettisti un intervento che non si limitasse a creare solamente un "arredo urbano", ma l'ipotesi di un progetto che possa portare in futuro alla realizzazione di un parco catalizzatore di un progetto dialettico in divenire, che mantenga viva la percezione dell'intervento artistico, sensibilizzando l'attenzione degli abitanti e le loro necessità. La richiesta del bando valorizza lo spazio finalizzato alla progettazione, chiedendo ai progettisti uno sforzo superiore a quello generalmente previsto all’interno di un’opera pubblica: il parco deve essere concepito fin dalla sua genesi come elemento che oltre a determinare un polo attrattore di socialità, definisca un nuovo concetto di fruizione degli spazi attraverso l’arte pubblica.
Il caso studio che vi proponiamo è stato portato avanti dal gruppo padovano Archi4, in collaborazione con altri giovani progettisti Veneti.
Il progetto in prima analisi ha attinto alle richieste del bando. Si è pensato all’arte pubblica come una nuova forma sociologica di quello che è l’atto espositivo, attraverso la realizzazione di lavori artistici in spazi non deputati. Questo tipo di concetto si attua attraverso delle installazioni temporanee, realizzate in appositi spazi che permettono l’interazione con le persone attraverso lo strumento del concorso. I visitatori del parco hanno così modo di determinare l’opera vincitrice attraverso il proprio voto. In secondo luogo il progetto prevede di inserire l’orto come strumento di lavoro: esso non è altro che un diverso modo di fare arte pubblica attraverso l’intervento dell’uomo e le trasformazioni stagionali. Tale aspetto, determinante all’interno del ciclo naturale della coltivazione, si estende agli aspetti inanimati del progetto prevedendo elementi di arredo e completamento flessibili e multiformi.
Per fare tutto questo il gruppo di progettazione ha attinto alla pittura neoplasticista di Mondrian: Il dipinto diventa la “pianta” e permette di portare arte dentro l’arte: quadrati colorati e bianchi ove sviluppare le funzioni; linee, strumento attraverso il quale prendono vita i percorsi.
La maggior parte della superficie del parco viene quindi destinata ad orti. Il vero punto di forza possono diventare gli strumenti utilizzati per la coltivazione stessa. I grandi contenitori deputati ad accogliere le coltivazioni saranno realizzati con i pallet, in un ottica di riutilizzo di materiali destinati al macero o comunque senza un impiego futuro oltre quello per cui vengono previsti. Il progetto li valorizza trasformandoli in vasi, spalliere e panche, finalizzati alla coltivazione. L’ulteriore punto di forza è la possibilità di mobilitare tali elementi attraverso supporti a ruote. Questa scelta permette di determinare una estrema versatilità dell’immagine del parco, rendendolo sempre diverso e dotato di nuove configurazioni. Il mantenimento degli orti sarà a cura dei cittadini del quartiere che attraverso bandi o avvicendamenti ciclici potranno essere essi stessi parte del divenire del progetto.