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Ospedale di Lucera a rischio chiusura, Ivana D'Amelio: "Sarà colpa di noi donne?"

Creato il 30 marzo 2011 da Francesco74

CARLANTINO (Fg) – “Se l’Ospedale Lastarìa di Lucera dovesse essere ulteriormente depotenziato, come previsto dal Piano di riordino della rete ospedaliera pugliese, la colpa sarà di noi donne?”E’ questa la denuncia-provocazione di Ivana D’Amelio, vicesindaco e assessore del Comune di Carlantino. Il Piano di riordino degli ospedali di Puglia e il Piano ministeriale Fazio sui cosiddetti ‘punti nascita’ dovrebbero portare, a breve, alla chiusura del reparto di Pediatria del nosocomio lucerino e molto probabilmente in un prossimo futuro alla dismissione del reparto di Ostetricia. Il Ministro della Salute, lo scorso novembre, ha presentato un piano che individua in 500 il numero minimo di parti che ogni ospedale deve garantire per non chiudere il reparto di Ostetricia. Per l’ospedale lucerino, che non presenta questi numeri, alla luce di queste scelte si prospetta un forte ridimensionamento e quindi il rischio di avere in dotazione meno di 220 posti letto, limite al di sotto del quale sarebbe chiuso l’intero presidio. La questione è stata al centro di un dibattito ospitato nel teatro Garibaldi di Lucera lunedì 28 marzo, presenti i sindaci di Lucera e di gran parte dei comuni dei Monti Dauni.Il direttore sanitario, Franco Mezzadri, ha spiegato che il numero dei parti effettuati nel nosocomio lucerino è in calo, per una diminuzione generalizzata delle nascite in Italia, ma anche perché in molti casi le donne di questo territorio decidono di partorire altrove. Tra le cause del fenomeno – ha specificato Mezzadri – vi è la difficile situazione lavorativa delle dipendenti del reparto di Ostetricia. Situazione che spesso mette in difficoltà la gestione dell’intero reparto. In seguito al blocco del turnover del personale, imposto alle pubbliche amministrazioni per garantire un risparmio della spesa pubblica, nel settore sanitario oltre al mancato ricambio degli operatori che vanno in pensione è prevista anche la mancata sostituzione del personale che si assenta per malattia o per maternità. In sostanza, le lavoratrici che operano nell’ospedale non sono sostituite quando impossibilitate a lavorare dal loro stato di gravidanza e, in un reparto in cui il personale è composto per la stragrande maggioranza da donne, questa circostanza può costituire un disservizio. “Tutto questo è semplicemente sconcertante” – afferma Ivana D’Amelio – “Le donne di questo territorio, sono già costrette a partorire in situazioni di difficoltà legate alla distanza dall'ospedale, alla carenza di personale, alla difficoltà di garantire un’adeguata assistenza neonatale. Ma è assolutamente inconcepibile che il peso dei tagli e le conseguenti difficoltà vengano in questa situazione ulteriormente scaricate sulle donne, che si tratti di medici, ostetriche o di semplici pazienti. E’ sulle donne che si vuole far gravare il peso delle inefficienze e i limiti del nostro sistema sanitario, soprattutto nel momento in cui, tra tante difficoltà, esse decidono di mettere al mondo un figlio. Le lavoratrici dell’ospedale lucerino, sapendo che non saranno sostituite in caso di gravidanza, vedono di fatto limitato il loro diritto alla maternità e devono sentirsi addirittura responsabili di situazioni che potrebbero portare alla chiusura dell’intero ospedale. Trovo che la cosa sia assolutamente deprecabile e mi chiedo se la nostra Costituzione - che garantisce l’uguaglianza dei cittadini, la tutela del lavoro e quella della maternità – possa essere ancora oggi così malamente oltraggiata.E’ un sistema ipocrita il nostro, che da una parte lamenta il calo delle nascite, la perdita dell’”italianità”, e dall’altro favorisce la denatalità con scelte che mortificano le donne come cittadine e lavoratrici.  Il paradosso è che le donne sono colpevoli perché fanno pochi figli, e quindi non garantiscono i numeri necessari a un sistema che ormai guarda solo alle grandi realtà, e sono ugualmente colpevoli quando i figli decidono di farli, perché mettono in difficoltà un sistema economico che non è in grado di sostituirle. La mia denuncia la faccio in qualità di amministratrice, ma soprattutto di donna, una donna che, come tante negli ultimi tempi, a Carlantino e nella nostra Regione ha deciso di impegnarsi in prima persona nelle questioni attinenti lo sviluppo sociale, culturale ed economico dei nostri territori, volendo dare un segnale forte di determinazione e rivendicazione della propria identità all’interno della società”. 

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