Desta curiosità l’anomalia di un capo devoto ad una religione non seguita dalla sua popolazione. Forse Gregorio Magno ha esagerato a dire che tutti i barbaricini fossero ancora pagani; probabilmente, il cristianesimo era già penetrato, ma stentava a diventare egemonico e si trovava davanti la persistenza di riti che urtavano la morale cristiana. In ogni caso, l’evangelizzazione andò avanti, cercando, per quanto possibile, di riadattare luoghi e modi di culto tradizionali al cattolicesimo. Nella lettera, Gregorio Magno non fa alcun riferimento alle circostanze della conversione, né alla località in cui si era stabilito Ospitone. Impossibile stabilire se la conversione fosse dovuta a un sentimento sincero, a un calcolo diplomatico o ad altre cause. Per quanto riguarda la localizzazione, diverse zone rivendicano la discendenza dal Dux Barbaricinorum. In particolare, Ollolai con la sua Barbagia per la vicinanza con Forum Traiani, in cui Giustiniano aveva fatto stabilire un presidio militare per tenere a bada le incursioni dei barbaricini. Anche Seulo rivendica convintamente d’essere la patria di Ospitone, per via di un congedo, inciso nel bronzo, di un marinaio di Cagliari, Tarcutius Hospitalis, ritrovato nel paese e risalente a qualche secolo prima della lettera: Ospitone sarebbe dunque un discendente della famiglia Hospitalis e da essa deriverebbe il suo nome.
Per quanto scarna di dati, la vicenda di Ospitone, oltre a dare l’avvio alla diffusa conversione dei barbaricini, è una cartina di tornasole per evidenziare i rapporti sempre conflittuali tra i colonizzatori e i sardi dell’interno. Il riconoscimento dell’autorità territoriale da parte del Papa indica il grado di autonomia di queste popolazioni, rispetto ai dominatori, i quali potevano ambire al massimo ad un’occupazione nominale, più che effettiva, del territorio. La stessa pace con Zabarda, verosimilmente, dovette garantire in qualche modo la preservazione di una certa autonomia, per essere accettata da Ospitone. Una pace, comunque, che non significò la fine definitiva delle ostilità, sempre pronte a scoppiare per ogni questione, come l’esosità dei burocrati bizantini, lamentata da Gregorio Magno nella sua corrispondenza con l’Imperatrice Costantina.
La lettera di Gregorio Magno a Ospitone:
« Gregorius Hospitoni duci Barbaricinorum.Cum de gente vestra nemo Christianus sit, in hoc scio quia omni gente tua es melior, tu in ea Christianus inveniris. Dum enim Barbaricini omnes ut insensata animalia vivant, Deum verum nesciant, ligna autem et lapides adorent; in eo ipso quod verum colis, quantum omnes antecedas, ostendis.
Sed Fidem, quam percepisti, etiam bonis actibus et verbis exequi debes, et Christo cui credis, offerre quod praevales, ut ad eum quoscumque potueris adducas, eosque baptizaris facias, et aeternam vitam deligere admoneas.
Quod si fortasse ipse agere non potes, quia ad aliud occuparis, salutans peto, ut hominibus nostris quos illuc transmisimus, fratri scilicet et aepiscopo meo Felici filioque meo Ciriaco servo dei solatiari in omnibus debes, ut dum eorum labores adiuvas, devotionem tuam omnipotenti domino ostendas, et ipse tibi in bonis actibus adiutor siti cuius tu in bono opere famulis solatiaris, benedictionem vero Sancti Petri Apostoli per eos vobis trasmisimus, quam peto ut debeatis benigne suscipere. »
(IT)« Gregorio ad Ospitone, capo dei Barbaricini.Poiché nessuno della tua gente è Cristiano, per questo so che sei il migliore di tutto il tuo popolo: perché sei Cristiano. Mentre infatti tutti i Barbaricini vivono come animali insensati, non conoscono il vero Dio, adorano legni e pietre, tu, per il solo fatto che veneri il vero Dio, hai dimostrato quanto sei superiore a tutti.
Ma dovrai mettere in atto la Fede che hai accolto anche con le buone opere e con le parole, e al servizio di Cristo, in cui tu credi; dovrai impegnare la tua posizione di preminenza, conducendo a Lui quanti potrai, facendoli battezzare e ammonendoli a prediligere la vita eterna.
Se per caso tu stesso non potrai fare ciò perché sei occupato in altro, ti chiedo, salutandoti, di aiutare in tutti i modi gli uomini che abbiamo inviato lì, cioè il mio “fratello” e coepiscopo Felice e il mio “figlio” Ciriaco, servo di Dio consolatore, e di aiutarli nelle loro mansioni, di mostrare la tua devozione nel Signore onnipotente, e Lui stesso sia per te un aiuto nelle buone azioni come tu lo sarai per i servi consolatori in questa buona opera, e tramite loro ti mandiamo veramente la benedizione di San Pietro Apostolo, che ti chiedo di ricevere con buona disposizione d’animo »
(Gregorio Magno, Epistula ad Hospitonem)