Otoko no hanamichi (Man's Flower Road)

Creato il 22 ottobre 2011 da Makoto @makotoster

Speciale Sono Sion
Otoko nohanamichi (男の花道, Man’s FlowerRoad). Regia, soggetto,sceneggiatura, suono, montaggio: Sono Sion. Fotografia: Suzuki Kensuke. Assistente alle riprese:Hirano Katsuyuki. 
Interpreti primaparte: Sono Sion, YamamichiKyousuke, Fujiwara Akira, Yamamoto Kotetsu, Hida Michiko, Kawanishi Hiromi. Interpreti seconda parte: SonoSion, Kawanishi Hiromi, SonoMichika, Sono Izumi, Sono Otoki. Durata: 110’. Anno: 1986.Link: Sito ufficiale di Sono Sion (in giapponese)
Primolungometraggio di Sono, vincitore del Gran Premio al PIA Film Festival del 1987. Giratoin super 8 e diviso in due parti, il film mostra momenti di vita di un giovanestudente che frequenta l’università e vive con la famiglia in una casa diperiferia. Ciò che contraddistingue e unisce le varie scene è una sorta di furenteinquietudine del protagonista.Laprima parte, il cui titolo richiama nel significato quello del film, ritrae ilprotagonista pervaso da un accanimento furioso che fugge in continuazione daglialtri senza motivo evidente. La maggior parte delle scene, girate a Tōkyō,riprendono persone in corsa, quasi a trasmettere fisicamente la sensazione diun’ansia bruciante. La secondaparte, completamente diversa dalla prima , si svolge in una città di provincia e dipinge i giorni in cui ilprotagonista tormentato lascia la casa per andare a Tōkyō sperando di aver fortuna. La maggioranza delle scene sonogirate nel buio o nella penombra e spesso l’immagine nasce da una lucina e dalsuo movimento, conferendo una sorta di placidità all’insieme. L’ansia rabbiosadella prima parte viene qua a essere contrappuntata da una più meditatatranquillità che è però anche incertezza, non vedere, non sapere, rappresentatidalla penombra e dal buio. L’uso del colore e del bianco/nero sottolineal’alternanza di realtà, ricordo, sogno. Quando il protagonista riprendel’azione e abbandona la casa, è di nuovo la corsa il movimento tipico dellascena, fino alla bellissima ripresa finale in cui egli corre verso unindefinito futuro lasciando dietro di sé la scia del suo passaggio. Una sciache esprime in maniera commovente l’impossibilità di tagliare definitivamenteil cordone ombelicale con la casa e la famiglia e che resta impressa nellamemoria dello spettatore in maniera indelebile.In entrambe le parti è fore la componente autobiografica. Come ha detto lo stesso regista: "eccetto Kawanishi Hiromi nel ruolo di mia sorella minore, recitano tutti i veri componenti della mia famiglia. Mia madre impersona mia madre, mio padre è mio padre, mia sorella minore è la mia amica. Ho dipinto con grande cura il senso di impazienza dei giorni in cui andavo e venivo di casa senza dire niente a nessuno e ai quali oggi guardo quasi con nostalgia". È un film in cui ciò che conta non ètanto la storia che viene narrata quanto il tentativo di rappresentare lo statod’animo di un giovane venticinquenne arrabbiato e inquieto. “La prima parte - continua Sono - è roba che ha ripreso il mio inaudito stile di vita di allora così com’era. Urlo, corro a perdifiato, mi azzuffo, mi denudo, mi slancio completamente nudo nel campus universitario, distruggo. (...). Più che una storia ho scagliato rabbiosamente sullo schermo l’energia vitale dell’hard core punk da cui allora ero molto preso. Ooshima Nagisa ha battezzato questo modo di girare 'direct cinema'”. Pur con le asperità e le imperfezionitipiche del lavoro realizzato da un esordiente con mezzi quasi di fortuna,il film riesce a elevare la narrazione autobiografica a rappresentazione di unacondizione esistenziale. In questo, Sono mostra fin dall’esordio unasensibilità e una creatività non comuni. Fra i vari aspetti che si ritroverannopoi in forma matura nei film successivi, piace ricordare l’introduzione dielementi grotteschi, un notevole controllo delle riprese con luce naturalee l’uso di piccole luci nel buio o nella penombra a comporre contestivisivi saturi di emotività. [Franco Picollo]

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