Il primo alert di mister Google che ricevo nel 2014, mi segnala un articolo pubblicato ieri sulla versione digitale del quotidiano Trentino. Si tratta di una carrellata di opinioni dei produttori trentodocchisti sull’andamento del mercato nel 2013. Che mi pare raccontino di una situazione in cui prevalgono le luci sulle ombre. Questa, del resto, è anche la mia sensazione.
Intanto una conferma: la produzione di metodo classico trentino è stabile, e ferma, a otto milioni di bottiglie. Le mirabolanti previsioni che a suo tempo ci ammannivano Re Sole e i suoi fedelissimi propagandisti, restano quindi scritte nel libro dei sogni. E insieme vengono smentite anche le parole a vanvera di uno dei sacerdoti più ascoltati del vino trentino, che mesi fa parlava con sussiego di 14 milioni di bottiglie “tirate”. Ricordo che gli rivolsi uno sguardo incredulo, ma siccome eravamo davanti ad un pubblico internazionale, rimasi rispettosamente silenzioso.
Matteo Lunelli, presidente del Gruppo Ferrari, azionista di larga maggioranza del TRENTO, conferma che il 2013 tutto sommato è andato bene anche sul fronte degli ordinativi. Ieri scrivevoche il 2013 aveva segnato un bel passo avanti per il marchio: mi riferivo alla reputazione e alla riconoscibilità del brand. Non ai numeri. I numeri di Lunelli, infatti, ci dicono che sul mercato nazionale si è registrato un arretramento pari al 4/5 %, compensato da una timida crescita delle commesse all’estero. Il saldo, quindi, dovrebbe essere più o meno stabile.
Interessanti, soprattutto perché confermano la tenuta dei livelli di prezzo e quindi la buona rimuneratività della spumantistica classica trentina, anche le opinioni degli altri produttori intervistati, Paolo Dorigati (MethiuS), Elio Pisoni (dell’omonima e storica Maison di Pergolese, in Valle dei Laghi) e Paolo Endrici (Cantina Endrizzi). Di quest’ultimo, uno degli uomini del vino trentino che stimo di più e di cui apprezzo ampiamente tutte le bottiglie, riporto il virgolettato: “Le vendite non sono andate male ma è certo che il nostro Trentodoc, ha delle potenzialità straordinarie ma il gioco di squadra che abbiamo avviato con l’Istituto e il Consorzio deve essere rafforzato e potrà darci frutti molto interessanti”. Capisco che nella sua posizione – è a capo del settore marketing di Consorzio -, Endrici non possa dire altrimenti. E tuttavia, dico fuori dai denti che il passaggio in cui parla dei “frutti interessanti” del “gioco di squadra con Consorzio“, non mi persuade del tutto. Sono convinto, infatti, che il gioco di squadra e i buoni frutti, arriveranno solo se, e quando, l’Istituto riuscirà a smarcarsi definitivamente dall’ombra lunga ed esiziale di Consorzio. Non prima.
- Trentodoc, Capodanno tra luci e ombre