Sono le cinque e tre minuti. Con lentezza larvale, T. estrae una mano dal tepore delle coperte e la tende verso il pavimento. Tastoni, cerca la sveglia che continua a trillare insistentemente, ignara del fatto che mai niente sia sembrato più inopportuno alle sue orecchie. La trova, la spegne e si siede con gli occhi ancora chiusi. La schiena acciaccata a causa di quella specie di letto a mezza piazza. Accende la lampada e si copre gli occhi con un pupazzo che si porta dietro da quando aveva due anni. Lascia che i suoi occhi si abituino alla luce; poi si alza, richiude il letto, estrae il tavolino e scalda un po' d'acqua per il caffè solubile. Nel mentre, apre uno dei piccoli oblò che dovrebbero fungere da finestre; si abbassa, guarda fuori. La notte è ancora li, densa. Pure la foresta è ancora li. Il freddo del mattino che deve ancora venire la colpisce in viso, tirandola fuori da quel sonno comatoso in cui ogni notte si lascia morire. Le altre roulotte sono ancora cieche e addormentate. Solo una, lontana, sembra essersi svegliata da poco, come lei. Dev'essere quella di Phil. Anche lui ha bisogno di alzarsi mentre il resto della troupe ancora dorme. Richiamata alla realtà dalla melodia soffocata dell'acqua che bolle, chiude l'oblò, spegne il fuoco e prende da un uncino fissato alla parete la tazza a righe blu e gialle, ci versa la polvere scura e poi l'acqua. Mentre mescola con la mano destra, con la sinistra cerca su un ripiano una scatola di cartone, senza alzare gli occhi. La riconosce al tatto, la afferra e la appoggia vicino alla tazza. Poi indossa una vecchia giacca d'angora, prende il caffè, stringe a sè la scatola di cartone, e con la mano libera gira la maniglia della roulotte. Un gatto grigio se ne sta vigile sui tre scalini che conducono fuori da quella casa in miniatura. Aspetta lei. T., dopo essersi seduta, lascia uscire i croccantini dalla scatola, versandoli sul terzo gradino. Beve il caffe mentre il gatto grigio mangia il suo cibo, felice come non mai. Gatto grigio la osserva leccandosi i baffi. E' distratta, fissa il vuoto pensierosa. Gatto grigio spinge il musino contro il suo piede. T. gli sorride e lo lascia accovacciare tra le sue gambe. Fruga nelle tasche, afferra il telefono e lo accende. Un messaggio.
"Può forse una distanza materiale separarci davvero dagli amici?Se tu desideri essere accanto a qualcuno che ami, non ci sei forse già? Bach crede di si, e lo credo anch'io. Ho letto che il Minnesota è chiamato la terra dei 10.000 laghi. Pensare che sei sulle rive di uno di essi a realizzare i tuoi sogni, mi riempie il cuore di felicità. Auguri T. Ti voglio bene, un bene sconfinato. P.S. il vestito per la prima è quasi pronto. Sarai bellissima"Una goccia salata percorre le sue lentiggini come il Mississipi fa snodandosi tra i cordoni morenici del Minnesota. Sgorga da quei laghi blu che sono i suoi occhi e scende, fatta d'amore e di tristezza, sul suo viso d'alabastro, rendendola ancora più bella, ammesso che questo sia possibile. Si alza un po'di vento, lo stesso fa un angolo di sole, svegliati entrambi dal pianto silenzioso di T. D'improvviso sorride. Illuminata da un pensiero inconoscibile, riesce ad illumirare anche ciò che le sta intorno. C'è sempre riuscita. Sorride al gatto grigio, al sole, al vento. Sorride alla vita, ai suoi sogni che si stanno realizzando, a questi 27 anni che la guardano diventare la donna felice che da bambina sognava di essere. Sorride e sorseggia il suo caffè, mentre gatto grigio si addormenta tra le sue gambe.
E' così che me la immagino. Felice, nel pieno della vita, impegnata a girare un film indipendente chissa dove in America; fatta di luce, di risate, di quella bellezza che scaturisce da dentro. Lei e i suoi capelli color grano, gli occhi come due zaffiri, quel je ne sais quoi che emanava costantemente senza nemmeno saperlo, da cui le persone si sentivano istintivamente attratte. Questa avrebbe dovuto essere la sua vita.Avrebbe dovuto.Essere.Vita.
Auguri T. Ti voglio bene, un bene sconfinato.