Sono le nove del mattino.
Fuori il tempo fa quello che vuole,
fra pioggia e freddo improvviso.
Lui tenta di far finta di nulla.
E’ il suo giorno di riposo
così, solo, stappa una bionda.
Gira per casa come un cane
alla corda, ogni tanto
scarabocchia due righe
su un foglio.
Rolla una sigaretta,
la fuma
la bottiglia di birra finisce.
Scrive altre righe e tenta
di far rientrare in sé
quel maledetto senso
di solitudine,
di non pensare
all’autunno che assedia
la sua stanza.
Si gira una canna.
Cucina qualcosa,
tanto per fare.
Un uovo al tegame
e una bottiglia di rosso.
Mentre beve si gode
il dolce naufragio
verso il mare
mai burrascoso
dell’ottundimento,
si gode lo stordimento
che smussa il dolore.
Poi siede sul divano
con la bottiglia di vino,
di lato il foglio,
continua a scrivere,
la canna
accompagna il suo bere.
E mentre scrive pensa
che sarebbe bello
vedere gente
se solo gente ci fosse,
sarebbe bello
amare
se solo ancora l’amore si trovasse.
E continua a stordirsi.
Un bicchiere di Whisky
mezzo pieno che Lui
percepisce mezzo vuoto.
Guarda fuori,
dalla finestra
una pioggia feroce
si scaglia contro il vetro.
Qui il posacenere poggiato sul davanzale
e la canna
e il suo fumo è un esile filo grigio
che lotta per non scomparire nell’aria,
per mantenere una qualche coerenza.
Pensa seriamente
a come faccia la gente
a restare lucida
e mentre vi riflette
si scola l’ultimo
goccio di Whisky.
Guarda ancora
quel tenue
filamento grigio
che sinuoso
proviene dallo spinello,
e sa
che la sua vita
non è poi così diversa
da quello sfumare nel nulla.