ANIMA E FORME / UN MIX DI LAVORO E PASSIONE
Delle arti figurative la scultura è, senza ombra di dubbio, quella tra le più affascinanti proprio perché dà vita ad un rapporto del tutto particolare tra la materia e l’ artista .
Rapporto che è riduttivo chiamare coinvolgimento totale. Io, azzardando, direi che è quasi vera copula.
Lo scultore nell’atto d’intervenire sulla materia, quale che essa sia, è creatore.
E’ più demiurgo di ogni altro artista.
Perché?
Perché egli deve fare i conti con essa, con la”ribelle” che intende plasmare, sagomare, intagliare, sbozzare.
Madalena Macedo, scultrice portoghese, ha scelto per sé di lavorare esclusivamente sul legno e sulla pietra.
Nel legno le abbiamo visto creare delle figurine deliziose ,di un’eleganza stilistica ogni volta sempre impareggiabile rispetto alle realizzazioni precedenti.
E qui mi vengono in mente i soggetti sacri del periodo natalizio.
In particolare i “suoi” angeli.
Ma ci sono anche delle piccole sculture ,che rappresentano l’artista adolescente in quell’età acerba in cui non si è ancora donna e, al tempo stesso, lo si è già.
Promessa di femminilità in nuce, insomma.
Sono prove giovanili queste opere, cui faccio riferimento, alle quali l’artista è poi ritornata col trascorrere del tempo per affinare di volta in volta le sue abilità, come è giusto che sia .
Si è già detto che la Macedo, come ogni bravo artista, come sappiamo persino di quel gigante, che é il sommo Michelangelo, sceglie lei tanto il legno che la pietra e se li va a cercare personalmente, essendo anche un amante del trekking.
La scultura in legno di cui voglio parlare, ultima a livello temporale, è però quella che raffigura una rosa.
Una rosa lignea, che poggia su di un basamento- letto, che riesce a contenerla agevolmente, sul quale essa si apre, senza indugio, con i suoi larghi petali quasi corpo di donna amante che si offre, non reticente, al suo uomo.
E lo fa con grazia particolare. Quella stessa capace di richiamare alla memoria , per un attimo, l’emozioni suscitate dai versi dei poeti provenzali, che nel medioevo erano soliti allietare le corti dei ricchi feudatari di mezza Europa.
Se scopo precipuo dell’arte è quello di suscitare emozioni nello spettatore-fruitore, la rosa lignea della Macedo ha centrato l’obiettivo. Essa lo conduce, a saper ben guardare , come per magia, tra dame, cavalieri e menestrelli.
E il sogno è sentimento. Legno è poesia.
Per la lavorazione della pietra, pur riuscendo ad ottenere l’artista lo stesso encomiabili risultati, nei formati piccoli o grandi indifferentemente, il discorso è diverso perché l’impegno è molto più faticoso.
Lavorare la pietra significa, quasi sempre, possedere forza fisica.
Moltissime volte la Macedo, parlando agli amici, non si vergogna di mostrare le sue mani provate dalla fatica o il suo fisico stanco per le prolungate ore di lavoro , all’aperto, con ogni tempo.
Ma l’artista non sarebbe tale se una forza interiore non lo spingesse a “fare”. Ad andare avanti. Costi quel che costi.
Lo spettatore, a lavoro completato, elogia o denigra, a seconda dei casi, esprime comunque il suo giudizio. Ma lo stesso, uomo o donna che sia, non immagina affatto il tempo-orario, le notti talora insonni, la fatica fisica, tutte quelle componenti che il “bello” compiuto per il nostro solo piacere estetico comporta.
Le sculture in pietra di Madalena Macedo raccontano storie diversissime.
Si va da teste e /o busti di bambini o adolescenti,soggetti spesso familiari, il figurativo puro dunque, a prove più ardite per staccarsi volutamente dalla statuaria tradizionale e tentare così anche nuovi valori plastici o luministiche modulazioni e stilizzazioni.
Altre volte ,ancora, si gioca addirittura a realizzare oggetti d’arte,alla maniera di Wild(anima e forme) che siano una sintesi bilanciata di elementi contradditori solo in apparenza.
E il risultato è quasi sempre più che apprezzabile.
A cura di Marianna Micheluzzi