L'outsourcing emerge come uno degli strumenti manageriali, di carattere tattico e strategico, che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso dell'ultimo decennio.
Il principio è semplice: far fare agli altri ciò che fanno meglio di noi, in modo tale da ridurre i costi, migliorare la qualità dei servizi o dei prodotti intermedi di cui si ha bisogno, e liberare così le risorse necessarie per lo sviluppo di ciò che costituisce la vera attività d'impresa.
Questa tecnica ebbe origine nei Paesi anglosassoni ed in particolare negli Stati Unitiin seguito alla crisi economica degli anni ottanta: alcuni giganti dell'industria automobilistica, adottarono come soluzione fondamentale al problema del risanamento contabile proprio l'outsourcing, questo appunto per diminuire i costi e poter offrire al consumatore un miglior risultato ed una maggiore professionalità.
Affinché l'outsourcing sia valido è necessario che siano soddisfatte, fra l'altro, due condizioni: la prima ha carattere oggettivo e consiste nella presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece natura più soggettiva e riguarda il superamento da parte del management societario di varie remore psicologiche, in particolare il timore di un "autoridimensionamento" professionale.
Ed in italia il problema è proprio questo, si tende ad esternalizzare i servizi a società di comodo, spesso gestite da gruppi di parenti, amici o affiliati politici, in modo che si possa continuare a gestire entrambi i guadagni con il massimo beneficio e senza la perdita di potere
Ma cosa comporta questo? Il blocco del mercato, gestito unicamente da flussi di accordi clientelari e notevole mancanza di professionalità, e purtroppo ciò si estende a tutti i settori che siano commerciali o no