Verdini lascia il tribunale di Roma
L'ex esponente di FI, interrogato per sei ore dai pm di Roma, nega ogni accusa e definisce la presunta associazione segreta "un coacervo di millanterie". Leva (sinistra Pd): "Parole che pongono un problema a Renzi" (Fonte: Repubblica.it)
Marcello Dell'Utri? "Un'icona". La P3? "Un coacervo di millanterie". Denis Verdini risponde con un vero e proprio show alle accuse dei pm di Roma. E crea qualche imbarazzo alla maggioranza del Pd. Il processo, uno dei cinque in cui è coinvolto l'ex esponente di Forza Italia, è quello sulla P3, che lo vede imputato per corruzione insieme ad altri, tra i quali Dell'Utri e Flavio Carboni.
Da qualche settimana l'ex fedelissimo di Silvio Berlusconi ha spostato il proprio peso politico a sostegno delle riforme renziane. Un peso numerico non da poco, per la maggioranza al Senato, quello guidato, con Ala, da un Verdini che, nell'interrogatorio, non esita a paragonarsi a quel Mr. Wolf che, nel celebre Pulp Fiction, aveva proprio il compito di "risolvere i problemi". Ma qualche problema l'ex coordinatore del Pdl sembra averlo creato al premier Matteo Renzi. A partire dai rapporti con la minoranza Pd (e non solo), a dir poco allergica alla sola eventualità di un'alleanza strutturale con i verdiniani. E non è un caso che, a pochi minuti dall'interrogatorio di oggi, sia l'esponente della sinistra Pd, Danilo Leva, a riportare il "problema" sul tavolo del premier-segretario: "Non si può fare una battaglia per la legalità, dichiarare ogni giorno guerra aperta alla corruzione e poi, nello stesso momento, allearsi con chi si schiera così platealmente a favore di persone condannate per reati tanto gravi".
Stoccata che fa riferimento proprio alle dichiarazioni in tribunale di Verdini che, in vista del processo, ieri ha tra l'altro disertato la Festa del Nuovo Centrodestra, quasi a fotografare la complessità di un'operazione unitaria tra i due gruppi. "Dell'Utri? Era il fondatore di Forza Italia, un'icona e un punto di riferimento per me, una figura carismatica, provavo per lui amicizia e stima", dice il leader di Ala. Poi passa a un altro degli imputati dell'inchiesta P3, l'imprenditore Carboni: "Un personaggio vulcanico, pieno di fantasia e di voglia di fare, un po' troppo insistente a volte...".
E rispondendo alle domande del pm Mario Palazzi, Verdini nega qualsiasi accusa, a partire da quella relativa all'incontro del 23 settembre 2009 nell'abitazione del senatore toscano e nel quale, secondo l'accusa, furono poste le basi di un'associazione segreta. "Un pranzo da niente, da non ricordare", al quale giunsero "a mia insaputa, in otto", racconta l'ex uomo-macchina di Forza Italia definendo quell'incontro e la presunta loggia un "coacervo di millanterie".
Secondo l'accusa, la P3 fece pressioni sulla Consulta riguardo al Lodo Alfano. Nell'interrogatorio, durato sei ore, il senatore smentisce categoricamente anche questo: "Nessuno mi ha chiesto di intervenire sulla Consulta in merito al Lodo Alfano". E ripete che il suo unico compito era "occuparsi dell'organizzazione del partito". Anche perché "sono un facilitatore, risolvo i problemi come Wolf: sono rapido", sottolinea Verdini, quasi a cavalcare il suo stesso personaggio.
...MA CON CHI CAZZO CI VUOL FARE ALLEARE, RENZI...
Tutti gli affari sospetti di Verdini e dei fratelli Dell'Utri - La P3 non era soltanto una loggia che "condizionava le istituzioni" ma anche "una centrale d'affari". Il ruolo di Bankitalia sulle segnalazioni delle operazioni anomale. Tra i finanziamenti poco chiari anche bonifici a un casinò di Las Vegas (Fonte: Fabio Tonacci, Francesco Viviano, Corrado Zunino - Settembre 2011)
Seguire i soldi. Come suggeriva Giovanni Falcone. Ripercorrere a ritroso il fiume di denaro che transita nelle mani dei manovratori, per poi dipanarsi in mille torrenti, in Italia e all'estero. Solo così si riesce a ricomporre la ragnatela di affari della P3. Interessi che partono da società editoriali a Firenze, sbarcano in Sardegna per l'eolico, si allungano a sorpresa fino a un casinò di Las Vegas.
I conti bancari dei ventiquattro indagati - con particolare attenzione per quelli del deputato Denis Verdini e del senatore Marcello Dell'Utri, per la Procura i veri punti di riferimento dell'associazione segreta - sono stati scoperchiati e scandagliati. Sul tavolo dei pm romani Capaldo e Sabelli sono arrivate, negli ultimi mesi, decine di segnalazioni di "operazioni sospette" da parte dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia. Carte che hanno allargato gli orizzonti d'azione dei magistrati.
La P3 non era soltanto una loggia che "condizionava le istituzioni", ma anche "una centrale d'affari" che gestiva passaggi oscuri di denaro. Bonifici milionari non giustificati, come i nove milioni e mezzo girati da Silvio Berlusconi a Dell'Utri. Operazioni immobiliari sospette. Assegni a cifra tonda senza l'intestatario. Tutto è nelle 66 mila pagine depositate l'8 agosto per la chiusura delle indagini.
I FRATELLI DELL'UTRI - Marcello Dell'Utri deve ancora spiegare perché il premier, beneficiario ultimo di molte operazioni della P3, gli abbia fatto a titolo di "prestito infruttifero" tre bonifici (il primo il 22 maggio del 2008, gli altri due tra febbraio e marzo di quest'anno) per un totale di nove milioni e mezzo di euro. Ma non è l'unico nodo che il senatore del Pdl dovrà sciogliere.
Ci sono i due assegni da 50 mila euro pagati il 5 e l'8 gennaio 2010 da Antonella Pau, la compagna del faccendiere sardo Flavio Carboni, anche lei indagata. Per la Procura sarebbero una mazzetta per oliare l'ingresso di due imprenditori di Forlì nell'affare dell'eolico in Sardegna.
E vengono segnalate nove cambiali per un totale di 55.454 euro che il 29 marzo del 2010 Dell'Utri ha ricevuto senza giustificazione apparente dalla cagliaritana Publiepolis Spa, una società che si occupa della raccolta di pubblicità per il network Epolis.
Nelle carte depositate dai pm spunta anche un finanziamento tutto da chiarire per un casinò di Las Vegas da parte di Dell'Utri. Non Marcello, ma Alberto. Il fratello del senatore, che non è indagato nell'inchiesta P3. I tecnici della Banca d'Italia hanno deciso di segnalare ai magistrati un passaggio di 500 mila euro da Alberto a Marcello datato 7 aprile 2006.
Poi hanno indicato "tre operazioni sospette, partite dalla Banca Popolare di Milano che non trovano riscontro nelle causali dei trasferimenti". Sempre a nome Alberto Dell'Utri. Sono due bonifici a vantaggio del Wynn Las Vegas Resort, un hotel extra lusso con casinò, a Las Vegas.
Il primo è datato 17 settembre 2007 per un valore di 246 mila euro. Il secondo, da 232 mila euro, è del 18 novembre. Entrambi sono giustificati con un inverosimile "saldo soggiorno". Il fratello del senatore ha anche aperto un conto sulla Bank of America di Las Vegas, sul quale il primo febbraio del 2008 ha depositato 150 mila euro.
VERDINI E PARISI - Denis Verdini finisce nelle informative della Banca d'Italia per i bonifici da 8,3 milioni di euro arrivati dal re delle cliniche e senatore Antonio Angelucci a estinguere il mutuo per l'acquisto di Villa Gucci a Firenze. Ancora, per la presunta mazzetta da 800 mila euro ricevuta per l'eolico dagli imprenditori forlivesi. Nelle 66 mila carte depositate compaiono, poi, tre segnalazioni dell'Uif riferite ad altrettanti prestiti erogati dal Credito Cooperativo Fiorentino, cioè la banca di cui Verdini è stato presidente: servivano per finanziare preliminari d'acquisto di appartamenti.
"Sono operazioni - scrivono i tecnici della Banca d'Italia - messe in piedi solo per creare le condizioni per erogare da parte della banca finanziamenti a favore di soggetti che poi trasferiscono tutto a società del Gruppo Fusi-Bartolomei".
Ruota attorno a uno di questi contratti preliminari di vendita fasulli la posizione di Massimo Parisi, coordinatore del Pdl in Toscana, indagato nell'inchiesta P3 per finanziamento illecito ai partiti. I sospetti dell'Uif partono da un bonifico da 595 mila euro fatto da Parisi sul conto di Denis Verdini e di sua moglie Maria Simonetta Fossombroni con causale "restituzione anticipazioni".
Dietro a questa somma si ricostruisce una complessa operazione di cessione di un contratto preliminare di vendita, sottoscritto l'8 settembre 2004. Con questo contratto la Società Toscana di Edizioni, editrice del Giornale della Toscana, si impegnava ad acquistare da Denis Verdini e Massimo Parisi il 70 per cento delle quote della Nuova Toscana Editrice, per un importo pari a 2,6 milioni di euro.
"Il contratto però non verrà mai perfezionato. Soltanto nel 2009 risulterebbe ceduto dalla Società Toscana Edizioni al signor Giuseppe Tomassetti, conosciuto come un imprenditore collaboratore di Flavio Carboni, per un importo di appena 300 mila euro, registrando così una perdita di 2,3 milioni di euro". Dove sono finiti quei soldi?
L'AZIENDA P3 - Era una holding industriale criminale, quindi, l'organizzazione messa su da Flavio Carboni. Aveva separato le due branche: affari e industria da una parte, rapporti con le istituzioni e la magistratura dall'altra, affidata questa ai "due pensionati" Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino (illustrati in altre zone del poderoso dossier investigativo).
Sul fronte "ramo industria" il maggiore del nucleo speciale di polizia valutaria, Andrea Salpietro, ha individuato le aree di business del gruppo di potere e segnalato come la banda avesse radicato la sua forza nel business emergente: l'energia eolica. Parchi eolici da creare nella provincia di Carbonia-Iglesias, decine di pale progettate sulle coste. In parallelo il cartello segreto portava avanti una politica di acquisizione di discariche da bonificare, alcune addirittura tra i siti di interesse nazionale (in condizione di grave crisi, quindi). Ecco la Calancoi di Sassari, le Saline di Cagliari e quelle dei Conti-Vecchi.
Il senatore Marcello Dell'Utri e il deputato Denis Verdini, asseriscono gli investigatori, "sono direttamente cointeressati negli affari dell'organizzazione di cui rappresentano il punto di riferimento. Sono altresì attori di interferenze a livello politico per le quali hanno ottenuto dall'organizzazione somme di denaro e contributi illeciti per il partito cui appartengono".
Il "gruppo Carboni" usa la sua forza con protervia intimidatoria: affianca società che già lavorano nel campo delle energie alternative offrendo loro di realizzare l'intero investimento per garantire al suo sodalizio illegale la metà degli utili. Senza il minimo rischio. Inoltre, il "gruppo Carboni" si scopre attivo in operazioni immobiliari a Porto Rotondo e nell'hinterland di Cagliari, nella compravendita (e il riciclaggio) di opere d'arte. In un appunto sequestrato al grande collettore Carboni si legge, "per piazzare lo stock del maestro Alberto Burri bisogna attendere alcuni mesi".
N.B.: Questo articolo di Repubblica sugli "affari" di Verdini & Dell'Utri sono noti da più di quattro anni. L'articolo riprodotto sopra è di Repubblica del 2 settembre 2011. E noi stiamo ancora qui a parlare dei 120 euro di Ignazio Marino???
Tafanus